Venerdì 24 maggio andiamo tutti a rendere omaggio al grande progettista Dick Carter!
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Esce in Italia l’autobiografia di Dick Carter, “Dick Carter, Yacht Designer. L’età d’oro delle regate d’altura” a cura di Francesco Gandolfi. Uno splendido volume con oltre 164 illustrazioni, tra fotografie e disegni. Edito da Giorgio Nada e disponibile nelle librerie dal 27 maggio.
Venerdì 24 maggio, alle 19, il libro sarà presentato allo Yacht Club Italiano di Genova: una serata imperdibile perché ci saranno Gandolfi e naturalmente Dick Carter, uno dei progettisti che hanno fatto la storia dello yachting.
Nel 20° Secolo due barche hanno segnato nel modo più profondo la progettazione di quelle destinate alle regate d’altura: Dorade nel 1931 e Rabbit nel 1965, ed è curioso che tutte e due siano state disegnate da chi ne è stato il primo proprietario: Olin Stephens per Dorade e Dick Carter per Rabbit.
Dorade ha reso istantaneamente obsolete tutte le altre barche e lo stesso è stato per Rabbit, che metteva insieme tre caratteristiche mai viste prima sulla stessa barca: il timone staccato dalla pinna di deriva, il dislocamento medio e la larghezza generosa. La rivoluzione è stata totale ed è stata subito compresa, tanto che lo stesso Olin Stephens, 34 anni dopo Dorade ancora il molto poco disputato leader tra i progettisti di vele da regata, ha mandato in cantiere due sue barche del 1965 perché la loro chiglia lunga con timone incorporato venisse tagliata e la pala riposizionata all’estremità del galleggiamento.
Le vittorie che Rabbit ha conseguito hanno procurato a Carter la prima commessa per un cliente; la barca si è chiamata Tina e nel 1966 ha vinto la One Ton Cup, allora il Campionato del Mondo per III Classe RORC con un rating non superiore a 22 piedi, e da lì per 10 anni è stato un crescendo di ordini e di successi: la costruzione in serie dei Tina, uno dei quali, francese, campione del RORC per due anni consecutivi, le vittorie nella One Ton Cup di Optimist (2), Wai Aniva e Ydra, ancora il Fastnet e l’Admiral’s Cup con Red Rooster, e una lunga serie di barche bellissime e vincenti: Benbow, Caligù IV, Chica Tica III, Coriolan, Esprit de Rueil, Frigate, Orca, Pharaon…, per non parlare di Vendredi Treize, goletta a tre alberi di 40 metri per un navigatore solitario!
Poi la gestione della stazza IOR in un modo che non condivideva, con barche sempre più leggere e a suo avviso non sufficientemente marine e sicure, lo ha spinto a ridurre sempre di più la sua attività di progettista. “Non volevo disegnare barche che avessero un obiettivo al quale io non credevo, e mi sembrava che lo IOR non fosse governato correttamente. Per me personalmente l’Età dell’Oro delle Regate d’Altura si stava avvicinando alla fine ed era tempo di perseguire altri interessi e girare pagina – è quello che ho fatto.”
Lo ha fatto talmente bene che tutti, anche coloro che erano stati i suoi più prossimi collaboratori lo hanno creduto morto; la prefazione all’autobiografia recita:
“Come sia nata la voce, proprio non lo so. Naturalmente sono stato un po’ sorpreso nell’apprendere che ero morto cinque anni fa! Divertente, anche. Mi sono dimenticato di quando l’ho sentito, era comunque un po’ prima della cerimonia in memoria di Ted Hood, alla sede di Newport del New York Yacht Club, il 20 settembre 2013.
Ted era stato una figura leggendaria nel mondo della vela – eccezionale velaio, progettista, costruttore e velista. Io ero stato così lontano dal mondo della vela e da così tanto tempo che non avevo nemmeno saputo della sua morte, l’ho appreso solo per caso e ho deciso di partecipare.
Dopo la cerimonia gli ospiti sono stati invitati a un buffet nella tenda a fianco; il cibo era stato sistemato su lunghi tavoli appoggiati a cavalletti e io mi stavo servendo quando ho sentito “Dick Carter?” – ho alzato gli occhi e proprio lì, dall’altro lato del tavolo, c’era Yves-Marie de Tanton, una star della progettazione che aveva lavorato per me quaranta e più anni fa.
Ha fatto il giro del tavolo, tremando visibilmente tanto che per poco il telefono non gli cadde di mano: “Devo fare una fotografia”. Bob Perry, un altro progettista anche lui con me molto tempo prima, mi ha poi detto “Cosa ti aspettavi?” Yves-Marie pensava di avere appena visto un fantasma.
Un paio di settimane dopo abbiamo fatto colazione insieme a casa mia a Cape Cod, per recuperare il tempo perduto; mentre si avviava alla porta Yves-Marie si è girato e ha detto “Dovresti scrivere un libro”. Così ho fatto – questa è la mia storia.”
Una storia che merita essere letta.
T.O
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