Francis Chichester, il primo grande navigatore dell’epoca contemporanea
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Più di cinquant’anni fa, precisamente il 27 agosto 1966, davanti alla cittadina di Plymouth, il 65enne Francis Chichester salpava a bordo del Gypsy Moth IV per il suo giro del mondo in solitario doppiando i tre grandi capi (Buona Speranza, Leeuwin, Horn). Un’impresa che lo avrebbe consegnato al mito.
Ecco la storia del primo grande navigatore dell’epoca contemporanea.
FRANCIS CHICHESTER, IL PIONIERE
Una vita che sembra un romanzo d’avventura dell’Ottocento, quella di Francis Chichester. Ha fatto di tutto e in tutto è riuscito a imporsi, superando gravi incidenti e malattie, fino a meritarsi il titolo di “Sir”, lui che era nato il 17 settembre 1901 in una famiglia di origine modesta. Vive una giovinezza triste; il padre, un pastore della Chiesa Anglicana, lo manda già a sei anni in collegio, dal quale non esce fino ad arrivare all’Università. Dopo aver frequentato il Marlborough College, durante la Prima Guerra Mondiale, emigra in Nuova Zelanda. Qui scopre la sua prima grande passione, il volo e prende il brevetto di pilota. Chichester dimostra al contempo di avere un buon fiuto per gli affari e crea dal nulla una solida azienda attiva nel settore minerario, del legno e delle costruzioni.
IL RITORNO E LA SCOPERTA DEL MARE
Tutto sembra procedere alla grande, ma improvvisa arriva la Grande Depressione del 1929, che causa enormi perdite alla società di Chichester. Decide allora di tornare in Inghilterra, dove deve anche ritirare un aereo de Havilland DH.60 Moth. Si tratta di un biplano di poco più di sette metri, con cui ha intenzione di volare fino alla Nuova Zelanda. Vuole battere il record di trasvolata in solitaria dall’Inghilterra all’Australia.
Non riesce a ottenere il primato, ma compie comunque la traversata in 41 giorni. In compenso, è il primo uomo a sorvolare il Mar di Tasmania. Per riuscirci applica al volo veri e propri metodi marinari: segue per esempio la rotta magnetica senza correzioni. Una volta raggiunta la distanza stimata, vira per trovare il punto d’arrivo. Una tecnica che gli consente di trovare il punto di arrivo con una precisione prima d’allora sconosciuta. Forte di queste tecniche innovative, Chichester tenta il giro del mondo in solitaria. La prima tappa, fino in Giappone, procede senza intoppi, ma partendo dal porto di Katsuura Wakayama non riesce a evitare dei cavi e precipita, ferendosi gravemente.
CHICHESTER CREA LA OSTAR. E LA VINCE
Il ritorno in Inghilterra è obbligato e diventa anche forzato con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Chichester non è abile al servizio sul campo, ma mette a frutto le proprie conoscenze come esperto di navigazione: scrive un manuale che aiuta i piloti dei monoposto a trovare la rotta sopra l’Europa e poi la via di casa, basato su delle tabelle che sono in uso ancora oggi! E’ solo molti anni dopo la guerra, ormai quasi sessantenne e benestante grazie alla creazione di una florida ditta per la produzione di mappe (poteva essere altrimenti?, ndr), che l’interesse di Chichester si sposta al mare.
Nel 1960 ecco l’intuizione: organizza la Ostar, la prima regata transatlantica per solitari. Ma organizzare non gli basta, il richiamo della sfida con sé stesso, rigorosamente da solo, è troppo forte nonostante l’età avanzata. Chichester si presenta sulla linea di partenza a bordo del Gypsy Moth III. Come i suoi aerei, anche tutte le barche di Chichester si chiamano Gypsy Moth, che tradotto letteralmente significa “falena volante”. Non solo partecipa, ma vince, arrivando poi secondo quattro anni dopo.
IL GIRO DEL MONDO
Ma l’impresa che consacra Francis Chichester deve ancora arrivare. Il 27 agosto 1966, davanti alla cittadina di Plymouth, sale a bordo del Gypsy Moth IV. Sta per compiere i 65 anni e vuole circumnavigare il globo doppiando i tre grandi capi: Capo di Buona Speranza, Capo Leeuwin e Capo Horn. Riuscendo, supererebbe il mitico Joshua Slocum, che a cavallo del secolo aveva impiegato tre anni a riuscire nell’impresa, pur senza passare tutti i capi. Il Gypsy Moth IV, con i suoi sedici metri di lunghezza, risulta da subito difficile da manovrare per Chichester, nonostante sia stato armato apposta per questa navigazione. Il piano velico prevede circa 80 metri quadri di tela a vele bianche e uno spinnaker di 140 metri quadri.
TRA BURRASCHE E TRIONFI
Nella prima fase della circumnavigazione sembra procedere tutto secondo i piani. Ma i problemi non tardano a manifestarsi. Mancano ancora 2300 miglia per superare l’Australia quando un problema al timone rende il Gypsy Moth IV apparentemente ingovernabile. Chichester non si perde d’animo e passa tre giorni a cercare il corretto assetto delle vele per riuscire a mantenere la rotta. Ci riesce e, percorrendo circa 160 miglia al giorno, raggiunge Sydney. Qui si ferma per riparare i danni e cercare di migliorare la stabilità del Gypsy Moth IV. Un tentativo che in realtà, come scoprirà poco dopo a sue spese, non riesce.
Nel sud del Pacifico un’onda lo ribalta a 140 gradi, ma per fortuna senza lasciare danni irreparabili. E il terribile Capo Horn deve ancora arrivare. “Le onde erano tremende. Cambiavano ogni volta, ma tutte comunque erano come pareti che incombevano dietro di te. Quella che mi è piaciuta meno era alta quindici metri e molto ripida. Immagina di trovarti sotto un’onda così. Il mio pozzetto è stato inondato cinque volte e in un caso mi è servito un buon quarto d’ora per svuotarlo. L’anemometro ha smesso di registrare a 60 nodi. Il mio timone non poteva nulla… mi sentivo impotente”.
Eppure Chichester ce la fa. Supera anche l’Atlantico e il 28 maggio 1967, 274 giorni dopo la sua partenza, fa ritorno in Inghilterra, acclamato come un eroe. L’impresa gli merita il titolo di Sir, in una Londra addobbata a festa. La Regina Elisabetta II usa per la cerimonia la stessa spada usata secoli prima per nominare cavaliere un altro Francis, il celebre Drake, primo inglese a circumnavigare il globo.
Nonostante il successo e l’età, Chichester non ne vuole sapere di stare fermo e nel 1970 riesce a percorrere 1000 miglia in cinque giorni, nel Mar dei Caraibi, dimostrando così che è possibile navigare oltre le 200 miglia al giorno. Muore a Plymouth, a causa di un tumore polmonare, il 26 agosto 1972, dopo avere tracciato la rotta delle moderne regate oceaniche e rilanciato la caccia ai record intorno al mondo. Ma anche alcune frasi che restano mitiche nel mondo dei marinai. Come quel giorno che, caricando su una barca delle casse di gin, si è lasciato andare: “Ogni sciocco potrebbe fare il giro del mondo a vela, ma ci vuole un marinaio con gli attributi per riuscire a farlo da sbronzi”.
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