Questo porto turistico non s’ha da fare: il caso di Termini Imerese
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La storia che vi raccontiamo arriva da Termini Imerese, in provincia di Palermo. Qui sorge un porto con un bacino di quasi 300 mila mq, rimasto per decenni come una sorta di opera fantasma. Larga parte di questo approdo negli ultimi 30 anni è stata poco utilizzata, eppure si tratta di un porto collocato in una posizione geografica strategica, a 45 miglia dalla isole Eolie, a 20 da Palermo e a circa 40 dall’isola di Ustica, posizionato a metà della costa settentrionale della Sicilia e quindi un potenziale trampolino di lancio per il diporto nautico in tutto il Tirreno. Ma la politica e le istituzioni, in questo caso l’Autorità di Sistema Portuale sotto la cui influenza il porto in questione ricade, sembrano avere idee diverse sulla destinazione del bacino.
Le scelte economiche e politiche che hanno interessato questo territorio negli ultimi 30 anni non hanno mai considerato la possibilità di uno sviluppo turistico del porto, e della città in generale, destinato negli anni a diventare un’infrastruttura commerciale o di supporto all’area industriale, la quale nel frattempo è andata verso il declino. Ad oggi lo sviluppo industriale di questo territorio può essere considerato un capitolo chiuso e fallimentare, l’area industriale si fa fatica a chiamarla tale dato che di aziende attive ne sono rimaste ben poche.
L’OCCASIONE PER IL PORTO TURISTICO
Perché quindi non offrire una nuova opportunità al porto e alla sua città? E in effetti l’occasione sarebbe anche arrivata con il PRP (Piano Regolatore del sistema portuale) approvato nel 2004, tramite il quale l’Amministrazione Comunale, su delega dell’assessorato regionale, approvava in via definitiva un progetto che prevedeva nell’area nord dell’approdo di Termini Imerese un moderno marina turistico, con circa 130 mila mq di specchio d’acqua per una capienza stimata di 1000 posti barca, realizzabile attraverso l’adeguamento dell’infrastruttura già esistente.
Nell’immagine che vi proponiamo si osserva lo stato della zona portuale come si trovava prima del PRP e come dovrebbe diventare (con le parti colorate in rosso) dopo l’attuazione del progetto del 2004. E i lavori per altro sono già iniziati, con l’allungamento del moli di sopraflutto e sottoflutto in stato avanzato di lavorazione. Per definire i confini del porto turistico previsto dal PRP del 2004 mancherebbe da realizzare da zero solo la banchina disegnata in rosso a centro porto, il cosiddetto sporgente di riva, realizzato il quale l’area del porto turistico sarebbe definita e si potrebbero avviare le pratiche per aprire le concessioni ai privati degli spazi in acqua e a terra, dove ci sarebbero ampi spazi per negozi, ristoranti, e tutti i servizi che ruotano intorno a un marina turistico. Il progetto prevede anche che nella zona sud del bacino vengano allestiti alcuni moli per l’attracco di navi di linea o commerciali.
Ma è a questo punto che i programmi di politica e istituzioni sono cambiati.
IL CAMBIO DI ROTTA DELLE ISTITUZIONI
L’Autorità di Sistema Portuale ha infatti deciso di deviare sul porto di Termini Imerese buona parte del traffico commerciale dell’approdo della vicina Palermo, da destinare proprio nella zona dove dovrebbe sorgere il porto turistico previsto dal PRP del 2004. Con l’assenso dell’Amministrazione Comunale l’AdSP ha ricevuto l’ok dalla politica, per opporsi a questo piano è nato un Comitato, chiamato “Città Porto per un futuro sostenibile”, che ha già ricevuto 1200 adesioni.
In cambio dello “scippo” del bacino nord da destinare al commercio, l’AdSP e l’Amministrazione Comunale promettono la realizzazione, che andrebbe fatta da zero, di un nuovo porto turistico da collocare più a sud dell’infrastruttura già esistente e più lontano dal centro storico della città. Ma c’è di più. Qualora quest’intenzione si concretizzasse, nella zona in cui dovrebbe essere realizzato questo porto turistico c’è lo sbocco di un torrente.
La presenza del corso d’acqua, come documentato da una relazione redatta dall’Ingegnere Francesco D’Asaro, provocherebbe l’inevitabile insabbiamento della nuova infrastruttura. Processo di insabbiamento che su quel tratto di litorale è già in corso e che negli anni ha modificato la linea della costa. Risulta difficile immaginare come possa sorgere un porto qui, costruendolo da zero in tempi ragionevoli, quando un porto ci sarebbe già e per farlo diventare turistico mancherebbe ormai poco, dopo quasi 20 anni di attesa.
Il progetto del PRP del 2004 prevede il porto a ridosso del centro storico, vicino la spiaggia situata a nord del bacino, e non lontano da un complesso termale che potrebbe rappresentare un’attrazione turistica, creando quel circuito virtuoso tipico di un porto integrato con la città che innescherebbe un volano economico. Insomma il progetto del 2004 trova una collocazione logica al porto turistico, lo integra con il territorio collocandolo vicino al centro nevralgico della città.
IL PROBLEMA AMBIENTALE
Sostituendolo con il porto commerciale si apre gioco forza anche un tema di carattere ambientale e di salute per i cittadini, data l’estrema vicinanza di questa zona di ormeggio al centro abitato. Uno studio realizzato dagli Arch. Nicola Mendolia e Arch. Rosario Nicchitta, che si basa sui dati statistici del dossier Legambiente/Enel X sull’elettrificazione dei porti (2021), e altre ricerche indipendenti, come quella del legislatore internazionale della navigazione, l’International Maritime Organization (IMO), o dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (2019), sottolinea come una nave di grandi dimensioni attraccata in banchina per 10 ore produca la stessa quantità di anidride carbonica (CO2) di 25 automobili di media cilindrata in un anno.
A ciò si aggiunge quello dei Tir in arrivo con il traffico commerciale. Si stima che questi potrebbero essere fino a 600 al giorno e, per evitare di congestionare il traffico cittadino, dovrebbero raggiungere l’autostrada presso uno casello posizionato fuori città. Per fare ciò i tir transiterebbero però proprio dove viene collocato il porto turistico promesso da Autorità Portuale e Amministrazione. Un altro dei controsensi di questa storia.
Risulta altrettanto difficile accettare che un’infrastruttura turistica arrivi vicina, dopo decenni, alla sua completa realizzazione, e si preferisca invece stravolgerla e destinarla ad altro, con la promessa di ricominciare tutto da capo, forse, in un altro posto. Per questo motivo, se il PRP del 2004 dovesse essere stravolto, si perderebbe l’occasione di potere realizzare e vedere operativo, in un tempo relativamente breve, un nuovo e moderno marina turistico nel cuore del Mediterraneo, in un tratto di costa della Sicilia dove per altro i porti turistici veri non abbondano, anzi. Contrariamente, e semmai verrà realizzato il porto promesso da AdSP e politica, serviranno probabilmente anni di attesa. Un controsenso e un’offesa per chi sperava in un modello di sviluppo diverso, sostenibile, legato all’economia del mare, uno sviluppo economico che lasciasse qualcosa alle risorse e al tessuto sociale della città.
Mauro Giuffrè
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1 commento su “Questo porto turistico non s’ha da fare: il caso di Termini Imerese”
Fare e disfare è tutto un lavorare. Come spesso avviene quando le amministrazioni non sono molto “trasparenti”, è più conveniente progettare una cosa che darà eterna manutenzione e problemi, piuttosto che una cosa sensata ma che non sia una macchina da soldi. Il Mose insegna. Insabbiato il Mose, sarà insabbiato anche il nuovo porto turistico. Avanti così..