Così ho reso la mia passione un lavoro (e ho quasi vinto la Sydney Hobart)
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Oggi vi raccontiamo la bella storia di vita e di vela di Massimiliano Fonzo, un velista italiano specializzato in skiff (le derive acrobatiche tipo 49er) che si è trasferito in Australia per poter coronare il suo sogno: vivere di vela. Dalla “gavetta” come istruttore al “quasi gol” della Sydney Hobart del 2019, dove ha sfiorato il successo sul Tp52 Gweilo. Buona lettura.
La scintilla
La mia famiglia è sempre stata appassionata di mare, sicché fin da quando ho ricordi, l’estate era simbolo di mare, spiaggie e nuove avventure.
Un’estate di molti anni fa, io avevo 9 anni, andammo in Sardegna, in Costa Smeralda. Durante la vacanza incontriamo Enz, amico storico dei miei genitori, velista, boss della scuola di vela Velamare Club, un tempo situata in Golfo Saline. In un bel giorno di maestrale Enz mi chiese se volessi uscire con lui su una deriva, cosi, giusto per provare.
Da quel giorno l’amore del mare ebbe inizio. Per l’estate seguente, prenotai il mio primo corso di vela, l’avventura che cambiò il resto della mia vita. Finito il corso di due settimane Enz mi propose, dopo il consenso dei miei genitori ovviamente, di rimanere ad aiutare nella scuola per il resto della stagione. Subito, essendo diventato la mascotte della scuola, venni rinominato Bonzo; tutti, una volta entrati a far parte della famiglia Velamare, venivano rinominati.
Cosi inizió una lunga serie di stagioni in Sardegna al Velamare, come gavetta, aiuto istruttore, fino ad arrivare ad insegnare su cabinati in settimane itineranti e sugli skiff, 29er e 49er.
Voglia di diventare un vero marinaio
Avevo 20 anni quando decisi che era il momento di entrare nel mondo delle regate. Con il mio amico di ventura Sandro, detto Sandrella acquistammo un 49er. In quel tempo lavoravo nell’azienda familiare per pagare le spese delle regate: trovare uno sponsor era davvero difficile. Passavo l’inverno in azienda e l’estate in Sardegna, non male come vita ma, dopo qualche anno di auto sponsorizzazione, e pochi soldi nel conto, decisi che dovevo guardare al futuro. Volevo veleggiare sui maxi, i 100 piedi, come velista professionista, comincia la strada dei brevetti internazionali.
Internazionale significa anche avere una seconda lingua, in questo caso l’inglese. Decisi quindi che un full immersion in un paese anglosassone era obbligatorio per avere un buon inglese. Detto fatto. Comprato il biglietto per gli Usa, 3 mesi in California, a Venice Beach, scuola adulti di inglese e ritorno in Italia con un buon inglese pronto per le prossime avventure. Back to work per mettere da parte i soldi per lo Yacht Master e i corsi Stcw 95. Nel giro di 6/7 mesi avevo le qualifiche base per salire su un super yacht come marinaio. Due settimane dopo trovo l’imbarco su una barca a vela bandiera Australiana, appena uscita dal cantiere. L’armatore, Australiano, aveva acquistato lo yacht con l’intenzione di veleggiare per mezzo mondo ed arrivare a Melbourne. Avevo 24 anni.
Ci sono un italiano, un australiano, un inglese…
Un italiano, un australiano, un inglese, un americano, un tedesco, questo era l’equipaggio. Tutti sembravano avere esperienze diverse, sulla carta, tutte buone. Finalmente avrei potuto imparare da chi aveva più esperienza in mare aperto. Sembra l’inizio di una barzelletta, ed infatti si tramutó esattamente in avventura/barzelletta. Partenza da Koper Capodistria, in Slovenia, Gennaio, si prepara la barca con tutta l’attrezzatura di sicurezza e cibo ma l’armatore e l’inglese hanno idee diverse e perdiamo subito un membro dell’equipaggio. Si parte e l’armatore, già dalla prima notte, si ammala con febbre alta e decidiamo di fermarci a Rimini.
Dopo queste prime miglia di navigazione, realizzo che nessuno aveva l’esperienza per assumere le responsabilità del comando. Decisi così di prendere le redini. Sbarcato l’armatore, si riparte in direzione Sud Italia. Tra una nevicata e una grecalata nello Ionio, ci si ferma a Brindisi, giro della Sicilia e fermata a Palermo dove ci ricongiungiamo con l’armatore per poi arrivare a Roma attraversando il piatto Mar Tirreno: zero aria.
Il viaggio si dilunga e il resto dell’equipaggio non può continuare l’avventura. L’armatore decide di spedire la barca in Usa, visti fatti. Barca caricata sulla nave, pronti per la nuova avventura, direzione Florida…Caraibi. Tra un viaggio e l’altro su e giu per l’Italia l’armatore perde il passaporto, risultato: io da solo sull’aereo direzione Miami Beach. Per farla breve, l’armatore non pagò il saldo del trasporto e la barca restó alla dogana di Miami.
Com’è dura l’avventura
Con gli ultimi spiccioli decido di partire per i Caraibi per trovare un lavoro/imbarco. Arrivo a Sint Maarten, in tarda primavera, fine della stagione, pochi yacht e niente lavoro. Riesco solo a trovare su internet l’annuncio di un solitario diretto verso il Mediterraneo da Antigua. Dallo scambio di email, sembrava che la barca fosse super accessoriata e preparata per la traversata e accetto di accompagnarlo. Arrivato sulla barca mi assicuro sulla veridicità di tutta l’attrezzatura per il lungo viaggio.
Pronti, via, si parte! Dopo un giorno e mezzo di navigazione verso Nord, mi sveglio in anticipo per preparare il caffe, scendo dal letto e atterro su 5cm di acqua. C’é qualcosa di serio, stiamo affondando, lentamente, stiamo prendendo acqua. Esco di fuori e chiedo all’armatore da quanto tempo non scendeva di sotto. Ovviamente non si era accorto di niente. Comincia la caccia alla falla…
Finalmente dopo ore troviamo la paratia di poppa sfondata, dove dall’altra parte, nel pozzetto poppiero esterno c’era l’ancora di rispetto che aveva causato la rottura. Scoprii quindi che l’armatore, qualche settimana prima, aveva urtato la banchina con la poppa, danneggiando lo scafo. Aveva utilizzato il “fai da te riparazione” che ovviamente non resse all’ancora sballottolata dalle onde atlantiche. Decidemmo immediatamente di dirigerci verso l’isola più vicina, eccomi qui di nuovo a Sint Maarten.
Di nuovo in Mediterraneo
Era tempo di tornare nel Mediterraneo, la stagione era agli inizi e non potevo perdere tempo. Trovo un imbarco come comandante su un bellissimo GS 56 per la stagione estiva che mi riporta nell’amata Sardegna e isole tirreniche. Finalmente quel che cercavo, ma volevo di più. Sbarco dal GS e salgo su S&S 81 in toscana, dove dopo un paio di mesi di manutenzione, aria di veleggiate non se ne vedeva. Guardandomi intorno e cercando di farmi le idee chiare decido di partire per una vacanza, Australia. Avevo 25 anni.
Australia, sono qui!
Arrivo a Sydney, capitale del New South Wales, famosa per la grandissima baia, dove la Sydney Hobart race parte ogni anno nel giorno di Santo Stefano, 26 Dicembre. Dopo pochi giorni l’idea di rimanere e trovare lavoro si concretizza.
Essendo arrivato con il visto turistico dovevo richiedere il working Holiday Visa, visto che permette di lavorare in Australia per un anno. Dovendo richierlo dall’estero, non ho potuto resistere all’idea di volare in Nuova Zelanda, un’altro paese famoso per la vela, che guarda caso in quei giorni ospitava la Volvo Ocean Race. Arrivo giusto in tempo per vedere la partenza della Volvo nella baia di Auckland, e mi rendo conto dalla quantità di spettatori di quanto questo sport sia importante in questi paesi dell’emisfero sud.
Nuovo visto arrivato e si ritorna a Sydney pronto per la ricerca di lavoro, cv alla mano, marina dopo marina, arrivo al CYCA, casa della Sydney Hobart, dove la Pacific Sailing School fa base. Dopo qualche giorno di prove a mare con gli istruttori mi confermano il lavoro. Nel frattempo, conosco altri italiani con più esperienza di vita australiana e mi rendo conto che avrei potuto accede ad un ulteriore secondo anno di visto lavorando in zone specifiche dell’Australia, le famose Farm.
Da velista a cowboy a cavallo
Tanti lavori nell’elenco, dalla raccolta della frutta al peschereccio. Da sempre ho avuto la passione del cavallo e per qualche anno ho avuto il mio bellissimo maremmano, tenuto in Abruzzo nell’Altopiano delle Rocche. Decido quindi di cercare lavoro nelle farm con cavalli, finisco nei Northen Territories, dove a cavallo spostavamo le mandrie di mucche, vivendo ai confini del mondo, lontano dalla civiltà, accampati lungo i fiumi infestati da coccodrilli, tra pitoni e canguri.
Un’esperienza che ha cambiato la mia vita, vivere con il minimo immaginabile, dove non c’e’ traccia di tecnologia, a parte per il telefono satellitare per le emergenze, dove la bistecca é colazione, pranzo e cena, dove di notte i nostri cani guardiani ci tenevano al sicuro dai Dingo, coyote australiano, dove non c’era giorno di riposo. Dopo 3 mesi, 4 giorni di riposo e 88 giorni lavorati, ho le carte per rimanere il secondo anno in Australia e lavorare legalmente.
La mia prima Sydney Hobart
Si parte con la scuola di vela a Sydney, si incontrano nuove persone e iniziano i contatti con velisti esperti, si va in barca 7 giorni su 7, tra regate più o meno importanti nel Sydney Harbour. Era ora di uscire dall’Harbour. Con l’aiuto di Gardo, capo istruttore alla scuola, trovo imbarco con lui su un Farr 40, Komodo. Ad un mese alla Sydney Hobart race 2015, entro a far parte del team. Non ci credevo, avrei fatto la Sydney Hobart!
Pronti, partenza, via! Le condizioni meteo della prima notte erano molto brutte, 50 nodi da sud, di bolina, onde come palazzi su un Farr 40. Ma siamo fuori di testa… mai più, pensavo tra me e me, ma la preparazione della barca e del team era al top e tra salvagenti esplosi e bagnati dai piedi alla testa passiamo la nottataccia. Che figata la scorsa notte, giá non vedo l’ora di fare la Sydney Hobart l’anno prossimo, e non eravamo neanche a metá strada delle 628 miglia della regata.
All’arrivo, arrivati stravolti, il pubblico, amici e familiari al Constitution Dock ci accolgono con un infinito applauso e urla di benvenuto. L’emozione che si ha in quel momento è indescrivibile, tutti i momenti della regata passano nella mente mentre ringrazi e saluti i fan sulla terra ferma.
Una volta a terra inizia la festa nel famoso Custom House, che rimane aperto 24h per i velisti, che man mano arrivano a Hobart. Rimango per Capodanno, nel bel mezzo dei festeggiamenti incontro Giovanni Soldini, il mio mito sin da bambino, che in quell’anno completò la sua ultima regata su Maserati Volvo70.
Trasferisco Komodo a Sydney e si torna ad insegnare alla scuola, riesco a incastrare qualche secondo lavoro come bartender, per riuscire a risparmiare qualche soldo nel conto e per riuscire a far ritorno a casa in Italia un paio di volte all’anno. Durante un’uscita con gli studenti della scuola di vela, l’incredibile accade, rivedo la barca bandiera australiana che avevo spedito in Usa veleggiare fuori dallo yacht club. Ovviamente non ho potuto trattenermi dall’andare a controllare chi era bordo e fortunatamente l’armatore è cambiato, entriamo in simpatia e comincio a veleggiare con il nuovo armatore finche siam tutt’ora grandi amici.
Le regate, d’inverno si spostano al Nord, in Queensland. Prima tappa Sydney to Southport race, trovo imbarco su “Love & War”, bellissimo S&S 47, plurivittoriosa barca. Regata lentissima, poco vento, che ci permette peró di goderci le tantissime balene in migrazione che vengono fin sotto lo scafo. All’arrivo, l’idea era di continuare verso Nord, l’armatore di “Love & War” mi presenta Matt Allen e riesco a trovare imbarco su “Ichi Ban” Tp52, che in quell’anno era lo scafo blu, la vecchia “Azzurra” nel Tp52 Super Series, arrivata in Australia come “Shogun V” qualche anno prima.
Il curriculum si arricchisce
Trasferiamo “Ichi Ban” a Airlie beach, 10 giorni dopo competeva all’Hamilton Race week, una settimana di regate inshore nello stupendo arcipelago delle Whitsundays. Arrivati al marina mi propongono di rimanere ad aiutare a trasformare la barca da offshore a inshore. Praticamente gli Australiani comprano queste Formula 1 del mare, e a seconda delle regate montano le gomme slick, da pista, a gomme tacchettate da fuoristrada, per l’offhsore.
Conosco cosí Billy e Davin, stessa età ma con una conoscenza velica, esperienza e connessioni che mi permettono di imparare tantissimo e trovare imbarco su “Triton” Lyon 60 per Hamilton Island Race week. Inizio settembre parto su “Ichi Ban”, Carkeek 60, verso la Nuova Caledonia, preparo la barca per la regata intorno a quest’isola paradisiaca e per poi riportarla di nuovo a Sydney.
Cominciano cosi i primi lavori su varie barche e diverse società, una volta a Sydney, dalla manutenzione alla riparazione e lavorazione del carbonio, apro la mia società australiana in modo da poter lavorare come libero professionista. Lascio quindi la scuola di vela, dove facevo l’istruttore e inizio a vedere che le mie competenze aumentano giorno dopo giorno.
Billy, dopo qualche mese, mi chiede di lavorare insieme a lui su Farr 40, Tp 52, Etchells, insomma un po’ di tutto, dalla manutenzione, alle regate, alle impiombature delle cime. Inizio a regatare come prodiere e a lavorare su “Triton”, offshore e inshore, su e giú per la costa australiana fin in Tasmania di nuovo per la Sydney Hobart, tutte le regate possibili. Qualche regata su Tp52 “Ichi Ban” e “Quest, Balance” (stessa barca ma due armatori diversi), prodiere sul Farr 400 “Vento”, nel mezzo di velisti professionisti di alto livello, le mie skills aumentano.
Nel frattempo, il mio visto di 2 anni era quasi scaduto, non volevo tornare in Europa, decido così di richiedre lo student visa, visto studente che ti permette di lavorare 20 ore settimanali ed inizio il corso di business management.
Tra una regata e l’altra in un giorno di fine estate del 2017, incontro Narelle, velista amica dei ragazzi del Farr 400. Continuo così la mia avventura australiana con Narelle al mio fianco, viaggiamo insieme verso varie regate, mi aiuta con altri contatti e mi trova imbarco sul Tp52 Celestial come prodiere per Airlie beach Race week, sento che lei è quella giusta. La settimana dopo, durante un giorno di allenamento a Hamilton island mi infortunio gravemente cadendo sul pontile da “Triton”, qualche costola crinata e polso sinistro apparentemente contuso ma non rotto.
Ovviamente non potevo piú fare la prua e finisco alla randa. La settimana dopo ero in Italia e scopro che il polso era rotto, ovviamente lo “Scafoide”, fermo un mese e mezzo faccio ritorno a Sydney, cambio visto ed insieme a Narelle richiedo il visto con il partner.
In quel periodo lavoravo anche su un Ker 43 GTS, con cui partecipo alla mia terza Sydney Hobart, 2017, sempre a prua, più tosta dell’anno prima, tutta al lasco, con punte di 45 nodi di vento. In quella occasione Comache, il maxi 100, fece il nuovo record. Piú costantemente cominciai a lavorare su “Balance” Tp52, e a far parte del team come prodiere.
Sam Newton, ex boss di Billy fa ritorno a Sydney dopo avere regatato nell’America’s Cup nel team Oracle, ora anche vincitore del SailGP con Team Australia e finite le regate invernali, inizio a lavorare per Sam alla “All Marine”, società di rigging di Sam. Qualche mese dopo alla flotta “All Marine” si aggiunge “Gweilo” Tp52, che in cantonese significa “Uomo Bianco”, iniziamo cosí a formare il team e a preparare la barca per le prime regate offshore. I due armatori Matt Donald e Chris Townsend, nuovi nel mondo della vela iniziano ad appassionarsi a questo sport.
Billy, che precedentemente aveva vinto la Sydney to Hobart 2015 sul Tp52 “Balance”, ora è al comando della barca, qui lo chiamano il “boat captain”, il responsabile della manutenzione della barca, il master che ripara e trova soluzioni se qualcosa va storto durante le regate, ed io divento il suo secondo.
Il primo anno di regate andiamo bene e finiamo al terzo posto nella ORCi Division 1.
Mamma, sono diventato Boat Captain!
2019 un anno di novità, a Gennaio e divento “boat captain” di Gweilo, tante regate ad alto livello inshore e offshore, miglioriamo Gweilo con modifiche alla deriva, la barca va forte! A giugno grande viaggio in Italia, con amici e parenti, italiani e australiani, riuniti nell’amata Sardegna per celebrare il matrimonio tra me e Narelle.
Tornato in Australia finisco la preparazione di “Gweilo” per la Sydney to Southport race, finiamo quarti; continuiamo con la Brisbane to Hamilton race, terzo posto. Tra settembre e dicembre confermiamo le nostre potenzialità, con secondi, terzi ed un primo posto in Cabbage Tree Island race, dove le condizioni meteo erano quasi proibitive con punte di 48 nodi, prima al lasco e poi di bolina al ritorno verso Sydney, finendo solo 3 ore e 20 minuti dietro al 100 piedi “Blackjack”.
Quasi buona la quinta!
Manca poco al giorno di Santo Stefano e con una grande preparazione, grazie alla professionalità di tutto il team All marine abbiamo il top offshore Tp52! Condizioni meteo difficili tatticamente, poca aria alla fine, intorno a Tasman island ma con un equipaggio preparatissimo arriviamo solo 24 minuti dietro “Ichi Ban”, arrivando così secondi alla Rolex Sydney to Hobart 2019 – la mia quinta – in handicap IRC. Un grande risultato, tanta soddisfazione e grandi emozioni da parte di tutti, con famiglie e amici all’arrivo che celebrano con un grandissimo e rumoroso benvenuto dal pontile!!!
2020, pronto per un nuovo anno pieno di avventure.
Massimiliano Fonzo
(foto di copertina: Danilo Garcia Di Meo)
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