Ecco la barca senza albero, boma, sartie, strallo, randa

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barca senza albero, boma, sartieScordatevi di albero (così come lo conoscete), sartie, strallo, boma e randa. Sta arrivando la barca dove le vele sono sostenute da una piramide autoportante. Avete capito bene!

ALBERO? SARTIE? INUTILI E DANNOSE!

L’idea della barca senza albero (tradizionale) è di Marco Ravasi, una “mente tecnica” che si è occupato per anni della progettazione di macchinari industriali per la produzione di cavi e che, innamoratosi della vela, ha navigato abbastanza su barche di piccole dimensioni per rendersi conto come “l’alberatura tradizionale e i suoi carichi finiscano per deformare la tuga e persino la struttura della barca. L’ho visto con i miei occhi sul vecchio Capirinha (9,15 x 3,05 m, mitica barca “da lago”, ndr) di cui sono stato armatore per sette anni”, racconta Ravasi.

Le sartie poi sono vicinissime alla murata e lasciano poco spazio a chi voglia passare lateralmente. Non è solo scomodo dal punto di vista del comfort”. Ravasi spiega come “una qualsiasi persona che per passare si sostenga alla sartia, come è prassi, applica su di essa una forza orizzontale. Ipotizziamo sia di 10 kg? Questa si traduce come un carico verticale di almeno 200 chili sulla struttura della barca… pensate nel tempo a quanti sforzi viene sottoposto lo scafo! E che dire delle sartie durante la navigazione? Di bolina, quella di sottovento è in bando o quantomeno quasi scarica. Questo significa che quella sopravento è sollecitata per il doppio del valore di precarico”.

I SEGRETI DELLA BARCA SENZA ALBERO, BOMA, SARTIE, RANDA

Da qui nasce l’idea – che farà certamente discutere – di sbarazzarsi delle sartie e dell’albero tradizionale, sostituendo l’armo con un sistema di tre aste in alluminio disposte come gli spigoli della superficie laterale di una piramide avente per base un triangolo isoscele, i cui vertici corrispondono uno alla prua e due alle estremità laterali della poppa dello scafo, cioè nei punti di maggior rigidità dello scafo stesso.

I collegamenti asta-asta e asta-scafo”, racconta Ravasi, “sono realizzati tramite cerniere, ciò permette di considerare la struttura di tipo isostatico, quindi con aste sottoposte a soli carichi assiali”. Il progetto per cui Ravasi ha depositato il brevetto è stato effettuato su una barca di 6,5 m per poco più di due metri di baglio.

Le aste sono lunghe 7,5 m e hanno una rastrematura conica che ne consente il collegamento di testa a mezzo cerniere. Quelle sullo specchio di poppa terminano con uno snodo sferico, che garantisce una certa libertà di movimento anche nel caso di non perfetto parallelismo tra i perni di base e di testa. Quella di prua è collegata allo scafo con uno snodo cardanico che ne impedisce la rotazione su sé stessa”. In alto le aste sono collegate tra loro con uno speciale sistema di perni in inox e forcelle in alluminio.

Il sistema ideato da Marco Ravasi e i tre punti evidenziati di cui sotto trovate i dettagli

CIAO RANDA!

E le vele, direte voi? “La velatura è composta da due fiocchi: rispetto all’asta di prua sono inferiti uno, più grande (14 mq), di poco a prua e uno, più piccolo (10 mq), di poco a poppa; entrambi si estendono fin quasi a poppa. Vengono issati con un sistema di pulegge in testa che permette di far sì che le due drizze corrano lungo le due aste di poppa. Li ho studiati in modo tale che non siano più bassi di un boma e passino sopra la testa di una persona seduta in pozzetto”.

Quindi, riassume Ravasi, “la coperta dell’imbarcazione libera offre più spazio alle persone a bordo, non c’è il ‘pericolo’ del boma e la barca non è soggetta a nessun carico (non ci sono né albero né sartie); in bolina consente di “stringere” maggiormente il vento: il fiocco più piccolo non ha limiti. Quando non si naviga, sull’imbarcazione non gravano sforzi di precarico, ma solo il peso proprio della struttura stessa. Oltre alle vele non c’è nient’altro da regolare come sartie, stralli ecc..”.

C’ERA BISOGNO DI QUESTO SISTEMA?

La domanda, che se siete arrivati fino a qui vi sarete già posti, è… “se ne sentiva il bisogno?”. Lasciamo rispondere direttamente Marco: “Non ho cercato di progettare un sistema performante per fare correre la barca. Né una soluzione esteticamente ‘raffinata’. Con il sistema a tre aste la barca non sarà ultraveloce, ma solo comoda, anzi comodissima da gestire. Penso, ad esempio, a un equipaggio anziano, o a chi ha voglia di uscire da solo, o ancora a chi di regolazioni e velocità non interessa nulla. Pensate al mondo dell’automobile: il paragone è con una macchina con il cambio automatico. Tu sali e devi solo preoccuparti di girare il volante, premere l’acceleratore e il freno”.

Il sistema, conclude Ravasi, può avere un’applicazione su barche di piccole e medie dimensioni, fino ai 10/12 metri. “Si può anche pensare di sostituire l’alluminio con il carbonio. Il quale, soprattutto su imbarcazioni leggermente più grandi, oltre ad essere più leggero ha una resistenza molto superiore”.

Chissà, se fosse ancora vivo, cosa ne penserebbe Ernesto Tross, l’uomo che odiava il boma e che sosteneva che la barca sicura fosse quella senza randa!

PER SAPERNE DI PIU’

Vi abbiamo incuriosito? Volete saperne di più sull’armo ideato da Marco Ravasi e sulla barca senza albero, boma, sartie e randa? Potete contattarlo direttamente per avere più info o se avete dubbi da chiarire.

La sua mail è marcoravasi@hotmail.it, sarà lieto di rispondere alle vostre domande!


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5 commenti su “Ecco la barca senza albero, boma, sartie, strallo, randa”

  1. Mentre non ho dubbi sulla facilità di virata con il fiocco più piccolo, che non ha ostacoli vista la posizione dietro l’asta anteriore, mi chiedo se con il fiocco più grande si debba farlo passare nello stretto tra strillo e asta anteriore o se si debba farlo passare all’esterno…

  2. Idea geniale che risolverebbe un sacco di grattacapi. Credo che il punto debole dell’idea per natanti e imbarcazioni più grandi sia il peso che, aggravato dalla presenza dei tre supporti, andrebbe a spostare il metacentro della barca eccessivamente in alto, andando ad incidere notevolmente sulla stabilità. Immagino che un armo in carbonio rappresenterebbe la soluzione più sensata. Tross infatti aveva realizzato un idea simile utilizzando un albero classico abbattibile e stagno spostato verso poppa. Spero di vedere presto questo tipo di armo su barche giramondo.

  3. Nessuno può negare che questa cosa può anche funzionare, ma è come proporre l’auto a cinque ruote quando ne bastano quattro.
    Personalmente preferirei una soluzione meno “fantasiosa” e più razional/tecnologica con albero autoportante e senza sartie.
    Mettere un palo che funzioni invece di tre. Questo si che è progresso.
    Per queste cose però bisogna essere più ingegneri e meno “inventori”.
    Mi spiace, ma per me: Bocciato.

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