Basta sole e acqua in faccia: viaggio nel mondo delle coperture da pozzetto. FOTO
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Rigidi, morbidi, in carbonio, alluminio, di tessuto, in materiale plastico, richiudibili, e chi più ne ha più ne metta. Se uno dei vostri obiettivi in navigazione è il comfort, inteso questa volta come la possibilità di ripararsi dal sole e dall’acqua salata, avere a bordo le giuste coperture è fondamentale. Integrate alla barca già da progetto o aggiunte successivamente, oggi le soluzioni sono svariate e c’è solo l’imbarazzo della scelta anche perché spesso sono gli stessi cantieri costruttori delle barche a suggerire le soluzioni più originali. Andare in crociera e farsi cuocere dal sole o “lavarsi” se navighiamo in condizioni anche minimamente impegnative è una cosa che non diverte nessun diportista. Per questo esistono da decenni cappottine e tendalini, oggi rinominati in chiave più moderna come “bimini” e “sprayhood”, ma le loro forme e soluzioni ergonomiche sono sempre più evolute. Ovviamente una parte del pubblico dei velisti le digerisce a stento, considerando queste soluzioni come antiestetiche, cosa che è in parte vera in alcuni casi, ma per questo le aziende che producono questi accessori si sono ingegnate per trovare strutture sempre meno ingombranti o dall’estetica in un certo senso omogenea con le caratteristiche delle imbarcazioni a vela.
LO SPRAYHOOD
Partiamo dalla definizione: lo sprayhood è quello che viene volgarmente definito “cappottina”, ovvero quella struttura semi rigida che si applica sulla tuga e ripara il pozzetto dagli spruzzi d’acqua che arrivano da prua. Introdotto dalle barche nordiche, è diventato di uso comune su tutte quelle da crociera. Viene costruito con un telaio, una struttura rigida solitamente in alluminio, una parte di tessuto e delle finestre trasparenti generalmente in PVC. Le parti morbide, ovvero tessuto e finestre, sono il punto debole della cappottina in quanto tendono a deteriorarsi a causa dell’azione degli agenti atmosferici, per questo è importante scegliere sempre materiali di prima qualità anche a costo di spendere qualcosa in più, ma su questo punto ritorneremo a breve. Lo sprayhood non protegge però il timoniere, o lo fa solo in minima parte, e in alcuni casi può ostruire parzialmente la visuale verso prua. Per questo risulta fondamentale non eccedere nel suo dimensionamento, ingolositi dalla ricerca del comfort.
IL BIMINI
“Volgarmente” inteso come tendalino, ha il compito di proteggere l’equipaggio dal sole, garantendo una zona d’ombra in pozzetto e fino alla tuga. Può essere realizzato in vari modi, ma quello più classico è sulla falsa riga della cappottina, ovvero telaio in alluminio e tessuto per la copertura, anche in questo caso possono essere presenti delle finestre trasparenti. Normalmente può essere fisso/richiudibile, posizionato all’estrema poppa, o smontabile del tutto con dei punti di aggancio in coperta a metà pozzetto. Nel caso in cui sia presente un roll barr, sfrutta questa struttura come punto d’aggancio avanzato.
I MATERIALI
Sia nel caso del bimini che dello sprayhood può essere facile cedere alla tentazione di una soluzione auto costruita. Con un po’ di ingegno e la giusta manualità si può ottenere un buon risultato ma fate attenzione ai materiali. La scelta di questi è fondamentale, a partire da una struttura rigida in materiale inossidabile. Il vero tallone d’Achille è però la parte morbida, quella in tessuto e in PVC per le finestre: il sole e gli agenti atmosferici possono deteriorarla nel giro di pochissime stagioni, ma la scelta del materiale giusto è importante anche per altri motivi: impermeabilità, traspirabilità e idrorepellenza. In pratica la componente di tessuto non deve in nessun caso assorbire acqua, pena la nascita di devastanti muffe, ma al tempo stesso deve essere ovviamente impermeabile e traspirante. Non serve quindi un tessuto qualsiasi, ma uno adatto all’utilizzo in esterno e in particolar modo in ambito nautico. Ulteriori punti critici sono gli accessori: cerniere, velcri, bottoni metallici. Se non vorrete trasformare tutti questi elementi in ammassi di ruggine assicuratevi che i materiali siano inossidabili, altrimenti le sorprese saranno veramente spiacevoli. In alternativa alle soluzioni classiche che vi abbiamo descritto, negli ultimi anni si sono sviluppate anche le strutture in fibra di carbonio, un materiale largamente impiegato in ambito nautico, ultra leggero e resistente agli agenti atmosferici.
OLTRE IL BIMINI E LO SPRAYHOOD
Come vi descriviamo anche nei focus fotografici di questo articolo, esistono svariate altre soluzioni che coprono le funzioni di bimini e sprayhood, la scelta è in fin dei conti una questione di gusti e di budget. L’hard top è la soluzione del crocierista più “estremo”. Si tratta di una struttura rigida fissa, una sorta di tettuccio, che ripara il pozzetto dal sole. Può essere dotato di una finestra in tessuto apribile, il suo grande svantaggio è quello di offrire la sua superficie al vento quando la brezza diventa tesa. In alternativa, come accennavamo sopra, esiste la soluzione ibrida ovvero di un tendalino richiudibile che va ad appoggiarsi sul rollbar. Rollbar che a sua volta, verso prua, può offrire anche appoggio allo sprayhood. Se invece non amate questo tipo di sovrastrutture c’è la soluzione light proposta da alcuni cantieri: lo sprayhood rigido e fisso, in materiale plastico trasparente, esteticamente molto accattivante e poco d’impatto, generalmente molto efficace, mediamente molto più costoso.
PROTETTI ANCHE IN REGATA
Anche chi fa le regate ha l’esigenza di proteggersi, in particolari modo se si parla di regate oceaniche. Il caso più noto è quello di Andrea Mura sul suo Open 50 Vento di Sardegna, una barca di vecchia generazione sprovvista di protezione per il pozzetto. “Memore delle temperature polari dell’Ostar 2013, ho optato per realizzare una cappotta dalla forma “geodetica” che mi consentisse di stare in pozzetto anche al freddo e nella burrasca. L’ho voluta vetrata (in acciaio e strataglass) per poter guardarmi sempre intorno. Pesa all’incirca 25 chili, ma mi consente di vivere la barca al 100%”, come ci racconta nel focus nelle due pagine che seguono. Non è un caso isolato, la classe IMOCA 60 ha fatto scuola su questo punto: le barche di nuova generazione hanno una protezione rigida, trasparente e allungabile, che protegge interamente il pozzetto. Anche per giorni gli skipper possono non mettere il naso fuori ed avere perfettamente sotto controllo ogni manovra della barca senza subire la minima sofferenza. Tutte le manovre sono pensate infatti per restare al riparo della struttura, a parte ovviamente i cambi di vela.
CE LO INSEGNA ANDREA MURA
“Tutto è nato dopo la Ostar 2013” ci racconta Andrea Mura. “Un inferno, dentro la barca la temperatura non era mai superiore agli 11 gradi, fuori acqua e vento in faccia perennemente, sempre di bolina, e devo ammettere che ho sofferto anche il maldimare quando mi riparavo all’interno. Mi sono detto: mai più alla Ostar, ma poi ci ho ripensato, a patto di farla a modo mio”. Nasce quindi l’idea e la necessità di trasformare l’Open 50 Vento di Sardegna, con un accessorio apparentemente da crociera ma che in realtà si rivelerò fondamentale anche in regata: una copertura per il pozzetto. “Mi piace andare oltre le convenzioni, e allora ho cercato di immaginare qualcosa fino a pensare questo vero e proprio abitacolo, interamente trasparente, come se fosse una serra. Ha una doppia funzione, mi ripara dagli spruzzi e contemporaneamente consente di far aumentare la temperatura in pozzetto. L’ho ideato io ed è stato realizzato dal team della Veleria Andrea Mura, costruito in tubi di acciaio e con un materiale plastico particolare, ultra trasparente, una sorta di vetro morbido che viene utilizzato anche dal cantiere Bertram. Fissato in coperta con perni passanti e bulloni, apribile lateralmente quando navigo in zone più calde o c’è poco vento. Dopo una prima versione che lasciava scoperti i winch delle volanti l’ho migliorato aumentando la copertura e migliorando l’impermeabilità alla base”. E il comfort a bordo ne ha giovato. “Il comfort ma anche le prestazioni. Potevo stare sempre in pozzetto perfettamente asciutto anche senza indossare la cerata, stavo bene, non soffrivo il mare perché non ero obbligato a passare lunghi periodi all’interno della barca. Ma al tempo stesso potevo costantemente regolare le vele, fare micro correzioni per guadagnare continuamente velocità. Quando sei spossato e sai che devi uscire fuori a cazzare pochi centimetri di scotta sapendo di doverti bagnare in certi momenti puoi anche decidere di non farlo e allora perdi velocità. Se invece stai bene, sei asciutto, puoi costantemente lavorare sulla barca e il risultato alla fine sarà notevole”. Di che risultato stiamo parlando? “Alla Ostar del 2017 io ho tenuto una media di velocità superiore di 3 nodi, e il merito è anche di questa copertura che mi ha consentito di essere molto più efficiente e attivo sulle regolazioni, oltre che sentirmi decisamente meglio e a mio agio durante tutta la regata”.
Mauro Giuffrè
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