Addio Ernesto Tross. Che eredità ci lascia il velista visionario

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Ci ha lasciato Ernesto Tross. Nato in Germania nel 1932, ma da una vita in Italia (stava sul lago di Bracciano), è stato un poliedrico artista (realizzatore di splendide vetrate artistiche), scrittore, ma soprattutto progettista e autocostruttore di barche a vela mitiche e fuori dal coro, in grado di far discutere senza fine gli appassionati. Le famose barche senza randa e senza bulbo! Ci lascia un’eredità importante, anni e anni di ricerche atte a rendere la propria barca il più sicura possibile.

LA VITA DI ERNESTO TROSS, VELISTA VISIONARIO

Nel 1961 scopre la vela e se ne innamora, decidendo di autocostruirsi la prima barca, acquistandone i disegni: inizia con il Malibù, una canoa a bilanciere disegnata da Warren Seaman, a cui segue l’Outlaw, un trimarano in compensato marino progettato da Norman Cross. Delle prime sette barche che costruisce ne compra i disegni, poi, acquisita l’esperienza, si lancia nella progettazione.

Il varo di Orso Grigio

Dal 1982 al 2000, facendo base in Malesia, ha navigato per tutta l’Asia, viaggiando anche all’interno del continente con il motorino e i mezzi pubblici. Quando ha deciso di tornare a casa, ha venduto la barca come rottame, a peso, in Oriente, ma si è portato via diversi pezzi tra cui le porte stagne, gli oblò, le ancore, le cime e tanti altri ancora, che ha riutilizzato immediatamente per costruire (nel 2000, su un prato messogli a disposizione nel cantiere di Mario Giua, a Fiumicino) il 9 metri Orso Grigio, ovviamente a spigolo e in alluminio; questa è stata la sua prima barca, disegnata da solo, senza chiglia.

Aveva comunque una randa, steccata e ad alto rapporto di allungamento, ma ingarrocciata su un paterazzo perfettamente verticale distanziato dietro l’albero (che era quindi inclinato verso poppa) per non soffrire le turbolenze di quest’ultimo.

Orso Bianco

Nel 2009, però, non ha fatto in tempo a mettere la voce in giro che voleva vendere l’Orso Grigio che qualcuno gliel’ha subito comprato. Così, ha realizzato l’Orso Bianco (l’“orso” è lui stesso, il “grigio” e il “bianco” sono i colori dei suoi capelli cambiati negli anni), con lo scafo uguale alla barca precedente, ma lungo 10 metri, armato con un albero posizionato molto a poppa, sul quale sono issati solo vele di prua (fiocchi, genoa, trinchette, yankee e, a volte, carbonere).

Gli interni di Orso Bianco

Per Tross, Orso Bianco è la rappresentazione della barca ideale per chi vuole navigare: semplice e sicura.

Due caratteristiche ottenute eliminando la randa e la chiglia, ma anche attraverso una serie di piccoli altri dettagli. Qui ci aveva parlato della randa come “inutile, costosa e antipatica”.

D’altronde, nei suoi vari libri (La mia barca sicura”, “Contro la randa. E altre eresie sulle mode nautiche correnti” etc…) il vulcanico progettista non ha mai fatto mistero della sua filosofia progettuale. Filosofia che ci aveva raccontato in due belle interviste. Buon vento, Ernesto!

Abbiamo sintetizzato il “Tross pensiero” in un decalogo: ecco le regole che dovrete seguire se vorrete realizzare una barca da crociera che sia veramente sicura e marina.

Schermata 2015-05-13 a 18.09.41IL DECALOGO DI TROSS

1. Scafo e coperta in alluminio. A differenza del ferro e dell’acciaio, non presenta il rischio di arrugginire specialmente dall’interno nelle zone poco ispezionabili. Buon compromesso in fatto di leggerezza e resistenza agli urti.

2. Niente bulbo, niente chiglia fissa per evitare l’effetto ‘’sgambetto’’ e tendenza a straorzare. La zavorra è disposta in sentina, è composta da pani di piombo rimovibili in caso di emergenza nel caso si dovesse alleggerire la barca.

3.Piano antideriva con appendici (deriva e timone) a baionetta, sistema più semplice che i meccanismi pivotanti. Lama di deriva in legno: in caso di urto si schiaccia, funge da fusibile e risulta facilmente riparabile.

4. Niente randa, quindi niente boma e rischi collaterali. L’armo sviluppato prima con la goletta Sira 2 poi ridotto a sloop con l’Orso Bianco prevede un albero arretrato e un piano velico con genoa, yankee o trinchetta. è possibile un’ampia combinazione di vele di prua secondo le andature.

 5. Prora a forma di T (da cui il nome T-boat) tipo porta-aerei. In porto, l’ormeggio di prua è sempre più semplice, l’accesso a bordo rimane facile e la privacy in pozzetto è garantita. La larghezza della piattaforma permette di imbarcare il carrello della spesa, le biciclette o il motorino. Quest’ultimo è una delle passioni di Tross. Alzi la mano però chi in crociera non ha mai noleggiato un motorino per visitare l’entroterra?

DSC_07086. Scafo a doppio spigolo e con fondo piatto per facilitare la costruzione e per avvicinarsi alla forma strutturalmente perfetta del cilindro. Rispetto al precedente progetto (Grey Bear o Orso Grigio), il White Bear è più immerso per abbassare il centro di gravità. Aumenta anche la capienza dei serbatoi in sentina.

7. Niente tuga. Sopra i dieci metri non è indispensabile per creare altezza negli interni ed è un elemento che indebolisce la struttura e complica anche la circolazione in coperta.

8. Scafo veramente e completamente stagno: tutte le aperture (gavoni, osteriggi, oblò, tambuccio) devono essere perfettamente impermeabili, così come l’albero.

9. Sovradimensionamento degli elementi vitali, in particolare dell’attrezzatura e dell’armo. Quello che i progettisti accademici chiamano “fattori di sicurezza” vengono stabiliti al rialzo con ampio margine.

10. “Il diavolo è nascosto nei dettagli” dicono gli anglosassoni, e avendo studiato lo yacht design da fonti perlopiù anglosassoni, Tross riprende questo principio nei suoi progetti.


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