TECNICA Come capire se le vele sono regolate bene sfiorando il timone
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A lezione con Elio / 3. Dopo la prima lezione in cui vi ha spiegato perché la vostra barca da crociera ha già i foil, e la seconda in cui ha raccontato perché la portanza è fondamentale per la vostra barca, il prof velista più famoso del web Elio Somaschini vi spiega come rendervi conto, sfiorando soltanto il timone, se la vostra barca stia bene e se le vele siano regolate al meglio. Per navigare sereni e non sforzare le attrezzature. (foto in apertura di Carlo Borlenghi)
MENO TIMONE, PIU’ VELE!
Bentornati amici che amate la vostra barca a vela. Come vi ho promesso nella puntata precedente, adesso è arrivato il momento di applicare e raffinare quello che abbiamo visto fin qui. Oggi vi spiego come, solo sfiorando il timone, potrete capire subito se le vele della vostra barca siano regolate a puntino oppure no.
NEWTON & LE BARCHE A VELA
Se guardiamo una barca, possiamo definire tre assi di movimento (fig. 1). È importante tenere a mente un concetto semplice della fisica: un corpo è in equilibrio quando la somma delle forze che agiscono su di lui è uguale a zero. In queste condizioni, se il corpo non ha movimento continuerà a stare in riposo, se però possiede un velocità, continuerà a muoversi mantenendo la stessa direzione e velocità (la cosiddetta legge dell’inerzia di Newton).
Dunque, la nostra barca navigherà in movimento rettilineo e uniforme se avrà equilibrio, in caso contrario cambierà la sua velocità.
PERCHÉ UNA BARCA SCARROCCIA?
Adesso saliamo a bordo e cominciamo a veleggiare con un vento inferiore ai 15 nodi, così diventa più facile capire e regolare la barca. Navighiamo con un vento reale che formi un angolo di approssimativamente 45° o 50° rispetto alla direzione del vento. Abbiamo armato la randa e un genoa con una sovrapposizione del 110% o 120% (o la vela che avete, senza problemi!) e navighiamo di bolina con un vento apparente di circa 35-40°. Questo vento apparente è importante. Si naviga nell’apparente, non nel reale.
Le forze generate sulle vele sono quelle della fig. 2, che dovremo scomporre ognuna in due componenti: una nella direzione del movimento (e questa è quella che fa “camminare” la barca) e una perpendicolare che è la responsabile dell’inclinazione e dello scarroccio della barca, ovvero il suo – indesiderato – spostamento laterale (fig. 3).
Se ci fossero solo queste due forze, la barca scarroccerebbe moltissimo: allora, affinché la barca proceda più “retta” possibile dobbiamo cercare di annullare, o per lo meno ridurre al massimo, le forze di scarroccio. Chi fa questo lavoro sono la lama e il bulbo, il timone e lo scafo.
L’IMPORTANZA DEL MOMENTO DI FORZA
Ecco un altro concetto semplice che adesso entra in gioco: il momento di una forza.
Immaginate di star giocando all’altalena con un bambino. Un asse lungo, con un fulcro nel centro. Voi siete pesanti, il bambino leggero. Allora cosa fate? Spostate il fulcro e con ciò lasciate l’asse corta dalla vostra parte e quella lunga dalla parte del bimbo. Quanto? Se moltiplicate la vostra forza peso per la distanza al fulcro e la lasciate uguale alla forza peso del bimbo moltiplicata per la distanza dal bambino al fulcro, avrete i momenti delle forze uguali e l’altalena rimarrà neutra, quindi potrete giocare. Dunque, il momento si ottiene moltiplicando forza per distanza (fig. 4).
Adesso guardiamo la barca da sopra (a volo d’uccello) e vediamo cosa succede (fig. 5).
Il bulbo eserciterà una forza contraria a quella di scarroccio e quasi uguale ad essa in termini di intensità.
Osserviamo lungo l’asse longitudinale (fig. 6). Se il “fulcro” definito dal progettista è nel punto A, la forza Fm farebbe girare la barca nel senso orario e le forze Fb e Fg in senso antiorario. Per andare dritti, la somma dei momenti deve essere pari a zero e la somma delle forze anche.
COME AGIRE SU RANDA E GENOA
Se cazzate di poco il genoa, ammesso che la vela non perda efficienza, potreste aumentare la forza Fg e con questo la barca comincerebbe a girare la prua e scendere allontanandosi dalla direzione del vento (fig. 7). Se, invece di cazzare la genoa, agite sulla randa, la forza Fm cresce e la barca ruota in senso orario, portando la prua in su, verso la direzione del vento.
TIMONE DURO? VELE REGOLATE MALE
Purtroppo la situazione di equilibrio, in pratica, non si riesce a mantenere, allora la scelta di cosa fare sarà vostra. Se aumentate la portanza del genoa la prua scende, se aumentate la portanza della randa la prua sale. Per chi, come me, ha iniziato la vela con il windsurf, questo è logico e naturale. Inclina l’albero in avanti scendi il vento, inclina indietro sali contro vento. Il windsurf non ha timone. In Spagna esiste un vecchio tipo di barca che pure usa lo stesso principio e si chiama Patiño (non ha neppure il boma!).
La domanda logica a questo punto è: “ma come faccio per andare dritto?” La risposta è: il timone, appunto! Guardate la fig. 8: nel primo caso il genoa spinge molto, la tendenza sarà girare nel senso antiorario, allora il timone dovrà esercitare una forza piccola nel senso contrario. Piccola perché lui è lontano dal fulcro e allora basta una piccola forza per avere un grande momento! Nel secondo caso la randa fa troppa forza e allora il timone deve lavorare al contrario.
Con ciò arriviamo alla conclusione semplice e importante che, se quando navigate dovete fare forza sul timone, questo significa chiaramente che le vele non sono regolate bene. Se le vele non sono regolate bene significa che
la vostra barca fa sforzi inutili per navigare. E se soffre, significa che va più piano di quanto potrebbe e quindi aumentano anche le probabilità di rotture, riducendo la vita utile di tutti i componenti. Desiderate questo, per la vostra barca? No!
GLI ESERCIZI PER IMPARARE A REGOLARE LE VELE
Allora vi racconto che cosa faccio con i miei allievi nel primo giorno dei corsi di vela. Partiamo dalla banchina senza usare il motore (e telefonini spenti!). Strumenti elettronici tutti spenti. Ovviamente conosco bene dove andremo e so dove ci sono scogli o altri pericoli. Poi mollo le vele e chiedo a chi è al timone di dare gli ordini agli altri di regolare le vele.
A questo punto, sarò soddisfatto quando riuscirà a fare camminare la barca con il minor uso di timone possibile. Guardo bene come ha regolato le vele (memorizzo la posizione delle cime che sono tutte con indicazioni che ho cucito con fili di diverso colore). Ripeto l’operazione per ogni allievo a bordo (mai più di quattro, in caso contrario non riesci a dedicar loro l’attenzione necessaria).
La seconda parte è dedicata alla strambata. Devono imparare a strambare senza spingere molto il timone. Lì si che uso il tracking del GPS, e annoto gli errori che ognuno commette. Normalmente l’errore più comune è quello di girare troppo il timone che, come abbiamo visto nella prima puntata, è un errore gravissimo. Con la rotta del GPS in funzione insegno come si stramba con dolcezza e decisione, cioè usando poco la pala del timone: poi gli allievi devono ripetere. Una, due, tre quattro volte, finché non esca fuori un movimento naturale.
Finalmente si comparano i tracking, in modo che loro percepiscano quanto è più veloce, dolce e semplice lavorare con il timone usandolo pochi gradi. Poi si mangia qualche cosa per essere felici e si riprende con un esercizio semplice, ma difficile. Si scelgono due oggetti nel mare, non molto lontani (possono essere due barche ancorate) e si gioca a fare l’otto tra di loro, così tutti si allenano alla tempistica dei lavori di bordo e insegno il “jibe” (strambare con il vento di poppa). Quante barche abbiamo visto rompersi per una strambata mal eseguita!
Se il vento è debole e le due barche sono molto vicine, chi non ha imparato bene la dolcezza del timone, non ci riesce. E finalmente il risultato che lascia tutti noi felici: Alla fine della giornata si chiede a ognuno di prendere il comando della barca, regolare le vele in direzione a un punto di riferimento (una montagna, un faro o altro) e poi si mette un panno per coprirgli gli occhi. Lui rimane cieco e deve essere capace di mantenere la barca in quella direzione per più di un miglio senza sbagliare. Il silenzio a bordo deve essere assoluto.
Il timoniere deve sentire la barca, il vento, le onde, il beccheggio e il rollio. Il suo corpo deve accompagnare il movimento delle onde e dello scafo, lui e la natura devono integrarsi. Alcuni ci riescono alla prima, altri devono rifare due, tre o quattro volte. È impagabile vedere le emozioni quando ci riescono. Ho visto uomini duri riempirsi gli occhi di lacrime per essere riusciti.
Anche voi potete farlo! Uscite con un amico e provateci, però prima dovrete imparare a sentire la barca con la sequenza che ti vi raccontato. Può essere molto utile. Nella prossima puntata vedremo come regolare bene le vele e quale sia il miglior angolo di scarroccio. Seguite le istruzioni e capite cosa succede alla vostra barca perché, in fin dei conti, “veleggiare è trasformare la fisica in poesia”.
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CHI E’ IL “PROF” VELISTA PIU’ AMATO DEL WEB
Fisico, velista, marinaio (ha navigato per 20 anni intorno al mondo senza strumenti, solo con un orologio). Elio Somaschini, scoperto dal Giornale della Vela, è in breve tempo diventato uno dei “divulgatori” più seguiti del web. Il suo segreto? Ha il dono di rendere semplici e comprensibili a tutti concetti complessi, applicando dei principi fisici alla pratica. Elio vi fa capire il perché state facendo qualcosa. In questo ciclo di lezioni vi spiega come sfruttare al meglio appendici e vele per navigare felici, voi e la vostra barca.
Volete contattare personalmente Elio Somaschini per saperne di più sulla fisica in barca? Volete a verlo a bordo, o per un trasferimento? Scrivetegli a crapun@gmail.com
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