Travolti dalla tempesta! Come l’abbiamo gestita (e cosa abbiamo imparato)

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Nove Beaufort (burrasca forte) su un J80. Ricordate la tempesta della Bol d’Or del 2019? Ad agosto si è ripetuta: ecco il racconto del nostro collaboratore Luigi Gallerani, che al timone J80 dello Yachting Club CERN (di cui è presidente), ci racconta come ha gestito,  insieme al proprio equipaggio, le raffiche di 45 nodi che hanno investito il agosto 2020 Ginevra e il Petit Lac, la parte occidentale del lago Lemano. (foto di apertura di Loris von Siebenthal)

COSI’ ABBIAMO AFFRONTATO LA TEMPESTA

Luigi Gallerani 10 minuti prima della tempesta descritta nell’articolo

Preparazione e un buon equipaggio, a questi due elementi credo vada il merito di aver affrontato, senza particolari problemi,  la tempesta di 9 beaufort che si è abbattuta sulla nostra barca. 

Ogni giovedì alle 18h, il nostro Club organizza le uscite sociali. Cielo limpido con qualche nuvola, caldo, e il classico vento di leggero da NE, detto “vento Bianco” soffiavano sul Port Choiseul a Versoix.

Avevamo guardato le previsioni, e sapevamo che un forte temporale sarebbe arrivato per le 19.30, fenomeno abbastanza comune, tuttavia, nessuna allerta di MeteoSuisse per il lago era ancora stata lanciata, tante le barche in navigazione. L’acqua del lago a 26 gradi e luce fino a tarda sera, erano comunque una sicurezza in più. Ci siamo dunque preparati ad uscire.

Come equipaggio avevo altri quattro soci, un uomo e 3 donne, sapevo avevano fatto parecchie uscite e la formazione nel nostro club,  avevano una buona esperienza. Tra i cabinati del club disponibili (due Surprise, J70, J80, Dynamic 3000, Gibsea) sapendo delle previsioni, ho scelto di navigare sul J80, l’unica barca di classe B.

In porto, ho deciso in via preventiva di ammainare fiocco e chiedere all’equipaggio di armare la tormentina. Randa già terzarolata (una sola mano disponibile). Tutti hanno indossato i giubbotti di salvataggio. Verificato il pieno benzina per il piccolo fuoribordo da quattro cavalli siamo usciti. 

C’erano condizioni da Gennaker. Per circa un’ora abbiamo navigato con randa piena e tormentina, sicuramente sotto invelati, visto che tutte le altre barche in navigazione, armavano il genoa. Questo eccesso di prudenza ha scatenato un po’ di ilarità a bordo, e son sicuro anche in banchina, ma questa scelta mi rendeva molto tranquillo, perché sapevo la barca era pronta. Per carattere, a mettermi in difficoltà come skipper, sono più  il senso di impreparazione e ritardo nella manovra, qualsiasi essa sia, che la difficoltà delle condizioni da affrontare in sé.

Capire che vento verrà. Se una forte scarica temporalesca si fosse abbattuta su Ginevra, il vento sarebbe girato di 180 gradi,  per cui, per restare nei paraggi del porto di Versoix, ho deciso di navigare verso  sud, al lasco proprio verso il temporale. C’erano condizioni tranquille, l’equipaggio ha avuto modo di fare pratica armando e issando il gennaker. Vedere l’andatura delle altre barche più vicine al fronte temporalesco, mi dava costanti preziose indicazioni sulla entità delle condizioni in arrivo.

Avviso di vento forte. Verso le 19, la situazione è cambiata rapidamente, il cielo ha iniziato a farsi molto scuro sopra Ginevra a una forte precipitazione si è abbattuta sulla città. Il mio equipaggio ha ammainato il gennaker in meno di un minuto e ho chiesto di disarmare completamente le scotte per aver la coperta pulita. Si sono accesi nel porto i fari di avviso di forte vento. In quel momento, abbiamo  subito e cambiato rotta, andatura di bolina ideale per terzarolare, prua a Nord. Se fosse arrivata la sventolata, dovevo farmi trovare di poppa rispetto al vento, con prua verso acque libere. 

La tempesta. Dopo circa 3 minuti, i fari di allarme (40 lampi al minuto) sono passati da vento forte a tempesta (90 lampi al minuto). Ho capito che non sarebbe stato un semplice temporale. E’ la seconda volta in 10 anni che  vedo i fari accesi. La prima fu due anni fa mentre assistevo alla Bol d’Or, al tempo riuscii a rientrare in porto con largo anticipo sul Surprise. Le condizioni erano identiche, solo ora più rapide. Sapevo che sarebbe a breve successo il pandemonio. Due cabinati stavano rientrando in porto, dove ho visto un gran movimento. Molti club erano fuori, per cui ho deciso: rimanere a centro lago, lontano dalla costa, e nemmeno tentare di rientrare era la scelta più sicura.

Ammaina randa! Non c’era vento ancora, anzi era quasi calmo di bolina. Ho immediatamente chiesto di ammainare completamente la randa, e qui il mio equipaggio ha dato veramente prova di esser veloce. Subito rizzato la vela maestra al boma in 3 punti con le cinghie. Si son prodigati a metter in chiaro le cime. Acceso il fuoribordo, lasciato in folle.  Dopo pochi secondi un muro d’acqua gelata e le prime raffiche da 4-5 beaufort si sono abbattute su di noi, di poppa. Al timone mi son concentrato sulla rotta, puntando di lasco al centro lago dove non ci fossero altre barche, ho cazzato a ferro il paterazzo, e dopo ho chiesto a 2 membri dell’equipaggio di andare in cabina e chiudere il tambucci e accendere le luci.  Abbiamo navigato al lasco di tormentina per circa un minuto.

Non si vedeva nulla poi il pandemoni. Ho visto arrivare l’aerosol di acqua sollevato dal vento. Le onde in pochi secondi si sono alzate di un metro, forse due non so di preciso, hanno iniziato a far rollare e beccheggiare la barca. Visibilità massima 100 metri. Pioggia torrenziale e le prime due raffiche hanno dato uno scossone fortissimo all’albero.  La barca ha iniziato ad accelerare ed e’ entrata in planata. L’albero ha iniziato a vibrare facendo un suono metallico del tutto poco rassicurante, e una bella catenaria si e’ formata sullo strallo, nonostante paterazzo e drizza tormentina fossero cazzati a ferro. Un’altra sferzata così e perdiamo l’albero ho pensato. 

Barca sdraiata. Il rumore è assordante, ci si intende appena con l’equipaggio pur urlando. Una serie raffiche forti in combinazione con un’onda più grande delle altre sopravento, han sdraiato la barca a sinistra, per fortuna non si è “intraversata”. Io e gli altri due rimasti in coperta, sia quasi finiti in acqua, falchetta sommersa. Il mio secondo si è aggrappato al boma, ma questo ha fatto abbassare il boma all’altezza degli winch, per cui mi son precipitato a poppa per evitare di prendere il boma sul fianco,  urlando di mollare subito la presa! Quando si è a bordo, il rollio  sembra più accentuato, ma non credo in realtà la barca si sia mai inclinata più di 70 gradi.  Dopo poco la barca è tornata su, ed è rollata a dritta, per poi rollare di nuovo a sinistra. Così era pericoloso, dovevo restare molto più concentrato per evitare che si ripetesse. Ho deciso di rollare anche la tormentina prima di mettere a rischio l’albero. Il mio equipaggio c’è riuscito alla prima, lunga vita al frullone. A secco di vele, stavamo navigando di poppa a quelli che ho stimato, dal comportamento della barca, circa 6-8 nodi. Abbiamo  perso un po di carburante dalla tanica, che si è rovesciata, ma il motore con mia sorpresa è rimasto acceso.

Devo imparare a navigare senza vele. La cosa più difficile era riuscire a tenere la barca al lasco, e seguire le onde, senza traversarsi. Ci ho messo un po’ a capire come la barca rispondesse senza vele.  Mi son venute in mente i racconti relativi all’uso dell’ancora galleggiante, ne ho colto l’utilità, sarebbe stato utile essere frenati a poppa, ma ho anche capito quanto sia  proibitiva l’idea di mettersi ad armeggiare con simile attrezzatura (che comunque non avevamo a bordo). 

In tempesta è tutto velocissimo. La realtà della tempesta, è che tutto è velocissimo, si riesce a stento a tenersi stabili a bordo senza cadere, e non si ha il tempo di guardarsi alle spalle per vedere che onde in arrivo. Il mio secondo ha iniziato a guardare le onde per me, ed è stato utile per poter anticipare con il timone. A quel punto son scesi tutti in cabina, tranne il mio secondo, e siamo rimasti in coperta solo in due. Ogni 5 minuti gli chiedevo news dalla cabina, mi han detto che era ok, tranne un po’ di vomito. La mia unica vera preoccupazione era che qualcuno finisse fuoribordo, per cui ho urlato al mio secondo di stare basso e tenersi. Eravamo entrambi seduti a centro barca, sdraiati sopravento con le braccia salde alle draglie.

Serve potenza a prua. Per circa 5 minuti abbiamo continuato a secco di vele,  ma stavo timonando male.  Così abbiamo provato ad aprire solo un fazzoletto di tormentina, credo circa 1mq, e questo ha stabilizzato notevolmente la barca, riuscivo a tenere il gran lasco e controllare le onde, senza stressare l’albero ed essendo delicato al timone. Ovvio, ho pensato, perchè non l’ho fatto 5 minuti prima?  A quel punto era come stare su una grossa deriva. 

Barca a posto, equipaggio sicuro, assicuriamoci di evitare collisioni. In lontananza, ho intravisto le luci del bellissimo traghetto a vapore, barca storica regina del lago in servizio regolare, anche lui di poppa, a circa un mezzo miglio di distanza, al mio fianco. Questo mi ha rassicurato ancora di più: se lui era li, sottovento rispetto a me, voleva dire che eravamo a centro lago, lontani abbastanza dalla costa. Avremmo dovuto continuare finché non fosse passata la tempesta. Ho chiesto guardare che non ci fossero altre barche nei paraggi. 

Si può navigare nella burrasca. La sensazione che tutto fosse sotto controllo che mi ha  fatto rilassare. Ho iniziato a timonare molto meglio. Mi son guardato attorno, ho stimato raffiche a 40 nodi di vento (Anemometro SNG registrerà 46 nodi). L’aerosol di acqua che spazzava il lago rendeva tutto bianco, il cielo viola, i fulmini e i tuoni e qualche ombra dei profili del Jura. Le onde erano alte e corte, molto diverse da quelle del mare.

Pensiero. Poveracci quelli in cabina, deve essere una esperienza vomitevole, invece in coperta gli spruzzi di acqua dolce non sono fastidiosi come quelli d’acqua salata. Nonostante le condizioni, il mio pensiero è stato un mix di concentrazione, fascino e nei 10 minuti successivi, una consapevole tranquillità, non dico benessere, ma piacevole esperienza si. Non c’erano più manovre da fare o ordini da impartire: è tutto a posto ho pensato, la barca galleggia, è navigabile e la stiamo gestendo, meglio di così non possiamo fare, tra poco finisce tutto…. ed è affascinante. Ho pure chiesto all’equipaggio dalla cabina di “fare foto” ma credo la mia richiesta sia stata ignorata (o che mi abbiano tirato qualche accidente).  

Ma dove siamo? Appena si è dipanata un po la foschia, ho riconosciuto Coppet, avevamo percorso circa 4 miglia nautiche da Genthood in circa 30 minuti, con un fazzoletto di tormentina (quindi media di circa 8 nodi). In lontananza qualche luce blu delle barche di salvataggio che iniziavano a uscire. Ho sentito i tuoni provenire di fronte a me, il vento ha iniziato a ruotare, e sempre andando di gran lasco, ho notato che stavamo cambiando rotta. La parte centrale della cella temporalesca ci aveva superato, ora stavamo prendendo il vento generato dalla scarica d’acqua a ridosso della perturbazione, in senso opposto a quello di prima. Quel vento avrebbe calmato le onde. Perfetto! Saremmo tornati in porto sempre al lasco. Diminuite le raffiche, abbiamo aperto tutta la tormentina, abbiamo virato in poppa verso Versoix. Chi era in cabina è potuto uscire, il peggio era passato.

Issare la randa e rientro. Con circa 5 beaufort, contro le onde, con sola tormentina, eravamo quasi fermi. Abbiamo tentato di dare motore, ma 4 cavalli fuoribordo sono inutili, l’elica saltava fuori dall’acqua a ogni onda, per cui ho chiesto issare la randa con una mano, e da lì, è stata una sempre più tranquilla navigazione verso il porto. Nel giro di mezz’ora è tutto finito, ci siamo ormeggiati senza problemi a motore. C’erano i segni di un bel disastro, catamarani rovesciati, barche con fiocco strappato, un cabinato ha disalberato, e rami, pigne e materiale vario sparso ovunque. Ho chiesto piu volte all’equipaggio se fossero ok, e a parte un po di spavento e nausea, nessun problema apparente, e anzi, i primi sorrisi.

Considerazioni finali sul J80 tempesta. E’ andato tutto bene perché ci siamo preparati con largo anticipo, è la mia prima tempesta da 9 bft  vissuta in navigazione, un’esperienza molto educativa da cui abbiamo imparato tutti molto. Alcune considerazioni veliche. Senza almeno una persona di equipaggio, un J80 non è gestibile in solitaria in tempesta. La tormentina è essenziale, così come lo è il frullone. Non saremmo mai riusciti ad ammainare il fiocco, che si sarebbe sicuramente strappato sotto raffica. Andare a prua con quel rollio su un daysailer è impensabile. La visibilità è ridotta, si naviga quasi alla cieca, impensabile tirare fuori uno smartphone con il Navionics. Un amantiglio avrebbe fatto comodo per trattenere il boma sollevato, eliminando un potenziale pericolo. Il pozzetto largo con pochi appigli non aiuta, una lifeline a centro barca sarebbe stata utile, provvederemo ad armarla Il J80 si è effettivamente rivelato gestibile e sicuro, in una tempesta estiva di breve durata,  di un beaufort sopra i limiti della  categoria di omologazione. Un buon equipaggio che sa cosa fare,  in tempi rapidi, senza fare casini, è la vera chiave della sicurezza.

 


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