Da lago di Garda al paradiso brasiliano (in regata con Umberto Felci)
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Cosa ha spinto il progettista Umberto Felci a muoversi dal suo studio di Padenghe del Garda (Brescia) fino a quel paradiso che è Fernando de Noronha, l’arcipelago selvaggio 220 miglia al largo delle coste del Brasile?
Un’offerta irrinunciabile: partecipare alla regata lunga Recife- Fernando de Noronha (300 miglia), un vero e proprio must per i “velejadores” brasiliani, che ogni anno al via conta più di 100 barche. Felci, assieme alla moglie Elda Cortinovis (co-fondatrice di Felci Yachts nel 2001), era a bordo del Dufour 500 – un suo progetto – Ventaneiro 3.
Ecco il bel racconto della regata, conclusa all’ottavo posto overall, che ci ha inviato Elda.
LA RECIFE-FERNANDO DE NORONHA DI FELCI YACHTS
Sale sul podio, 3° di categoria e 8° assoluto “Ventaneiro 3” il Dufour 500 su cui ci siamo imbarcati. È mercoledì 16 ottobre e la regata Recife – Fernando de Noronha in Brasile, si conclude con una gioiosa e chiassosa festa per le premiazioni. Il porto di Santo Antônio ha accolto tutte le 100 barche partecipanti, una mezza bocca di vulcano con il magma nero che è colato fino al mare, spezzando le incantevoli spiagge dorate.
È ventoso così come è stato per tutta la regata.
Quindici- venti nodi, direzione sud-est quasi costante; ogni tanto un “Pirajad” che ti lava da capo ai piedi, così li chiamano in Brasile i piovaschi oceanici. Venti minuti di acqua con raffiche senza cambio di direzione del vento, nulla a che fare con gli imprevedibili temporali del Mediterraneo.
Trentaquattro ore di regata scambiandosi al timone con brevi turni di sonno, fino all’arrivo.
Tutto ha inizio l’11 ottobre a Recife dove alle 8.30 ci imbarchiamo su Ventaneiro 3, il Dufour 500 di Renato e Kadja Cunha, già vincitore della Buenos Aires to Rio e della Antigua Sailing Week.
Alle 10.00, sotto un sole fortissimo e 30°, inizia il crew meeting. Il capitano ci ricorda che è una Ocean Race e quindi non manca di illustrarci tutte le misure di sicurezza. Giubbotti salvagenti, cinture di sicurezza, life line, epirb, zattera di salvataggio, sistemi per il recupero uomo a mare con Gps e software che modifica la rotta della barca.
Non nascondo un po’ di eccitazione ben miscelata ad un pizzico di ansia. E’ la mia prima regata oceanica! Ore 11.30 tutti pronti, l’ancora fatica a salire, il fondo del porto è disseminato di sacchi che si avviluppano alle ancore e rendono un’operazione semplice, una lotta contro il tempo.
Le barche avversarie passano rapidissime a pochi metri e noi, già con la randa alzata, appena liberi dall’ancoraggio partiamo.
Il via è alle 12.00 per la grande sfilata lungo il molo di Recife. Centinaia di persone applaudono, fischiano, salutano, tutto al ritmo di musica. Ad una ad una le barche sfilano, annunciate all’altoparlante. È il momento delle foto, della gloria e anche se la regata è ancora tutta da fare, chi è a terra ti applaude da eroe.
Poi lo start alle 12.30; ora si parte per davvero, ognun per sé da Recife fino a Fernando de Noronha a 300 miglia, nell’Oceano Atlantico.
A bordo anche Umberto Felci; è sempre interessante per il progettista navigare sulle proprie barche durante le regate, in particolare in questa occasione in Oceano Atlantico.
La barca è in assetto da regata, randa e fiocco nuovi, il Code Zero e un buon gennaker. Il vento è quello previsto da giorni: 15-20 nodi da sud est e così rimane per tutta la regata.
I flutti, più ci si allontana da terra, si fanno lunghi e alti. Accanto i competitors spariscono per metà nell’incavo dell’onda per riemergere e procedere a piene vele.
Issato il gennaker la velocità di Ventaneiro 3 è di 8/10 nodi. Siamo coperti e protetti da strati di crema perché il sole in mare aperto batte e brucia, anche se le ore diurne non sono tante.
La luce cambia rapida e alle 17 arriva già l’imbrunire. Un tramonto spettacolare e veloce chiude la giornata, alle 17.30 è buio, ma la luna ci regala una visibilità inaspettata.
Abbiamo già preso due “Pirajad” improvvisi e veloci, senza ammainare il gennaker. Proseguiamo senza mai mollare come in un duello, anche se per tutta la lunga notte è impossibile vedere i nostri sfidanti.
Si mangia, si fanno i turni, si dormicchia, scrutando l’orizzonte. Alle prime luci dell’alba subito lo sguardo cerca gli avversari; ci sono, ora dobbiamo solo misurare le distanza perché il traguardo comincia a farsi vicino e la rotta deve essere la migliore.
Il vento cala un poco e questo ci preoccupa perché abbiamo stimato di arrivare verso sera in non più di 34 ore e solo il vento ci può aiutare. Approfittiamo dei Pirajad e di tutte le raffiche che vediamo per far accelerare l’imbarcazione.
Ritorna il buio rapido come la sera precedente, navighiamo facendo il conto alla rovescia, poi improvvisamente dal nulla appare uno scoglio nero gigantesco.
È Fernando de Noronha, un’isola di origine vulcanica lunga 18 chilometri e stretta circa 4, contornata da scoglie e isolette. Un vulcano di cui rimane un grande pinnacolo che svetta sulle alture, che altro non sono che le cime di una catena montuosa sottomarina.
Un’isola selvaggia, il cui mare turchese delle baie che guardano il Brasile, e quello blu profondo del mare aperto, ospitano delfini, tartarughe marine, squali e razze che avremo la fortuna di vedere nei nostri giorni di sosta.
La costeggiamo in tutta la sua lunghezza, in sottofondo ruggiti di leoni. E’ il mare che risucchiato dagli antri delle rocce emette suoni grotteschi; chissà cosa hanno immaginato i primi esploratori all’udire questi ruggiti minacciosi. Alle 22.30 tagliamo il traguardo, ci abbracciamo, è fatta!
Il porto di Santo Antônio ci accoglie e cullerà il nostro meritato sonno.
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