STORIE DI MARE Intorno al mondo con venti chili di parmigiano. “Questa è la nostra pensione”
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Una bella storia, tratta dal numero di luglio del Giornale della Vela del 2018, che vi riproponiamo volentieri.
Venti chili di parmigiano sottovuoto, quindici litri di aceto balsamico di Modena (“lo produco io, sia chiaro. Nel rispetto della tradizione”), tortellini a gogò, 250 bottiglie di vino. Sembra la lista della spesa di una trattoria emiliana.
Invece era parte della cambusa dell’Amel Super Maramu Festina Lente, con cui i modenesi Vittorio Setti (l’aceto è merito suo) e Silvano Sighinolfi sono salpati per la circumnavigazione del mondo durata due anni, dal 2013 al 2015, che ora il settantenne Vittorio (Silvano è due anni più giovane) ha raccontato nel libro “Il mio giro del mondo a vela a 68 Anni… si può fare!”.
I due si conoscono fin da ragazzi: “Eravamo compagni alle superiori, entrambi frequentavamo l’Istituto Tecnico Industriale”, racconta Vittorio. Una specializzazione importante, che oltre ad averli aiutati nel lavoro (Setti è a capo del ferramenta più antico di Modena), si è rivelata cruciale anche nella loro avventura: “A bordo sappiamo mettere le mani ovunque”, spiega Silvano, “nove lavori su dieci li abbiamo eseguiti noi. Io sono più tagliato per l’elettronica, Vittorio s’intende meglio di motori e ovviamente di bricolage”.
Due amici di vecchissima data, dalle capacità complementari, uniti dalla passione per la vela e con la voglia di esplorare il mondo tipica dei ragazzini: questi gli ingredienti chiave che hanno permesso a entrambi la realizzazione di un sogno comune.
Vittorio ne ha da raccontate sul suo passato: “Da giovane ho praticato nuoto, aeromodellismo, volo. A undici anni ho mosso i primi passi su una vecchia ‘passera’ in legno, un derivone che il mitico pilota della Ferrari Dorino Serafini, pesarese doc e amico di mio padre, utilizzava per andare a pescare. Intorno ai 20 anni a Lignano Sabbiadoro ho partecipato a due corsi di vela, su Flying Junior e derive simili: erano lezioni vecchio stile, la lavagna era la sabbia sulla spiaggia! L’anno successivo ero già aiuto istruttore”. Il seme della vela era impiantato: “Quante cose che ho fatto! Ma, tengo a precisare, ho anche lavorato tanto”.
Successivamente Setti entra nel mondo delle barche a bulbo, sarà armatore di varie imbarcazioni ma è soltanto una a stregarlo, uno Swan 38 di Sparkman & Stephens che ha gelosamente conservato per tutta la sua carriera di regatante (40 anni tra le boe con il fratello) e che ora è passata al figlio. Intanto, Vittorio esplora il Mediterraneo in lungo e in largo e, in parte, se ne stanca: “Basta vacanze in Corsica, Sardegna, Croazia e Grecia. Io volevo mettere il naso oltre le colonne d’Ercole”.
E qui entra in gioco l’amico di sempre Silvano, ora in pensione dopo tanti anni nel mondo della pubblicità. Sighinolfi si appassiona al mare fin da giovane, oltre alla vela a Milano Marittima si appassiona alla subacquea. Nel 2000 diventa armatore di un Dufour 38 e parte per crociera sulle coste croate e in Grecia, nel 2007 compie la sua prima esperienza oceanica prendendo parte alla ARC (regata transatlantica annuale dalle Canarie a Saint Lucia, nei Caraibi) a bordo di una barca inglese e comprende anch’egli quanto il Mediterraneo gli stia ‘stretto’.
Una volta ceduta la sua attività chiede a Vittorio di condividere l’avventura delle avventure. Il giro del mondo a vela, in due, con calma. Altro che vita dei pensionati in pantofole! Setti ci pensa e in poco tempo arriva il si. Le rispettive famiglie dovranno farsene una ragione: i due ultrasessantenni sono irremovibili.
L’idea è quella di prendere parte alla ARC, raggiungere i Caraibi e da lì iniziare il giro del mondo vero e proprio, da est verso ovest, iscrivendosi alla World ARC (sono pochissimi gli italiani che decidono di lanciarsi in questo splendida circumnavigazione del globo in ‘flottiglia’, lunga all’incirca un anno e mezzo).
Ok, ma con quale barca? “Dopo alcune resistenze di Vittorio, che era orientato su una barca stile Hallberg Rassy”, racconta Silvano, “sono riuscito a convincerlo ad acquistare un Super Maramu del 2003. Secondo me era la barca giusta per due ‘vecchietti intorno al mondo’ come noi”. “Esteticamente non è il massimo” precisa Vittorio, “ma è sicura e per due velisti non di primo pelo, intenzionati a spararsi 40 mila miglia di navigazione, è perfetta. Anzi, ora che l’ho testata posso dirlo: è l’unica scelta possibile!”.
I due ritirano la barca a Gallipoli, la ribattezzano ‘Festina Lente’ (in latino, ‘affrettati lentamente’: un motto attribuito all’imperatore Augusto dallo scrittore latino Svetonio: “Senza indugi ma con cautela”, spiega Sighinolfi, “proprio come il nostro modo di andare in barca a vela) e la portano a La Spezia per i lavori di preparazione.
“Per sistemarla al meglio”, racconta Silvano, “è servito più di un anno. Gps, plotter, nuova elettronica di navigazione. Abbiamo poi installato una trinchetta avvolgibile, un doppio pilota automatico e radar, AIS e radio SSB con modem Pactor”. Grazie all’aiuto di due amici spezzini, Fabrizio e Pier, che curano maniacalmente la preparazione, la premiata ditta Setti-Sighinolfi è pronta per l’avventura e molla gli ormeggi da Spezia l’11 agosto 2013.
I due, pur essendo una coppia già ‘rodata’, cominciano a prendere confidenza con la vita in barca e le sue regole, la gestione dei turni di guardia, i pasti. Una tappa alle Baleari, poi Gibilterra, Madera e le Canarie. Da qui i due, in compagnia dell’amico medico Mario Bianchi, varcano la linea di partenza della ARC.
“Siamo andati bene”, racconta Vittorio, “il Super Maramu, con il suo sistema di doppi tangoni, è una barca che tiene la rotta perfettamente ed è in grado di navigare alla grande alle portanti e persino in poppa a filo. Dove le altre barche sulla carta più performanti dovevano orzare per crearsi il vento apparente, noi riuscivamo a stare più bassi e a guadagnare sulla VMG. Abbiamo chiuso quarti, dopo 19 giorni e due ore. All’arrivo, su quasi tutte le barche abbiamo visto le cerate stese ad asciugare al sole. Noi non abbiamo mai indossato la cerata, anche con onde che spazzavano la coperta ed entravano in pozzetto. Merito del tendalino stagno che avevamo installato e di una barca che si stava rivelando davvero azzeccata”.
Una volta ai Caraibi, a Saint Lucia, inizia la vera impresa: Vittorio e Silvano prendono parte alla World ARC, nel gennaio del 2014, dopo un Natale passato tra Saint Lucia, Bequia e Tobago Cay: “Eravamo l’unico equipaggio, dei 38 iscritti, ad essere composto da due persone, tra l’altro di 68 e 66 anni”, ricorda Sighinolfi.
La prima tappa porta Festina Lente alle isole San Blas (“Sei ancora in Atlantico ma ti sembra di essere in Pacifico. Magnifiche”), poi è la volta dello stretto di Panama. A proposito, come avviene la traversata? “è salito a bordo un advisor locale”, spiega ancora Silvano, “che è rimasto a bordo per tutto il tragitto a controllare che le operazioni si svolgessero correttamente. Si sono formati ‘pacchetti’ di tre barche, noi eravamo a lato di NDS Darwin, un grosso catamarano di amici argentini: si avanza nel canale all’interno delle chiuse e mentre l’acqua sale, tramite cime fermate a terra si cerca di tenere il pacchetto in centro al canale.
Abbiamo trascorso la notte alla boa nel lago Gatun e al mattino all’alba siamo ripartiti per attraversare il lago e dopo una trentina di miglia, fra canali in mezzo a vegetazione lussureggiante, siamo arrivati alle chiuse Miraflores e da lì dopo essere passati sotto il famoso, vecchio ponte delle Americhe, siamo sfociati nel secondo oceano”.
Davanti a Panama City i due fanno provviste per la traversata verso le Galapagos, dove “il tempo sembra essersi fermato. Abbiamo incontrato leoni marini, pinguini, tartarughe, abbiamo nuotato anche con gli squali!”. Dopo questo paradiso, Vittorio e Silvano fanno rotta verso le isole Marchesi con una traversata non-stop di 3.000 miglia. Dopo 17 giorni di navigazione (circa 180 miglia al giorno, grazie a un vento costante al lasco di 20 nodi) arrivano a Hiva Oa.
“Abbiamo capito perché artisti come Gauguin e Jacques Brel abbiano deciso di trascorrere lì buona parte della loro vita”, dice Vittorio, “sono isole ancora lontane dal turismo di massa e racchiudono bellezze naturali incomparabili. Servirebbero anni per visitare tutto l’arcipelago. La gente è fantastica: ogni volta che scendevamo a terra sbucava qualcuno e ci offriva frutta di ogni genere, cocco, mango, papaia, banane”.
Nei mesi successivi Festina Lente naviga alla scoperta di Bora Bora, Tuamotu, Fiji, Tahiti. “Siamo rimasti particolarmente impressionati dall’atollo selvaggio di Suwarrow, isola più a nord dell’arcipelago delle Kooks: l’isola è deserta ma un certo Tom Neale vi ha vissuto per cinque anni come un moderno Robinson Crusoe”, ricorda Sighinolfi. “Un altro posto incredibile è Tanna, nell’arcipelago di Vanuatu, dove l’ospitalità e la generosità della gente è fuori dal comune.
Poi è la volta delle coste australiane e della Great Barrier. A Mackay Festina Lente viene perquisita dalla polizia australiana alla ricerca di droghe, armi, sementi, vegetali e quant’altro ritenuto pericoloso per la biodiversità: “Ci hanno sequestrato due salami modenesi congelati!”. Da Darwin i due navigano verso Bali, poi le isole Cocos (“meravigliosa Cocos Keeling, con le sue acque multicolore), Mauritius, Reunion e Richards Bay, in Sudafrica: “La tappa più dura in assoluto quella da Reunion a Durban, a causa delle mutevoli ed improvvise condizioni di vento e mare e dalle forti correnti che cambiano direzione senza regole precise”.
Nel gennaio del 2015, dopo aver avuto il tempo di innamorarsi del Sudafrica, Vittorio e Silvano ripartono per Sant’Elena, poi approdano a Salvador De Bahia proprio durante il carnevale. Per “riposarsi” dopo le feste brasileire i due ritrovano la pace nell’incontaminata isola di Fernando De Noronha. Poi via verso Fortaleza e l’ultima tappa in direzione Grenada e Saint Lucia, dove il 3 aprile del 2015 chiudono la World ARC.
Ma non è finita qui: dopo la Pasqua a Bequia, rotta verso le Bahamas, poi le Bemuda fino alle Azzorre: “Una traversata impegnativa, con venti da 30 a 45 nodi. Dio benedica il tendalino impermeabile!”, racconta Vittorio. Da Gibilterra, i due ritornano a La Spezia, dove entrano in porto l’11 luglio del 2015, dopo un anno e undici mesi in mare, 42.000 miglia di navigazione, tre oceani e 23 bandiere di rispetto cambiate.
“Non ci siamo mai scannati a bordo, a parte qualche ‘vaffa’ fisiologico. Eravamo amici, ora siamo ancora più amici. In più Silvano è un grande chef: abbiamo mangiato in due anni soltanto tre panini, anche con mare forza 7 lui era ai fornelli. Le sue tagliatelle al ragù sono il migliore degli psicofarmaci, in barca non puoi proprio arrabbiarti con lui”, conclude Vittorio. Il quale, a 70 anni suonati, ci ha fatto sapere che ora gli è ritornata la voglia del Mediterraneo.
Silvano invece ha in testa di lanciarsi nuovamente in un giro del mondo, “questa volta però senza essere legato a una manifestazione come la World ARC, che abbiamo sfruttato per risolvere tutte le ‘magagne’ burocratiche ma che, di fatto, si svolge su tempi contingentati”. Ma Vittorio gliela ‘gufa’ ridendo: “Silvano, e se parti da solo e poi non ti trovano più? Non voglio rischiare di perdere un amico!”.
Eugenio Ruocco
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1 commento su “STORIE DI MARE Intorno al mondo con venti chili di parmigiano. “Questa è la nostra pensione””
Che bravi.
Che bella barca.
Che fortunati. E vorrei vedere, se è vero quel aiutati che…..
Marco Pellanda