Grazie di tutto Boss: la vela oceanica sarà più noiosa senza di te

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Temevamo di leggere questa notizia e un po’ ce l’aspettavamo. La sua faccia quando ha abbandonato l’ultimo Vendée Globe non era quella di sempre e adesso Alex Thomson ci racconta la sua verità, la sua personalissima scelta: basta con le regate oceaniche. Almeno per ora, ma è meglio pensare che quello che abbiamo letto oggi non suoni come un arrivederci ma piuttosto come un “è stato bello ma addio”.

IL COMUNICATO DI ALEX THOMSON

Con un comunicato sul suo sito web e diffuso dai social arriva la notizia che da oggi renderà le regate oceaniche un po più “grigie” e certamente meno spettacolari. Le motivazioni di Alex Thomson sono quelle di un uomo normale, che dopo due decenni passati a planare sulle onde ha deciso di tornare a terra:

“Ho avuto il privilegio di regatare per 20 anni nella classe Imoca, ma adesso è arrivato il momento di passare del tempo a terra. Mia moglie Kate ha cresciuto da sola nostro figlio negli ultimi 10 anni mentre io inseguivo il mio sogno…fin da quando ho iniziato a fare lo skipper ho pensato che il mio ruolo fosse anche di essere ambasciatore di questo sport e portarlo al maggiore pubblico possibile, e lo abbiamo fatto in ogni angolo del mondo…

Il mio obiettivo era vincere il Vendée Globe, che credo ancora sia la sfida più dura che ci sia nel mondo dello sport. Non ci siamo ancora riusciti, quindi questo è l’inizio di una nuova era, con un nuovo skipper, a cui daremo tutti i mezzi e la conoscenza per vincere…sarò eternamente grato a Hugo Boss per quello che mi ha dimostrato…il grazie più grande va a mia moglie Kate, per ogni passo di questa strada” ha raccontato il “Boss” nel suo comunicato.

LO STILE DEL “BOSS”

Alex Thomson, classe 1974 da Bangor, in Galles,  piaccia o meno il suo stile, è l’uomo che ha rivoluzionato il mondo delle regate oceaniche negli ultimi 20 anni. Alex Thomson ha cambiato in modo radicale il mondo della comunicazione nella vela, imponendo un nuovo stile, con i suoi celebri “keel walk”, “mast walk”, coi i video da bordo con la faccia spiritata mentre Hugo Boss navigava con 40 o 50 nodi di vento nel frastuono del carbonio.  Uno stile che ha obbligato tutti gli altri velisti oceanici a cambiare, ad adeguarsi. Esce di scena l’uomo che ha capito prima di molti che il personaggio del velista “barbuto”, sognatore un po’ naif, eternamente sulle tracce di una lunga rotta “Moitessieriana”, aveva forse fatto il suo tempo e non si addiceva più alla velocità della vela moderna, allo stile e all’esigenza di comunicazione che il nostro sport oggi ha.

Esce di scena il velista che non ha mai avuto paura di dire, al costo di sembrare antipatico o sbruffone, “io voglio vincere e sono qui solo per fare questo, non mi interessa partecipare”. Il suo modo di comunicare è stato spesso una calamita per generazioni di giovani velisti, tanto che si potrebbe dire, senza paura di sbagliarsi, che chi oggi ha tra i 30 e i 40 anni, ed è un velista appassionato di regate, abbia tratto ispirazione da quest’uomo.

E poi c’è stato il suo modo di navigare, quello che ha diviso di più il pubblico ma che ha avuto sempre e solo un obiettivo: cercare di vincere dando spettacolo, attaccando sempre al 100%. Di questo aveva, e ha, bisogno la vela oceanica, per uscire dalla Francia, per arrivare in Italia e nel resto del mondo, per non rimanere nicchia ma aprirsi a un pubblico via via sempre più grande.

I NUMERI DI ALEX THOMSON

Ci sono anche i numeri Alex Thomson, che raccontano quanto il britannico non fosse affatto solo uno “spacca barche”: la Clipper Race vinta nel 1999, un terzo e un secondo posto al Vendée Globe (su 5 partecipazioni), detentore del record di miglia nelle 24 ore, in solitaria e su un monoscafo (536,81), record di traversata atlantica in solitaria nel 2012, record alla Route du Rhum del 2018. In quest’occasione fu il primo sulla linea d’arrivo dopo essere finito a scogli a poche miglia dal traguardo ed avere azionato il motore per disincagliarsi, fatto che gli valse una penalizzazione in classifica e il terzo posto in luogo del primo ottenuto sull’acqua.

Il Boss certamente è stato anche noto per i suoi incidenti: disalberamenti, il quasi affondamento del 2015, le difficoltà dell’ultimo Vendée Globe con una barca forse troppo estrema. E ancora la collisione con un peschereccio prima di una delle sue partecipazioni al giro del mondo, e  molto altro ancora. Tutti fatti che spesso sono anche accaduti per la sua visione radicale delle regate. Ha ricercato sempre una progettazione delle barche che seguisse strade non convenzionali, e ha spremuto sempre i suoi Hugo Boss fino all’ultima goccia.

Per tutto questo Alex Thomson è stato il personaggio più sorprendente della vela oceanica nell’ultimo ventennio. Forse non ha vinto tanto quanto avrebbe voluto, ma di sicuro ha fatto godere il pubblico come pochi hanno mai fatto nella storia della vela. Esce di scena quando è ancora sulla cresta dell’onda, e forse dice no a una seconda parte di carriera dove le cose per lui magari sarebbero state meno facili.

Non ce lo immaginiamo Thomson sessantenne o più a fare ancora il Vendée Globe, magari con un vecchio Imoca autofinanziandosi o quasi, solo per andare a “spiegarla” un po’ ai più giovani ma senza chance di vincere. Questo c’è già chi lo fa, il Boss è sempre stato tutta un’altra storia. E forse, anche nel suo dire basta, in quel “è arrivato il momento di passare del tempo a terra”, anche in questo, Thomson fa segnare la differenza tra lui e alcuni velisti “Peter Pan” eternamente sognatori della vela oceanica.

Mauro Giuffrè


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