Addio a Ernesto Gismondi, l’uomo che amava strappare gli spi
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Gli Edimetra, la sua grande passione, sono barche famose in tutto il Mediterraneo, belle ed efficienti come le sue lampade Artemide.
Se n’è andato a 89 anni Ernesto Gismondi, grande velista e yachtman purissimo oltreché imprenditore illuminato. Aveva fondato negli anni ‘60 una delle eccellenze del Made in Italy, Artemide, la multinazionale tascabile delle lampade che ha portato il design d’autore nell’illuminazione.
I suoi sette Edimetra hanno partecipato a centinaia di regate in Tirreno. Qualcuna importante l’ha anche vinta, come la Giraglia e la Tre Golfi. E ogni estate, in crociera con la stessa barca con cui regatava. Gismondi ha girato il Mediterraneo in lungo e in largo in vacanza con famiglia e amici.
Ernesto Gismondi, velista nell’anima non per esibizione
Gismondi a vela ci andava per passione, non per esibizione o fame di vittorie. Non si è mai fatto abbagliare dalla voglia di spendere montagne di soldi per diventare un armatore vincente. Non faceva parte di quegli armatori che a bordo non fanno nulla, trasportati da velisti professionisti.
Lui amava veramente la vela e l’andare per mare. Gli piaceva stare al timone, vestito come un marinaio qualunque. Unico vezzo da creativo qual’era, una bandana rossa per non scottarsi la “pelata”. Il suo ultimo Edimetra, il settimo, è un meraviglioso yacht di 65 piedi (20 metri) progettato da German Frers e costruito in Nuova Zelanda da Cookson, acquistato da Riccardo Bonadeo, armatore dei famosi Rrrose Selavy.
Ernesto Gismondi, nato a Sanremo nel 1931, si definiva il velista autodidatta per eccellenza. Raccontava dei suoi esordi in deriva: “Ricordo una regata a Genova: erano già tutti in acqua, sono arrivato in ritardo, ho tirato giù lo scafo dal carrello e sono partito. In direzione opposta rispetto alla flotta, perché non sapevo interpretare i segnali del comitato di regata”.
Il primo Edimetra era un lento Dufour 35, poi è passato ad un Grand Soleil e ha proseguito con un X Yachts.
E poi l’Edimetra VII blu, con quella bellissima “e.” bianca che spiccava enorme a poppa, un piccolo capolavoro di design, come lo erano le sue lampade. Un esempio: la mitica lampada da tavolo Tizio del 1972, sulle scrivanie di mezzo mondo.
Che gusto c’è se in regata non rompi nulla
L’ultimo ricordo di Gismondi, registrato in un’intervista a La Stampa, fa capire che pasta di velista fosse: “Ho ancora negli occhi le immagini dell’ultima Giraglia Rolex: abbiamo passato l’isola, si è alzato il vento da Est, l’abbiamo preso in poppa ed Edimetra ha cominciato a volare… 25-26 nodi…C’è chi sta attento a non rovinare le vele. Per me è il contrario. Se non forzi lo spinnaker, che senso ha metterlo su? È un godimento tornare in porto e dire che hai strappato lo spi, che hai rotto il tangone… A quella Giraglia siamo saliti sul podio. Il bello è arrivare a Genova, in banchina, e aspettare quelli che ti sono dietro per sbertucciarli. È questa la vera essenza della regata”.
E a proposito dell’andar per mare: “Il mare? È lui che comanda. Vorresti uscire, ma quel signore lì ti dice di stare a terra … Io ho imparato a rispettarlo”.
Addio Ernesto.
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