Cino Ricci: “L’America’s Cup in futuro si correrà senza barche”

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cino ricci azzurra
Cino Ricci al timone di Azzurra

Nel 1982 vide la luce il progetto che fece scoprire la vela agli italiani. Azzurra, varata nel 1982, protagonista l’anno successivo con la prima partecipazione italiana alla regata delle regate, la Coppa America .

In barca su Azzurra c’era la chioma bionda di Mauro Pelaschier, finnista di Monfalcone all’epoca 34enne, e il riminese Cino Ricci nel ruolo di skipper. Il tattico era Tiziano Nava, in un equipaggio in cui vennero coinvolti alcuni dei migliori velisti dell’epoca. In Italia non esisteva ancora la vela professionistica vera e proprio come per esempio negli ambienti americani o inglesi, l’equipaggio  capitanato da Cino Ricci infatti non riceveva ancora un vero e proprio stipendio e di fatto lo faceva soprattutto per l’onore della sfida. Una cosa che rende quella prima pioneristica avvenutura italiana in Coppa America anche un po’ romantica, e unica rispetto alle campagne che arrivarono dopo, quando ormai il professionismo di alto livello era realtà anche in Italia.

Cino Ricci e la Coppa America

Proprio per festeggiare i 40 anni del varo di Azzurra, il libro che Cino Ricci ha realizzato con Fabio Pozzo, “Odiavo i Velisti” (edito da TEA, 256 pagine, 15 euro. Lo trovate qui) ritorna nelle librerie con un’edizione aggiornata, dove lo skipper di Azzurra racconta la sua visione della “nuova” Coppa America, quella degli AC75, e prova a immaginare “la Coppa che verrà”. Un’edizione imperdibile, di cui vi proponiamo una gustosa anteprima.

cino ricci fabio pozzo
Il libro di Cino Ricci con Fabio Pozzo

Ma prima un passo dell’edizione originale del libro di Cino Ricci (2013), per contestualizzare:

Ehi! Ho un dejà vu… è il 1985 e mi rivedo seduto sul molo di Fremantle a pescare. Il sole al tramonto, il cielo che s’ammanta di rosso… Si avvicina un uomo… Lo conosco, è un giornalista australiano… Posso sedermi,  mi chiede… Prego… S’accomoda e comincia a parlare della Coppa America, del futuro del trofeo… Tu che ne pensi?… Non sono mai stato diplomatico e non lo sono nemmeno questa volta. Gli dico che tutto sta cambiando, che ci vogliono fare diventare a forza dei professionisti della vela, dei travet che timbrano il cartellino… Che ormai il denaro, gli sponsor, i media si sono impadroniti della favola romantica della sfida più antica del mondo… Gli spiego che non ci sarà più un’edizione della Coppa America come quella di Newport, l’ultima aperta ai dilettanti per la conquista di un blasone senza valore venale… Che non tornerà più un’era come quella dei J-Class…

No, un momento. Non è vero… Risalgo sulla macchina del tempo… Torno al presente, sono di nuovo nella baia di San Francisco… L’isola, il ponte… Barker che piange dopo la sconfitta, Dalton che sbuffa sulle manovelle a 56 anni, Kostecki che chiama la virata sbagliata, Ainslie che manda a quel paese i « kiwi » dopo la collisione in partenza… Quella vecchia lenza di Ellison che solleva al cielo la Coppa… No, no, aspetta… La magia c’è ancora! La passione, la com-petizione, la voglia di vincere sono le stesse che avevamo noi, i Flintstones, e non c’è denaro né mostro tecnologico che possa smorzarle. Gli Ac72 sono i J-Class di questi tempi e io ho la curiosità e la voglia di scoprire ancora nuove rivoluzioni. Aspetto nuovi Steve Jobs del mare che cambieranno ancora la Coppa America, perché così dev’essere… « Macchina » o arte della vela che sia… Io voglio ancora sognare!

E ora, il Cino Ricci pensiero sul futuro della Coppa America, dalla nuova edizione di “Odiavo i Velisti”:

E gli Steve Jobs del mare arrivano. Nel 2017 a Bermuda con gli Ac50, i fratelli piu` piccoli dei catamarani di San Francisco, la componente del foiling è esaltata, l’arte di volare sull’acqua a 50 nodi è affinata. I flight controllers, gli uomini che gestiscono le appendici mobili, diventano fi- gure chiave tanto quanto il timoniere. Faccio così in tempo a vedere Team New Zealand riprendersi la « vecchia brocca » per 7 a 1 su Oracle, con l’aiuto anche degli alleati di Luna Rossa, che rinforzano i « kiwi » con denari, uomini e know how dopo essersi ritirati dalla campagna, in pole- mica contro gli americani che hanno cambiato la classe della barca in corsa, dai prospettati inizialmente Ac62 agli Ac50 appunto, annullando così il vantaggio progettuale degli italiani.

E vedo cambiare ancora l’America’s Cup. Eh sì, perchè la Coppa a Bermuda diventa sempre più televisiva, tanto da risultare quasi incomprensibile dal vivo. Il «regista» Russell Coutts, sempre lui, riesce a imporre la sua visione, schermocentrica. Restringe il campo di gara, ne elimina i confini reali sostituendoli con bounders virtuali, introduce le linee di misurazione tipo rettangolo di gioco del football americano visibili soltanto sullo schermo, riduce i tempi, cambia le regole. Del resto, questa è ormai la strada. Non solo dell’America’s Cup, non solo della vela, ma di tutto lo sport.

Ci sarà sempre chi uscirà in gommone o chi andrà a fare la scampagnata sulle pendici costiere, ma in entrambi i casi dovranno portarsi dietro un televisore portatile o un tablet per capire cosa starà accadendo nelle regate che avranno sotto gli occhi. Che poi, è anche un bene, perché se le regate di Auckland dell’edizione 2021 hanno ottenuto un’audience inaspettata, con il mondo chiuso in lockdown, è proprio grazie alle immagini, che scorrono in tv e sul web.

E io, attraverso appunto il piccolo schermo, ho di nuovo modo di meravigliarmi. Gli Ac75, i monoscafi volanti, sono un ulteriore passo avanti della tecnica. È strabiliante vedere queste barche restare in equilibrio sull’acqua poggiando soltanto sue due appendici, volando a una velocità folle. Certo, vale sempre lo stesso discorso, questa è un’altra vela, è solo una disciplina che la ricorda. Nella regata saltano le coperture, c’é giusto un po’ di circling di pre- partenza e poi chi vince lo start va davanti e se non commette errori, se non cade dai foil, vince. Ma è ancora una rivoluzione, che si fa largo nel solco della tradizione dell’America’s Cup.

E adesso, che seguirà? Cosa risponderei a quel giornalista australiano, se mi chiedesse ancora una volta del futuro della Coppa? Gli direi che ci siamo spinti così avanti che non so più cosa aspettarmi. Che tutto è possibile e che la fantasia non ha più limiti… Che mi posso immaginare barche che diventeranno sempre più macchine, che prima o poi si potranno gestire tranquillamente da remoto, tanto che non servirà più alcun uomo a bordo… Gli direi che non mi stupirei se un giorno non ci saranno nemmeno più le imbarcazioni come le intendiamo noi e i team si sfideranno in una sorta di videogame con i simulatori a terra. Magari neanche ce lo diranno: saremo convinti di vedere regate reali, mentre saranno meramente virtuali. L’America’s Cup diventerà un Truman Show…

 


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