Le gioie e i dolori dello spinnaker: ecco come domare la “bestia”. PRIMA PARTE

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Basta pronunciare la parola spinnaker per provocare panico e paura in molti velisti, soprattutto nei croceristi. Tra tangone, straorze e strapogge, questa vela è una delle più temute. Ma come spesso accade questa paura in realtà è il frutto di una poca conoscenza. Quando parliamo di barche lente infatti, dove per lente intendiamo non plananti, se vogliamo navigare ad angoli da vera poppa (ovvero dai 150 gradi ai 180), non c’è nessuna vela che ci consenta di farlo meglio dello spinnaker simmetrico.

SPINNAKER VS GENNAKER

Si tratta un po’ della “guerra” degli ultimi anni che almeno nella moda viene vinta a mani basse dal gennaker. Quest’ultimo è una vela asimmetrica che non ha bisogno di tangone, al massimo di un bompresso, ideale se vogliamo navigare intorno ai 120-130 gradi. Sempre riferendoci a barche dislocanti, con il gennaker navigare più poggiati di questi gradi risulta difficile, soprattutto se senza bompresso: l’apparente, per via della poca velocità della barca rispetto al vento, si sposta poco verso prua, la vela tende a collassare venendo coperta dalla randa, e alla fine saremo costretti a riorzare e la velocità che faremo non giustifica la strada in più imposta. Ciò significa che se abbiamo il vento in perfetta poppa saremo costretti a fare diversi bordi, e strambate, con molta più strada. Il gennaker su queste barche è certamente perfetto per la crociera. Se iniziamo a parlare invece di regate tra le boe o, per esempio, di una traversata oceanica, per le barche non plananti diventa fondamentale affrontare il tema spinnaker. Diverso il discorso per le plananti. Una barca come un Tp 52, o un monotipo, o un Class 40 (per citare tre tipologie diverse), planano con facilità e giustificano la strada in più che ci impone il gennaker nella discesa al lasco con una velocità importante. Velocità che per altro fa si che l’apparente si sposti verso prua e gli angoli di discesa alla poggia migliorino avvicinandosi addirittura a quelli di una vela simmetrica. Per questo motivo non si può parlare della bontà di una vela in linea teorica ma la si deve rapportare al tipo di barca e soprattuto al tipo di navigazione che intendiamo fare.

LA PERFETTA REGOLAZIONE DELLO SPINNAKER

Partiamo dalla sua issata. Se ci troviamo in regata sullo spinnaker devono lavorare in sincronia quattro membri dell’equipaggio: il timoniere, il drizzista, il trimmer alla scotta e il suo aiuto al braccio. L’issata parte, gradualmente, qualche lunghezza prima della boa. Il prodiere deve, precedentemente, allungare una parte della base della vela, la porzione che porta alla bugna della scotta, fuori dal sacco e stenderla sul bordo in modo da facilitare l’apertura della vela non appena questa prenderà vento. Soprattutto se l’issata avviene con brezza tesa il timoniere dovrà posizionare la barca già quasi in poppa per evitare il rischio della straorza facendosi sorprendere con un angolo al vento troppo stretto. Una volta che l’issata parte l’errore più comune dei trimmer è di avere subito l’ansia di cazzare la scotta. Niente di più sbagliato. Cazzando la scotta in anticipo non faremo altro che nascondere la vela, che non sarà ancora perfettamente quadrata mentre la issiamo, dietro la randa. Facendo ciò lo spinnaker avrà difficoltà a prendere aria e gonfiarsi, il timoniere dovrà orzare, la vela si gonfierà all’improvviso mettendo sotto stress l’attrezzatura e rischiando di andare fuori controllo subito. Il trimmer deve aspettare che la vela prenda aria, si gonfi, e solo a quel punto cazzare leggermente la scotta per averla in controllo. A quel punto l’aiuto del trimmer dovrà avere già quadrato il tangone in base all’andatura che si intende fare. Più si naviga bassi più la vela sarà esposta sopravvento, e viceversa. I due trimmer devono lavorare in sincronia. Se la scotta viene lascata il tangone va quadrato, e viceversa, questo per quando riguarda le macroregolazioni. Per quanto riguarda la regolazione di fino non sarà mai statica. Il trimmer cercherà di continuo, praticamente senza sosta, l’orecchie della vela. Ovvero lascherà fin quando il bordo di entrata sopravvento della vela non farà la tipica “orecchia”. A quel punto cazzerà leggermente, e poi ripartirà subito dopo a lascare. Portare uno spinnaker troppo cazzato, senza andare a cercare l’orecchia, significa tenerlo troppo sotto la randa, depotenziarlo e perdere cavalli.

STRAPOGGIA? NO GRAZIE

Strapoggiare è una delle esperienze meno gradevoli che possano accadere in barca a vela, soprattutto perché la cosiddetta “strambata involontaria” avviene ovviamente sotto spinnaker. Succede quando si naviga molto bassi in poppa con vento forte, ed è la porzione di spinnaker esposta sopravvento quella che spinge la barca alla poggia con tutto ciò che ne consegue. Il gioco è quindi di tenere lo spinnaker quadrato quanto basta per scendere abbastanza poggiati, ma non troppo. Con 25-30 nodi non terremo mai il tangone completamente esposto come faremmo magari con 12-15, ma occorre essere un po’ più conservativi, tenere la vela meno esposta e non cercare sempre la massima poggia, per evitare spiacevoli conseguenze.

Nel video che vi proponiamo sotto la barca naviga molto poggiata con vento sicuramente oltre i 20 nodi. Lo spinnaker giustamente non è eccessivamente quadrato. Si sente il tailer che lasca la scotta e non appena la barca sbanda leggermente sopravvento, correttamente, cazza per farla ritornare piatta e dare spinta. Al secondo rollio però probabilmente la raffica è più forte e nonostante il tailer cazzi la scotta la barca parte in strapoggia. Notiamo due errori: l’uomo al braccio dello spi non è pronto a strallare. La vela resta quadrata nella stessa posizione fino a quando la barca non stramba involontariamente. Il braccio dello spinnaker in questi casi è una sicurezza e la sua correzione deve essere molto dinamica. Appena la barca accenna a sbandare sopravento, date le condizioni, il tailer risponde strallando qualche centimetro di braccio mentre il trimmer della scotta contemporaneamente cazza. Così facendo proteggiamo un po’ la vela dietro la randa e ne esponiamo una porzione minore sopravvento, in pratica la depotenziamo leggermente. Contemporaneamente si vede anche che il timoniere non anticipa la correzione, inizia a muovere il timone quando la barca è già partita e non c’è più nulla da fare.

La strambata sotto spinnaker, nelle sue varie condizioni, merita un approfondimento a se stante: non perdete la prossima puntata!

Mauro Giuffrè

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