Coronavirus, velisti italiani cacciati da Cipro e costretti a una traversata della speranza per tornare in Italia
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Greta e Michael sono due velisti giramondo italiani, che ci hanno contattato per raccontarci la loro “disavventura cipriota” causata dal coronavirus: sono stati costretti a lasciare il paese sulla loro barca nonostante le cattive condizioni meteo. Ingiustamente, secondo noi. Perché va bene il lockdown, va bene tutto, ma non si può rischiare di mettere a repentaglio la vita delle persone.
COSI’ CI HANNO CACCIATO DA CIPRO
“I nostri nomi sono Greta (Höller, anni 27) e Michael (Hofer, anni 30) entrambi cittadini italiani provenienti dall’Alto Adige. Da Aprile 2019 viviamo in barca (un Beneteau Oceanis 393 del 2003) e abbiamo percorso maggior parte del Mediterraneo partendo dalla Sardegna, passando per la Grecia, la Turchia, Cipro e l’Israele per ritrovarci nuovamente a Cipro.
E ora arriviamo subito alla nostra disavventura in corso.
Ad inizio di Febbraio siamo rientrati a Cipro dopo aver trascorso i mesi invernali a Tel Aviv. Per tre settimane siamo rimasti a Larnaca per poi decidere di proseguire verso ovest. A fine febbraio la situazione qui a Cipro era più o meno inesistente e si stava ancora sviluppando, lentamente, in Italia. Durante il nostro percorso a ovest abbiamo riscontrato dei problemi con la barca e abbiamo dovuto fermarci di emergenza a Zigy. Un piccolo porticciolo di pescatori non classificato come marina ma utilizzabile in situazioni di emergenza come la nostra. Tra problemi con il timone e il motore abbiamo trascorso tre settimane a Zigy.
Ormai era fine marzo e la situazione in tutto il mondo era cambiata. Purtroppo Zigy è solo un porticciolo per pescherecci, perciò non dotato di elettricità. Sapendo che era alta la probilbilità di essere rinchiusi in porto per tanto tempo a causa del coronavirus abbiamo deciso di cercare un altro marina che ci potesse fornire elettricità. Lo abbiamo trovato a Latchi.
Prima di partire per Latchi abbiamo telefonato alla capitaneria e alla guardia costiera per assicurarci che fosse ancora possibile navigare. Entrambi ci hanno assicurato che fosse possibile per noi navigare essendo già a Cipro e perciò non c’erano problemi se volevamo cambiare porto, specialmente sapendo che Zigy non era un porto appropriato per la nostra barca. Con queste informazioni ci siamo messi in navigazione. Durante il nostro tragitto ci siamo fermati a Coral Bay dove abbiamo ancorato per due notti a causa di una tempesta che ci impediva di arrivare a Latchi.
L’INIZIO DELLA DISAVVENTURA
Durante la terza giornata a Coral Bay, siamo stati avvicinati dalla guardia costiera di Paphos che ci ha indicato che le leggi erano cambiate e che dovevamo rientrare in porto o lasciare Cipro. Sapendo che sia la Grecia che la Turchia avevano chiuso i confini abbiamo ovviamente optato per rientrare in porto. A questo punto Latchi era ancora a 5 ore di navigazione, perciò ci siamo subito messi in viaggio.
Nel momento in cui abbiamo superato il Capo Arnaoutis siamo stati contattati dalla guardia costiera di Latchi che ci diceva che non potevamo navigare a Cipro e che dovevamo subito lasciare il Paese. Ovviamente eravamo confusi e abbiamo ricontattato la guardia costiera di Paphos. Cosi è partito un battibecco tra la guardia costiera di Paphos e Latchi, finché dopo due ore fermi in mare abbiamo deciso di riprendere direzione verso Latchi essendo vicini al calo del sole. Quando siamo arrivati a Latchi, ormai a tarda sera, la capitaneria ha deciso che potevamo ancorare di fronte al marina per la sera ma che poi avremmo dovuto lasciare Cipro.
Il giorno seguente abbiamo contattato l’ambasciata italiana a Cipro, perché per noi non era ragionevole dover tornare in Italia senza la possibilità di fermarci in Grecia (che aveva chiuso i confini) con le attrezzature di sicurezza a bordo in quel momento. Comunque si parlava di 9 giorni a mare in un Mediterraneo molto instabile. Inoltre eravamo a Cipro oramai da due mesi e avevamo avuto l’approvazione della guardia costiera di poter cambiare porto, perciò per noi aveva nessun senso non poter rientrare in porto.
IL TEMPO PEGGIORA!
L’ambasciata si è subito attivata e ha cercato di trovare una soluzione. Purtroppo durante la giornata le onde e il vento sono cresciuti e a pranzo erano talmente forti che abbiamo dovuto tirare l’ancora per evitare di essere trascinati. Abbiamo ricontattato il porto per farci entrare dicendo che le condizioni meteo stavano peggiorando tanto da essere pericolose. Purtroppo il porto e la guardia costiera hanno rifiutato la nostra entrata e così ci siamo ritrovati a lottare contro onde di 4m e vento fino a 38 nodi (80km/h) per le successive 8 ore.
Per fortuna la sera il mare si è leggermente calmato e quando le onde sono tornare a un metro abbiamo deciso di buttare l’ancora. Erano ormai le 9 di sera e non c’era possibilità che ci lasciassero rientrare in porto anche se noi eravamo a Cipro da più di due mesi, perciò non portavamo nessun pericolo di contaminazione.
Addirittura hanno iniziato a accusarci di mille infrazioni di leggi, dicendoci che ci sorvegliavano da mesi (perciò sapevano che non avessimo mai lasciato le acque territoriali!) e che se ci avessero fatto entrare in porto ci sarebbero state gravi conseguenze e l’apertura di un’inchiesta per la nostra condotta. Stanchi da una giornata in mare aperto, a noi non sarebbe neanche interessato avere conseguenze giuridiche, (a parte che noi sapevamo di non aver infranto nessuna legge) volevamo solo un porto sicuro. Ma la riposta rimaneva negativa.
ACQUA A BORDO
Andando a letto in una barca che dondolava nelle onde di un metro, ci siamo accorti che c’era acqua all’interno dell’imbarcazione. Convinti che fosse solo acqua dalle bottiglie d’acqua immagazzinate sotto il pavimento ci siamo messi a ripulire la barca. Ma dopo qualche tempo ci sembrava troppa l’acqua e non trovavamo una bottiglia rotta. Controllando il motore abbiamo scoperto che anche esso era sott’acqua. Abbiamo lanciato un PANPAN. Dopo una trentina di minuti la guardia costiera ha deciso di accettare il nostro PANPAN e farci entrare in porto. L’attracco a notte inoltrata non è stato per niente amichevole e solo dopo la mezzanotte la guardia costiera, dopo averci fatto mille domande e averci vietato di lasciare la barca ci ha mandato a letto. Per fortuna abbiamo scoperto che la fuga d’acqua era causata “solo” dalla valvola di sfiato dell’acqua di mare del motore, che si era bloccata facendo entrare acqua nell’imbarcazione. Siamo riusciti a risolvere il problema da noi…
“VE NE DOVETE ANDARE DA CIPRO!”
Abbiamo trascorso due settimane in questa situazione. Rinchiusi sulla nostra barca senza possibilità di muoverci, con la continua paura di essere accusati di infrangere leggi navali e con la continua richiesta di lasciare il porto. Ora vorrei precisare che le singole persone della guardia costiera sono simpaticissime, ci hanno aiutato dove potevano, addirittura facendoci la spesa. Comunque la situazione attuale a causa di chiusure delle frontiere non ci dà la possibilità di stare qui a Cipro (anche l’ambasciata italiana ha ricevuto un no dal ministero degli trasporti e della sanità di Cipro).
Abbiamo usato questi giorni in marina per attrezzarci adeguatamente, aggiornando l’attrezzatura di sicurezza e acquistando un Epirb, ultime cose che ci servono per un viaggio così lungo, rifornire i nostri cibi e bevande e prepararci mentalmente a questo viaggio.
Il 16 Aprile abbiamo lasciato Cipro per imbarcarci in un viaggio di 9 giorni per ritornare in Italia. Abbiamo superato i primi 5 giorni, superando mal di mare, onde di 4 metri e vento fino a 30 nodi. Ora ci troviamo a Sud di Creta, dove le istituzione greche ci hanno consentito di ancorare di fronte a un porto e ci porteranno benzina e cibo per la prossima tratta. Poi dipenderà dal Meltemi il quando e il come rientreremo in Italia. Sperando che dopo essere stati a mare per tanti giorni le leggi in Italia ci consentano di rientrare.
Questa è la nostra storia, o meglio la prima parte di esse sperando un buon fine e un ritorno in Italia. Ci fa piacere condividere questa storia, sapendo che ci sono altre barche in una situazione simile alla nostra. Bloccati tra confini senza possibilità di attraccare in nessun Paese perché in mare nel momento del lockdown.
Greta e Michael”
Seguite le loro avventure sulla loro pagina facebook e su https://whensailing.com/
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8 commenti su “Coronavirus, velisti italiani cacciati da Cipro e costretti a una traversata della speranza per tornare in Italia”
Brutta storia e pessima traduzione, “tirare l’ancora, buttare l’ancora, il pavimento della barca, il motore che va a benzina”…insomma, un minimo di decenza, e che diamine!
Buonasera Adolfo, la lettera dei due velisti altoatesini è integrale e “no edit”!
Cordiali saluti,
la redazione
I puristi della vela… racconto intenso che andava esposto in originale. Era chiarissimo. Sono più per la sostanza che per la forma. Molto spesso sono inversamente proporzionali.
Franco….mah…..insomma…..poi per carità va bene tutto…..
Ad ogni modo un altro esempio di questa follia collettiva, come la polizia che si mette a corre dietro a quello che fa jogging da solo in riva al mare……
Insomma…una situazione risolvibile con un minimo, ma proprio minimo di buon senso. Bastava tamponarli e fargli fare la quarantena.
In questa situazione esce il peggio del peggio.
Adolfo quando avrai le palle di fare quello che fanno questi ragazzi alla loro età potrai permetterti di sindacare su ogni termine nautico non correttamente espresso! Anche se probabilmente hanno meno anni di esperienza nautica di molti altri leoni da tastiera o marinai da ferragosto sono sicuramente molto più marinai di molti altri.
Adolfo quando avrai le palle di fare quello che fanno questi ragazzi alla loro età potrai permetterti di sindacare su ogni termine nautico non correttamente espresso! Anche se probabilmente hanno meno anni di esperienza nautica di molti altri leoni da tastiera o marinai da ferragosto sono sicuramente più marinai di tanti!.
Nicolo, commento veramente fuori luogo. Sarebbe bastato osservare, a loro discolpa e posto che ce ne fosse il bisogno, che i due non sono di madrelingua italiana e tutto sarebbe finito lì.
Ma invece di sindacare sul linguaggio usato dai ragazzi e se sono di madrelingua italiana o meno, la pubblicazione della loro storia racconta una situazione davvero incredibile e pericolosa. Invece di criticarli andavano incoraggiati e aiutati moralmente!