INTERVISTA “Mi chiamo Checco Bruni e non faccio solo regate”
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Lo intercettiamo in uno dei suoi rari momenti liberi: è appena rientrato da una sessione di allenamento sulle derive volanti Moth a Malcesine, in vista del Mondiale che inizia il giorno successivo (e che chiuderà al quinto posto, ndr. Foto di apertura di Franke / Martina Orsini). Francesco Bruni, Checco Bruni, è rilassato.
Intervista a Francesco Checco Bruni
Finalmente facciamo parlare il velista di cui tutti parlano, Checco Bruni, l’uomo che ci ha fatto sentire tutti “paisà” con il suo inglese maccheronico al timone di Luna Rossa e il suo “Siamo italiani, che cavolo!” dopo la vittoria della finale della Prada Cup che sanciva l’accesso di Luna Rossa alla finale di Coppa. Quella che doveva essere una rapida intervista sulle regate dei Moth, si è trasformata in una vera e propria Checco Bruni story, dove il campione siciliano, Velista dell’Anno TAG Heuer 2021, ci ha svelato i suoi lati nascosti e insospettabili.
l’ultima al timone.
Checco, partiamo dal principio. Quando sei salito su una barca a vela per la prima volta?
Non posso ricordarmelo, perché avevo un anno. Sono cresciuto a pane e vela in una famiglia di velisti. Mio padre, Ubaldo, faceva regate sui Finn (e ora si diverte sui Dinghy, ndr), mia madre, Giada, era una delle poche donne che regatava sui Flying Junior in coppia con mio zio. Lei di cognome fa Guccione, una famiglia nota nel mondo della vela qui a Palermo: sono tutti velisti! Già quando avevo uno o due anni, mio padre mi portava “in escursione” sul suo Laser, nelle acque di Mondello…
Poi, immaginiamo, avrai iniziato come tanti sull’Optimist…
Si, al Club Canottieri Roggero di Lauria, ma non ero forte. Ero un po’ grosso, per la mia età. Ero nella nazionale giovanile, ma non sono mai riuscito a selezionarmi per Mondiali o Europei. Questo non vuole dire che non mi divertissi un mondo!
Ti sei mai trovato paura sulla tua “vasca da bagno”?
Paura? Zero. L’unico ricordo spiacevole è una Christmas Race a Napoli, negli anni ’80, dove regatammo sotto la neve e letteralmente gelai in barca (ride, ndr).
E poi?
A 13 anni salii sul Laser, quella che è stata la mia grande barca scuola. Il Laser ti insegna tantissimo e ha formato grandi campioni. È sul Laser che ho imparato la tattica di regata. Lì ho capito come “annusare il vento” e ho ottenuto i miei primi risultati importanti… fino a quel 1994 in cui mi ritrovai in stato di grazia: dopo il successo ai giochi del Mediterraneo nel 1993, vinsi Campionato Mondiale IYRU, Europeo e circuito Eurolymp.
Un tuo grande avversario?
Robert Scheidt su tutti. Erano più le volte che mi batteva, ma con il vento leggero sono sempre stato un osso duro. Mondello è la patria del poco vento, nel mio DNA ci sono le brezzoline. Quando nel 2004 mi invitò in Brasile da lui per allenarci sulla Star (con cui Checco ha partecipato alle Olimpiadi di Atene, ndr), finita la sessione ogni pomeriggio dovevamo navigare per 3-4 miglia per rientrare a terra. Facevamo sempre a gara e puntualmente mi batteva. Ci fosse stata una volta che sono riuscito ad arrivare prima io!
Ma è vero che a casa tua erano ospiti fissi alcuni dei più grandi velisti del mondo?
Vero. A casa nostra (nel quartiere palermitano di Danisinni, ndr), nel periodo antecedente alle Olimpiadi del 1996, passava gente del calibro di Ben Ainslie, con cui siamo ancora amicissimi, Santiago Lange, tanti olimpici che venivano ad allenarsi in Sicilia prima di partire per Savannah…
Sarà pure tuo amico Ben Ainslie, ma non hai un po’ goduto a batterlo alla Prada Cup?
Accidenti, se ho goduto (ride, ndr)!
Torniamo alle Olimpiadi del 1996. La tua prima campagna. Cosa rappresentò per te?
Intanto, il momento preciso in cui decisi che avrei fatto il velista di professione. Nel 1995 ero iscritto all’Università di Ingegneria Civile e Idraulica, e contemporaneamente partecipavo alle selezioni olimpiche. Risultato: facevo male entrambe le cose: esami, pochi, e in ranking ero dietro a Negri (Diego, fortissimo laserista e starista italiano, ndr). Fu mio padre a prendermi da parte: “Checco, non importa che tu sia ingegnere o velista. Basta che scegli una strada!”. Scelsi la vela.
E Ubaldo?
Mio padre ne fu felicissimo. “Speravo, dentro di me, che scegliessi la vela”, mi disse. Guardandomi indietro, credo di aver fatto la scelta giusta. Non mi ci vedevo a fare l’ingegnere (ride, ndr)!
Dopo tanti titoli mondiali, tre Olimpiadi in tre classi diverse (Laser, 49er, Star), le campagne di Coppa America, lo pensiamo anche noi. Ora che sei un mito della vela, ti chiediamo: chi sono i tuoi miti?
Quando si tratta di talento, di fiuto, penso subito a Torben Grael. Mentre se stiamo parlando di caparbietà, di non mollare mai, scelgo Santi Lange. Vincetelo voi un oro olimpico, a 55 anni, dopo che vi hanno asportato un polmone per un carcinoma. È stato un grande esempio per tutti.
E tra i non velisti?
Sicuramente Alex Zanardi. Anche lui è un grande esempio di uno che non ha mai mollato.
Anche tu sei uno che non molla. Hai avuto dei momenti bui?
Accidenti se ne ho avuti! Mi ricordo quella volta che uscimmo in 49er con un mio amico, arrivò una sventolata, scuffiamo tantissime volte, spaccammo l’albero e rientrammo trainati da un peschereccio. Mi sentivo talmente male che pensai di mollare tutto. Oppure quando i risultati sul Laser non arrivavano, e non riuscivo a trovare la quadra per qualificarmi alle Olimpiadi. Sconforto totale. O ancora quando alla Coppa America di Valencia, poco prima che iniziassero le regate di Luna Rossa, “mi parcheggiarono” sul gommone e mi comunicarono che non sarei stato in equipaggio. Se ci penso mi vengono ancora i brividi. Ma ho sempre saputo rialzarmi. E invece, quando mi è stato comunicato che sarei stato il timoniere assieme a Jimmy (Spithill) nell’ultima Coppa, non volevo crederci. È stato un sogno a occhi aperti.
Fino ad ora abbiamo parlato del Checco regatante. Esiste anche un Checco crocierista?
Minchia, se esiste! Quando ho del tempo libero lo passo in barca con famiglia e figli!
Hai una barca?
Si, diciamo che ne ho “vinta” una. Un vecchio X-402 che posseggo da quasi 30 anni.
In che senso “vinta”? E se ce l’hai da 30 anni, vuol dire che la possiedi da quando ne avevi 18! Ricco di famiglia?
È una strana storia (ride, ndr). Ricordo che avevo partecipato negli anni ’90 a una regata match-race a bordo degli Swan a Montecarlo. Doveva essere una Laureus Cup, se non erro. In palio per il vincitore c’era una Mercedes di extralusso. Altri tempi. Fatto sta che vinsi (battendo tra l’altro Ben Ainslie), e mi ritrovai tra le mani questa super coupé sportiva. Ma che me ne facevo io, di una coupé? Vendetti l’auto e con quei soldi mi comprai, in società con un mio amico, questo 12 metri usato (l’X-402 è stato in produzione dal 1984 al 1990, ndr).
Che usi ancora adesso.
Assolutamente si, la tengo tra Palermo e Trapani e appena posso salpo con mia moglie Novella e i miei figli Ubaldo (si chiama come il nonno) e Vanina (si chiama come una mitica barca di Cino Ricci, ma per pura casualità: questione di nomi di parenti, ndr), verso i miei posti preferiti.
Quali sono?
Amo moltissimo le Egadi, penso che i posti migliori per dare ancora siano Cala Fredda a Levanzo e Cala Rossa a Favignana. Purtroppo non riesco mai a godermele fuori stagione, ma anche con un po’ di gente sono uno spettacolo. Un altro luogo di cui sono innamorato è l’Isola di Ustica: lo scoglio del Medico è perfetto per il diving. Io amo moltissimo immergermi con le bombole alla scoperta del mare. Tra le Eolie, invece, prediligo Filicudi con il suo Faraglione de La Canna.
Cosa fa Checco Bruni in crociera?
Oltre a godersela, pescare a traina, mangiare le prelibatezze che cucina mio figlio Ubaldo, ben più bravo di me ai fornelli (anche mia moglie è brava, ma soffre un po’ lo stare in cucina sottocoperta)? Mi piace tantissimo navigare.
E qui viene fuori il mio DNA di mastino da regata. Anche se abbiamo delle vecchie vele in dacron, che potremmo tranquillamente definire stracci, tengo a regolarle sempre a puntino, per far camminare la barca il più possibile. Sono un perfezionista. Fosse per me, non accenderei mai il motore!
Ti piacciono i lavori di bordo?
Tantissimo. Amo molto “mettere le mani” ovunque, anche perché su un 12 metri che ha più di trent’anni c’è sempre qualcosa da fare. Come svuotare l’acqua dalla sentina. Minchia, come mi dà fastidio avere anche due gocce d’acqua che scorrono in sentina!
Cosa non deve mancare mai a bordo della barca di Checco Bruni?
Birra chiara e fresca. E ovviamente una buona bottiglia di vino siciliano.
Piatto preferito?
Mi piace molto mangiare quindi ne ho tanti. Ma credo che un bel piatto di spaghetti ai ricci di mare, abbinato a un buon bicchiere vino bianco di Tasca d’Almerita, non abbia rivali.
Sappiamo che ami molto leggere. Un bel libro da godersi in barca?
Uno recente? “Trappola in fondo al mare” del mio amico scrittore Nicola Riolo.
grande lettore: “Trappola in Fondo al Mare” di Nicola Riolo (288 pagine, Newton Compton Editori).
Sei mai stato in crociera con Patrizio Bertelli?
In crociera con il “capo” non ci sono mai stato, ma ho avuto modo di essere a bordo con lui per le regate di barche d’epoca. Miii, che voglia di vincere che ha quell’uomo! Con lui abbiamo un rapporto ottimo, aperto. Ci parliamo faccia a faccia, se ha qualcosa da dirmi ha il mio numero e mi chiama. Bertelli non le manda a dire e questa è la sua forza.
A proposito di Coppa… cosa vuol fare Checco Bruni da grande?
Quello che non sono riuscito a fare per poco qualche mese fa. Portare la Coppa America in Italia. Ce lo meritiamo, se lo merita Luna Rossa, se lo merita Bertelli che insegue questo sogno da anni.
Ci stai dicendo che sarai ancora al timone di Luna Rossa?
No. Ma che io sicuramente sono a disposizione. Se verrà scelto qualcun altro, potrò rimanerci male ma me ne farò una ragione se saprò che può dare al team qualcosa di più. Su una cosa, però, potete stare certi. Checco Bruni si batte fino all’ultimo!
Eugenio Ruocco
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