Ciao Olaf Harken, inventore dell’attrezzatura di coperta moderna
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Se ne è andato un “big” della vela, Olaf Harken. E’ morto nel sonno a Pewaukee (Wisconsin), a 80 anni, colui che assieme al fratello Peter, nel 1967, aveva fondato lo storico marchio che ha rivoluzionato l’attrezzatura di coperta. Al punto che è talmente difficile, oggi, che sulla vostra barca non ci sia un bozzello, uno strozzatore, un winch Harken.
Nato il 6 maggio 1939 a Medan (Sumatra, Indonesia), da genitori olandesi e svedesi, Olaf Harken è stato innanzitutto un grande velista e uno sperimentatore. “Quando si prova qualcosa di nuovo”, ha scritto nel suo libro “Fun Times in Boats, Blocks & Business”, “la nostra regola è chiederci: ‘Se tutto va male, possiamo sopravvivere?’ Poi andiamo al bar, dimentichiamo quello che abbiamo appena detto e lo facciamo comunque!”. Qual è stato il segreto degli Harken? Semplice: testavano in prima persona l’attrezzatura da loro realizzata. Volevano migliorare le barche su cui regatavano.
La storia di Olaf è ricca di invenzioni, colpi di scena, successi e folli imprese. Dopo che i giapponesi attaccarono l’Indonesia nel 1941, Olaf, il fratello Peter e la madre Ulla fuggirono nel Borneo. Il padre, Joe Harken, rimase invece a combattere contro l’esercito nipponico e fu imprigionato fino alla fine della seconda guerra mondiale. Nel frattempo la famiglia si spostò in Nuova Zelanda, poi in Australia e infine a San Francisco. Finita la guerra, nel 1946 li raggiunse anche il padre.
Prima Olaf si occupò di lavori ingegneristici (aveva studiato alla Georgia Tech School) a New York, poi, chiamato dal fratello che nel frattempo aveva iniziato a realizzare barche per le regate tra college, lo raggiunse in Wisconsin dove nel 1967 nacque la Harken Inc.
La prima sede era molto “artigianale” ed era in un garage: la scrivania era formata da una porta su cavalletti in legno, un telo di plastica separava gli uffici dalla zona in cui si lavorava la vetroresina. Per farsi pubblicità i due giravano per le strade di notte su un vecchio furgone Chevrolet dove nel vano posteriore Olaf stampava volantini, e li distribuivano per le case.
Man mano che l’azienda cresceva i due fratelli hanno invertito i propri ruoli: l’ingegnere Olaf ha finito per gestire il lato commerciale di Harken, mentre Peter, l’economista, si occupava di progettazione e produzione.
Oggi Harken è un piccolo impero, noto a livello internazionale: potrete trovare la sua attrezzatura dagli Optimist ai megayacht, dalle barche da crociera agli open oceanici. I principali stabilimenti di produzione di Harken sono la sede centrale di Pewaukee e l’ufficio italiano a Limido Comasco (Como). Harken ha uffici commerciali e di assistenza in USA (Rhode Island, California, Florida), Francia, Giappone, Polonia, Slovenia, Svezia, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito.
Ma dicevamo, Olaf è stato anche un grande sperimentatore: è stato coinvolto in prima persona in sfide a caccia di record di velocità, come quella del 1980 sul prototipo Slingshot, finita non proprio benissimo, che vi raccontiamo con le sue parole, sempre tratte dal libro succitato. Perché la forza di Harken è stata quella di divertirsi, sempre, e imparare anche dagli insuccessi.
COSI’ PROVAMMO A BATTERE IL RECORD DEL MONDO DI VELOCITA’
“Nel 1980 Peter e io, con North Sails e i fratelli Gougeon (la Gougeon Bros. è un’azienda specializzata nel campo delle episodiche, ndr) creammo un piccolo team per cercare di battere il record del mondo di velocità in barca a vela, che allora era detenuto da Crossbow, 31,8 nodi. Decidemmo che avremmo partecipato coprendo parte delle spese, ma a una condizione: essere a bordo durante il tentativo di record.
Una delle cose pulite di Slingshot era che era stata progettata per contenere sei persone nel “pozzetto”, che era stato ridisegnato per essere più simile a uno scafo di un idrovolante che saltava sull’acqua. Così ogni azienda poteva mettere a bordo due persone di sua scelta….
L’idea era quella di realizzare un proa (il tipico multiscafo asimmetrico usato in Oceania e nel sud-est asiatico, ndr) di 60 piedi con una grande terrazza stabilizzatrice che si estendeva per 44 piedi fuori bordo e aveva una capsula all’estremità dello stabilizzatore.
Da là, il timoniere timonava mentre l’equipaggio manovrava le vele e lo stabilizzatore, che poteva essere spostato da un lato all’altro per fare leva, formando un trimarano. La teoria dietro all’armo voleva che funzionasse come nei windsurf, dove l’albero si inclinava fino a 30 gradi e fornendo una spinta verso l’alto alla barca. La sfida, tuttavia, era evitare che l’albero cadesse: quando lo stabilizzatore era completamente esteso, non c’era nessuna sartia di sottovento a sostenerlo. Toccava alla pressione del vento tenerlo su e lo stabilizzatore doveva essere ricalibrato sempre prima di rallentare per fermare la barca…”
Si arriva al giorno del tentativo, a Galveston, in Texas: c’erano 20-25 nodi d’aria, le condizioni ideali per Slingshot. “La bellezza di Slingshot era nella sua affidabilità, a differenza di altre barche realizzate per battere record. La usavamo anche per dieci “corse” al giorno durante i test, e non abbiamo mai avuto problemi. In fase di prova, arrivammo anche a 38 nodi!”.
Ma proprio quando c’è da battere il record, il disastro: “Eravamo con 18 nodi d’aria circa, e andavamo a più di 27 nodi quando abbiamo sentito un suono smorzato dalla poppa. Poco dopo, abbiamo sentito Jan (Gougeon, ndr) gridare ‘Non governo!!!!!’. La barca si è staccata dall’acqua e ha accelerato a una velocità che probabilmente eguagliava quella del record del mondo, ma mentre volavamo in poppa, i nostri occhi erano incollati sull’albero, che stava cadendo. Peter, seduto nella parte anteriore della capsula, ha calcolato che stava arrivando su di lui e si è buttato fuori dalla barca a circa 30 nodi, saltando sull’acqua come una pietra piatta”.
L’albero, per fortuna, venne giù lentamente. Ma il timone andava riparato e i lavori di refill fecero sì che la finestra meteo giusta per il record passasse. Mentre i due fratelli Harken erano momentaneamente tornati in Wisconsin per sbrigare affari di lavoro, Slingshot venne utilizzata per alcuni test con vento leggero, ma un giorno arrivarono improvvisamente 50 nodi, mentre a bordo c’era un equipaggio di sole due persone. La barca venne interamente distrutta.
“E questa fu la fine di Slingshot. Uno sforzo molto costoso, ma che divertimento”!
Che belle lezione Olaf, quella di divertirsi sempre. Buon Vento!
E.R.
(foto tratte dal libro “Fun Times in Boats, Blocks & Business” di Olaf Harken)
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