“Qualcuno salvi il Joshua di Moitessier!”. L’appello da La Rochelle

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L’associazione “Les Amis du Musée Maritime” di La Rochelle ha lanciato un appello. “Salvate il Joshua!”. La mitica barca con cui il celebre navigatore Bernard Moitessier si ritirò in Polinesia “per salvare la sua anima” mentre era in testa al Giro del Mondo in solitario del 1968 (Golden Globe), è in secca dal 2019 e ha bisogno urgente di refitting.

Tra l’altro, il celebre ketch di 40 piedi in acciaio dovrebbe essere l’invitato d’onore alla seconda edizione della seconda Golden Globe Race, che partirà da Les Sables d’Olonne domenica 4 settembre 2022.

Bernard Moitessier sul Joshua

PERCHE’ JOSHUA E’ UNA BARCA MITICA

Perché il Joshua (Moitessier la chiamo così in onore di Joshua Slocum, primo navigatore a girare il mondo tra il 1895 e il 1898 sul suo Spray) è una barca mitica e va salvaguardata? Non solo per il suo navigatore. Ma perché, per l’epoca, fu un progetto geniale. L’albero del ketch di 40 piedi in acciaio era un palo telegrafico. Basterebbe solo questo per renderla unica.

Ma scopriamola nel dettaglio. Joshua (14,12 m fuoritutto, lunghezza scafo 12,07 m, peso 13 t, zavorra 3 t) fu progettata a quattro mani da Bernard stesso e da Jean Knocker che mise in pratica le idee e gli schizzi del navigatore francese.
Dopo 14 mesi di preparazione, nel 1962, in soli tre mesi, il cantiere Meta di Jean Fricaud realizzò lo scafo in acciaio. Moitessier pagò solo il costo vivo delle lamiere. Ma l’operazione si rivelò vantaggiosa, sono state prodotte ben 70 gemelle. E adesso a bordo di Joshua. La prima cosa che colpisce è la poppa “norvegese”.

La concepì così perché: “divide, dirige, ammortizza la violenta spinta provocata da una cresta frangente in andatura di fuga”. Si rimane impressionati anche dai bordi liberi bassissimi, a centro barca soli 75 cm! Come un rimorchiatore lo scafo è tutto sott’acqua, con una carena stellata a chiglia lunga che termina con la pala esterna del timone.
La prua è possente con un bompresso in tubolare di un paio di metri sostenuto da catene (sì, proprio quelle dell’ancora!).
Anche le draglie sono fatte così, dipinte di nero perché: “di notte si vedono meglio” diceva Moitessier.

Le vele: maestra, mezzana, yankee e trinchetta. Sono pesantissime con tessuto da 10 once. Bernard, prima del Giro del Mondo, dove installò 4 winch, le cazzava a mano con dei paranchi. Tutto è semplice, riparabile e ispezionabile. Ad esempio, il circuito della timoneria a ruota con i frenelli che corrono liberi in coperta. Navigando a vela si ha un’incredibile sensazione di stabilità di rotta. E di sicurezza. Se si lascia la ruota Joshua va dritto come un fuso…

QUI QUANDO ABBIAMO NAVIGATO A BORDO DEL JOSHUA


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