C’è una barca mitica che regata (e vince) in alto Adriatico

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new zealand endeavour
In un mondo in continua evoluzione come quello delle regate d’altura (oggi gli IMOCA 60 e i Mini volano, ci sono DSS, appendici, timoni a “T” e chiglie ultrasottili, carbonio e compositi in ogni dove), fa un certo effetto leggere il nome della barca che ha tagliato per prima il traguardo a La Cinquanta, regata di 50 miglia lungo il percorso costiero Caorle-Lignano-Grado (ve ne abbiamo parlato QUI): New Zealand Endeavour, “classe” 1992.

E’ proprio lo storico ketch che vinse la sesta edizione (1993/94) della Whitbread Round The World Race (poi diventata Volvo Ocean Race e ora The Ocean Race), il giro del mondo di 32.000 miglia in equipaggio a tappe, nella categoria dei Maxi Yacht. La barca fu protagonista anche di alcune edizioni della Sydney Hobart. Al timone, allora, c’era un grande velista destinato a fare la storia della Coppa America, Grant Dalton.

L’imbarcazione è arrivata nelle acque nord adriatiche quattro anni fa grazie all’armatore Ezio Tavasani, che ha avviato un refit scrupoloso per portarla al suo antico splendore: a La Cinquanta aveva Valentino Maestrutti come skipper. Quella che oggi è un’arzilla “vecchietta”, a suo tempo, fu un concentrato di tecnologia.

TUTTI I SEGRETI DEL NEW ZEALAND ENDEAVOUR

Progettato dal geniaccio neozelandese Bruce Farr, questo prototipo di 87 piedi (25,69 m) incarna quella generazione di Maxi che presero piede dopo la vittoria alla Whitbread 1989/90 dello Steinlager 2 di Peter Blake. Rispetto a Steinlager, New Zealand Endeavour ha una linea di galleggiamento più corta e un dislocamento molto più leggero (27.660 kg contro i 35.150 kg), oltre che una minore superficie velica.

La resistenza aerodinamica delle appendici è stata drasticamente ridotta grazie all’uso di lamine di chiglia più piccole accoppiate a grossi bulbi, e sezioni di scafo più “fluide” che assicuravano una minore resistenza aerodinamica a fronte di uguale stabilità e un rating IOR equivalente.

La prua affusolata ricorda quella dei vecchi clipper, ha una funzione di bompresso senza dover ricorrere al bompresso vero e proprio che era penalizzato dal regolamento dell’epoca (una soluzione adottata dopo la sconfitta di New Zealand all’America’s Cup nel 1992 da parte del Moro di Venezia, che contestò ai kiwi – con successo – l’uso irregolare del bompresso).

Il New Zealand Endeavour è stato costruito da Marten Marine e allora rappresentava lo stato dell’arte della vela d’altura: lo scafo è un complesso lay-up di laminato in fibra di carbonio di cinque pelli esterne e tre interne, posate su tre pelli di Kevlar, che a loro volta sono state inserite in un nucleo di 25 mm di Nomex a nido d’ape e poi stagionate a 80 gradi. L’attrezzatura di coperta ha permesso di risparmiare peso: ad esempio, i winch sono stati stampati in fibra di carbonio e fresati in titanio e alluminio. La soluzione dell’armo a ketch rende questo maxi veloce soprattutto alle portanti e in condizioni di vento leggere.

NEW ZEALAND ENDEAVOUR, LA GALLERY DI ANDREA CARLONI

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