NAVIGARE SICURI – Come scegliere il giubbotto autogonfiabile giusto

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Assieme al navigatore oceanico Sergio Frattaruolo, vi sveliamo tutto quello che dovete sapere sui giubbotti salvagenti autogonfiabili. Come sceglierli, cosa verificare, gli errori da evitare (credit foto di apertura: RNLI/Nathan Williams)

La sicurezza, in mare, viene prima di tutto. Soprattutto se amate le lunghe navigazioni, sappiate che il Mediterraneo è uno dei mari più imprevedibili e può accadere di trovarsi a navigare tra onde di quattro metri con 30 nodi in faccia. Da questo numero, in più puntate, dedicheremo approfondimenti alla crociera sicura con un testimonial d’eccezione, Sergio Frattaruolo: navigatore oceanico con una Mini Transat e 70.000 miglia alle spalle, ha fondato a Lisbona l’Extreme Sailing Academy, dove insegna agli allievi tutti i trucchi per “macinare miglia” in tranquillità. In questa prima puntata, vi parleremo di un tema fondamentale per la navigazione sicura: la scelta dei giubbotti autogonfiabili.

IL GIUBBOTTO AUTOGONFIABILE GIUSTO

In Italia c’è l’obbligo, per le imbarcazioni di nuova immatricolazione, di avere un numero di giubbotti salvagente autogonfiabili da 150 Newton pari a quello delle persone a bordo. La premessa è che se manutenuto bene, un giubbotto autogonfiabile può durarvi tantissimi anni. Quindi non vale la pena andare al risparmio.

Sopra, un modello della Spinlock (Deckvest Vito da 170 N): è dotato di cappuccio di protezione e di cintura di sicurezza integrata.

Meglio comodi e con cintura integrata. “Prediligete sempre la praticità, il salvagente non deve impedirvi la libertà di movimento. Personalmente, consiglio i modelli di Spinlock o Ergofit di Crewsaver”, spiega Frattaruolo. “Scegliete un giubbotto che abbia integrata la cintura a cui attaccare il cordone che vi legherà alla jackline: l’integrazione cintura/giubbotto è una soluzione relativamente recente e vi consentirà di avere a disposizione i vantaggi di ambedue gli elementi in ogni situazione, senza che questi interferiscano l’uno con l’altro”. Senza contare che “indossare un pezzo unico riduce drasticamente i tempi per vestirsi e mettersi in sicurezza in caso di necessità”. Sul mercato si trovano due tipologie di giubbotti con cintura integrata, con anello semplice e con imbragatura certificata (quest’ultima soluzione, ad esempio, è richiesta nelle regate offshore).

Meglio ad attivazione manuale o automatica? L’attivazione del giubbotto può essere manuale o automatica. Nel primo caso, il sistema prevede un percussore da azionare manualmente in caso di caduta in mare: questo perfora la bomboletta di CO2 per gonfiare il giubbotto. Costa meno e ha il vantaggio di non gonfiarsi “a caso” sotto la pioggia battente e se venite investiti da spruzzi d’acqua. Ma la soluzione automatica è più sicura perché è l’unica che garantisce di stare a galla se cadete in acqua a seguito di una botta che vi ha fatto perdere conoscenza.

A pastiglia o idrostatico? Un altro parametro sostanziale di cui tenere conto quando si sceglie un giubbotto autogonfiabile automatico è il suo sistema di gonfiaggio: con bomboletta di CO2 e pastiglia solitamente al sale o idrostatici. I primi hanno al loro interno una pastiglia che si scioglie a contatto con l’acqua, fungendo da “detonatore” per la bomboletta, che in genere viene attivata dopo un paio di secondi. I giubbotti di tipo idrostatico sono dotati di una speciale fessura tarata per aprirsi a una profondità prestabilita (non più di 30 centimetri). “Se a bordo avete un ruolo attivo e dovete intervenire in caso di emergenze, ad esempio, dovete valutare se disabilitare il sistema automatico, perché in caso di veniste colpiti da ondate il giubbetto potrebbe attivarsi da solo, causandovi problemi. Se succedesse, mai togliersi il giubbetto se non siete all’interno della barca!”

Quanti Newton? “A me piace parlare chiaro: spesso il numero di Newton negli autogonfiabili (che determina il dimensionamento della camera d’aria e la conseguente galleggiabilità) è spesso utilizzato dal marketing per dare un valore assoluto al giubbotto mentre le cose non stanno proprio cosi, dovete scegliere quello più adatto alle vostre esigenze. Con modelli da 150/170 N galleggerete senza problemi e poiché funzionano con le diffusissime bombolette di anidride carbonica da 33 grammi, non avrete difficoltà a reperire i kit di riarmo in qualsiasi shipchandler in giro per il mondo. Lo stesso non può dirsi dei modelli con più Newton (come quelli da 270): trovare i ricambi non è sempre facile. Più pesanti e ingombranti da indossare, i giubbotti ad alta galleggiabilità sono stati pensati per chi naviga in acque fredde, dove più alti si sta sull’acqua, meno superficie del corpo rimane in acqua riducendo i rischi di ipotermia”.

Per familiarizzare con la sensazione del giubbotto gonfio, immergetevi in acqua e provatelo. Vi costerà una carica, ma se doveste cadere in acqua per davvero saprete già come muovervi.

Provateli in acqua. “Ai miei allievi consiglio sempre di acquistare il giubbotto con due kit di ricambio (pastiglia + bomboletta): uno servirà da scorta a bordo, l’altro per testarlo in acqua”, consiglia Frattaruolo. “Alla prima buona occasione, calatevi in acqua con il giubbotto perché se non provate la sensazione di indossarlo da gonfio, non disporrete di un ‘precedente mentale’ che vi servirà da modello di comportamento: e a non andare nel panico quando vi ritroverete in acqua per davvero. Per un modello da 170 N, i costi di un ricambio si aggirano intorno ai 20 euro. Sono soldi ben spesi per una lezione di vita”.

Manutenzione. Dicevamo prima che una buona manutenzione allunga di molto la vita di un giubbotto autogonfiabile: “Lavate bene il giubbotto dopo ogni utilizzo, dopo aver ovviamente staccato il sistema di attivazione della bomboletta. Asciugatelo con cura e riponetelo in un luogo asciutto, potete usare delle sacche stagne, o i comuni sacchi per mettere sottovuoto la biancheria che trovate da Ikea (evitate il fondo dei gavoni!). Anche la bomboletta di CO2 merita particolare attenzione, svitatela e controllate la data di scadenza, che pochi sanno esservi indicata sopra. Inoltre, con l’aiuto di una semplice bilancia da cucina, verificatene periodicamente il peso. Sulla bomboletta è impresso il peso minimo della bomboletta carica, se il peso che riscontrate è inferiore a questo peso sostituitela immediatamente, significa che ha una perdita o comunque è difettosa.

CHI E’ IL NOSTRO ESPERTO
Sergio Frattaruolo, bolognese, classe 1969. Nel 2011 attraversa l’Atlantico partecipando alla Mini Transat, nel 2012 è alla Global Ocean Race (giro del mondo in doppio su Class 40). Sul Class 40 Calaluna, prende parte alle più importanti regate d’altura in Mediterraneo. Nel 2013, fonda a Lisbona la Extreme Sailing Accademy: una scuola di vela offshore rivolta a tutti. Nel 2015, insieme ai suoi allievi, conquista il record sulla Discovery Route nella categoria fino a 40 piedi. www.extremesailacademy.com

 


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