TECNICA Conoscere e sfruttare al massimo il tuo radar
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“Radar e AIS per me non dovrebbero mai mancare a bordo, io li metterei anche su una barca di 8 metri e mezzo”. Su questo il navigatore oceanico Sergio Frattaruolo ha le idee chiare.
Quando si parla di sicurezza, mai lesinare. Assieme a Sergio vi abbiamo spiegato quali dispositivi portatili (AIS Mob, PLB, Epirb, etc) avere a bordo per aumentare gli standard di sicurezza della vostra barca e del vostro equipaggio (QUI trovate l’articolo), adesso è arrivato il momento di analizzare nel dettaglio i due strumenti più utili a disposizione dei velisti quando si tratta di vedere cosa accade attorno alla propria imbarcazione e, non meno importante, di essere visti dagli altri.
LA TEORIA DEI TRE SENSORI
“A bordo possiamo contare su tre sensori”, spiega Frattaruolo, “il radar, l’AIS e i nostri occhi. Finché ricevi le informazioni su tutti i sensori, sei tranquillo, ma la situazione si complica se manca uno dei tre tasselli. Poniamo che siate in navigazione notturna: non avete l’AIS acceso, sullo schermo del radar vedete un target in rotta di collisione. Non avete modo di sapere di cosa si tratti, se non facendo supposizioni: sarà un oggetto galleggiante? Una scoglio affiorante? Una barca, una nave? In questo caso, quanto è lunga e dove sta andando? Se aveste avuto anche l’AIS, probabilmente avreste subito trovato risposta alle vostre domande, e avreste proseguito la navigazione più tranquilli.
Parlo per esperienza: tre anni fa stavo navigando a 100 miglia dalla costa, quando vidi sullo schermo del radar un target che si stava avvicinando. L’AIS non segnava niente. Non sentivo rumori di motori, non vedevo nulla. Fino a quando mi è passata accanto una boa di acciaio verde di almeno 4 metri di diametro alla deriva. Essendo un relitto, ecco spiegato il mancato segnale AIS. In quel momento mi mancava uno dei ‘tre sensori’ e me la sono vista brutta, pensate se avessi avuto anche poca visibilità! Capirete quindi come questi dispositivi costituiscano un importante aiuto psicologico: informazioni più sicure e provenienti da fonti diverse significano più tranquillità”.
PREGI E DIFETTI DEL RADAR
Ma bisogna conoscerne limiti e vantaggi per saperli usare. Dell’AIS vi parleremo nella prossima puntata: cominciamo dal radar, acronimo dell’inglese ‘radio detection and ranging’, in italiano ‘radiorilevamento e misurazione di distanza’: “Questo strumento si basa sulla emissione di onde e sulla lettura degli ‘echo’ ricevuti: lavora a 360° e non dobbiamo dimenticare che il radar è al centro della rappresentazione che vedremo sullo schermo del charplotter”. Il radar è in grado di rilevare bene metallo, carbonio, terra e rocce e acqua. Questo significa che ci aiuterà a individuare “le altre imbarcazioni, a prescindere dai loro sistemi di trasmissione (come l’AIS), relitti alla deriva, scogli, specialmente se emergono dal livello del mare e sono grandi sufficientemente da generare una buona echo. Il radar è altresì importante per rilevare groppi e fronti in arrivo: se saprete leggere bene le informazioni ricevute potrete capire se quel cumulonembo a qualche miglio di distanza porterà solo pioggia o anche venti forti”. Uno dei limiti principali del radar, però, è che “rileva male legno e vetroresina”.
Il perché ve lo spieghiamo noi: le antenne radar emettono a una frequenza precisa un’onda elettromagnetica che viene ‘lanciata’ nello spazio. Per definizione un’onda elettromagnetica, una volta nello spazio, crea un campo magnetico e un campo elettrico. Quando l’onda incontra un metallo e quindi un materiale conduttore di elettricità, il campo elettrico generato dall’onda va in corto circuito, terminando così la sua corsa nello spazio e venendo riflessa verso la sorgente. Se l’onda incontra un materiale non conduttore, come ad esempio la vetroresina, gli passa attraverso, senza nessuna interferenza. Se le barche a vela hanno maggiori possibilità di essere individuate dal radar a causa delle alberature in metallo, lo stesso non può dirsi di pescherecci e barche a motore, che non sempre sono dotate di riflettori radar metallici.
PORTATA O DEFINIZIONE?
Oggi sul mercato si trovano radar che offrono portate sempre più ampie, anche oltre le 40 miglia. “Considerato che la barca a vela è un mezzo lento, non vi servirà una grande portata. Io ritengo 12 miglia più che sufficienti. È molto più importante la definizione, ovvero il parametro che vi consentirà di vedere sullo schermo con maggior dettaglio i target: quindi vi consiglio di investire in un radar che sia più preciso nelle medio-brevi distanze, risparmiando soldi che potrete investire in un altro dispositivo di sicurezza (MOB, PLB, etc)”.
Ma come interpretare correttamente un target? “La dimensione dei target a schermo dipende da forma, posizione e movimento dell’oggetto. Oltre che dall’interferenza generata dalle onde: un’imbarcazione nel cavo dell’onda può essere invisibile. La dimensione può trarvi in inganno: se un cargo ha la prua puntata verso di voi, lo vedrete rappresentato come un punto piccolo, perché le onde radar vi restituiscono la dimensione del baglio di prua. Molto diverso sarebbe se lo intercettaste lateralmente. Per questo, durante i miei corsi, io ripeto sempre ai miei allievi: fate pratica, tantissima pratica”.
DOVE MONTARLO?
Siccome le onde elettromagnetiche del radar si propagano con un cono di pochi gradi e vengono ‘stoppate’ dagli ostacoli che incontrano sul loro percorso, è molto importante l’altezza a cui monterete lo strumento: “Sono tre le opzioni di installazione, ognuna con pro e contro. La soluzione che negli ultimi tempi va per la maggiore è il montaggio su un palo a poppa: così il radar è facilmente accessibile per la manutenzione, l’installazione risulta semplificata e il vostro albero sarà libero da ingombri durante le virate. Tuttavia, la poca altezza a cui è montato influisce negativamente sull’efficacia e talvolta, con lo strumento così in basso, risulta difficile evitare che tutta la barca venga protetta dal cono di onde elettromagnetiche generate”. A livello di efficienza, “la soluzione migliore è il montaggio sull’albero, il più in alto possibile: potete utilizzare un supporto fisso frontale oppure, meglio, un supporto cardanico. In questo caso il radar sarà ‘basculante’ e resterà orizzontale anche a barca inclinata, offrendo un’immagine più dettagliata sul vostro schermo. Avrete così una buona altezza e l’equipaggio libero da ‘radiazioni’.
Occhio però: sia che abbiate un supporto fisso che cardanico, dovrete prestare particolare attenzione durante le virate, perché il fiocco potrebbe danneggiare il radar o il supporto stesso”. Infine, c’è l’opzione “che prevede l’installazione sulle crocette: non sempre è possibile farlo, ma è una soluzione molto interessante per barche sopra i 40 piedi, dove il peso del radar non influisce sulla struttura della crocetta. Così il radar sarò protetto in virata”.
MEGLIO TRADIZIONALE O A STATO SOLIDO?
Sul mercato, oggi, si trovano due tipologie di radar: quelli tradizionali, dotati di magnetron, ovvero una valvola termoionica che genera delle onde, installata su un ‘piatto’ che gira (pensate a un giradischi!). E quelli, più recenti, a stato solido, che utilizzano dei circuiti per creare le onde. I vantaggi di questi modelli sono evidenti: sfruttano una nuova tecnologia che non contiene parti in movimento, sono meno soggetti a usura, garantiscono una maggior precisione e meno consumi. L’unico ‘neo’ è il prezzo, più alto rispetto ai modelli tradizionali. Esiste anche una soluzione ibrida che è quella con magnetron ottimizzato, se si vuole risparmiare un pochino”.
LA FUNZIONE ARPA
Quando si sceglie un radar, spiega Frattaruolo, è fondamentale che integri la funzione ARPA (Automatic radar plotting aid) o MARPA (Mini-automatic radar plotting aid): “In pratica, il precursore dell’AIS: questo aiuto serve a calcolare meglio la traccia presunta del target e la sua taglia. Capiremo se è in avvicinamento (nei radar di ultima generazione, che utilizzano anche la tecnologia doppler, lo vedrete segnato in rosso sullo schermo) o in allontanamento (verde) e potremo valutarne meglio la grandezza.
Questa funzione è cruciale soprattutto se non avete l’AIS o se non lo hanno le barche intorno a voi. Se un cargo è facile da individuare (solitamente si muove in linea retta), meno lo sarà un peschereccio. Si muovono in modo irregolare per mantenersi sulle zone di pesca e spesso tengono l’AIS spento per non far vedere le proprie tracce agli altri pescatori (follia, ma è così purtroppo): ecco quindi che la funzione ARPA potrebbe rivelarsi decisiva per la loro individuazione”.
FATE TANTA PRATICA
Anche se al giorno d’oggi gli schermi radar sono sempre più ‘user-friendly’, si raccomanda Frattaruolo: “Approfittate di ogni uscita e di ogni incrocio con altre imbarcazioni per allenarvi nell’interpretazione del radar, consideratela una ‘skill’ base, proprio come regolare le vele. In un momento di reale emergenza, in cui dovrete prendere decisioni immediate, vi sarà fondamentale”.
Chi è il nostro esperto. Sergio Frattaruolo è nato a Bologna nel 1969 e ha sul “groppone” tantissime miglia, in Mediterraneo e in oceano. Nel 2011 attraversa l’Atlantico partecipando alla Mini Transat, nel 2012 è alla Global Ocean Race (giro del mondo in doppio su Class 40). Sul Class 40 Calaluna, prende parte alle più importanti regate d’altura in Mediterraneo. Nel 2013 fonda a Lisbona la Extreme Sail Accademy: una scuola di vela offshore rivolta a tutti. Nel 2015, insieme ai suoi allievi, conquista il record sulla Discovery Route nella categoria fino a 40 piedi. www.extremesailacademy.com
Servizio a cura di Eugenio Ruocco
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