Buon vento Marco Demontis, vagabondo dei mari e spirito libero
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E’ mancato a Olbia Marco Demontis, il “vagabondo dei mari” dall’incredibile storia personale. Storia che avevamo raccontato qualche anno fa sulle pagine del Giornale della Vela dopo averlo incontrato per caso a Genova, (prima che ripartisse per i suoi pellegrinaggi senza meta e che lo hanno portato anche in Atlantico e in Brasile) e che riproponiamo in suo ricorso. Buon vento Marco!
In questi mesi, complici le grandi regate oceaniche, abbiamo tanto parlato dei marinai affermati, di coloro che della vela hanno fatto una professione, che navigano su barche ultratecnologiche a venti nodi di media. E a volte anche noi che di vela scriviamo tutti i giorni rischiamo di dimenticarci che c’è un altro mondo, quello degli appassionati, a volte strampalati, che non solo seguono i propri sogni, ma li vivono davvero.
Come Marco Demontis, 47 anni, che da anni vive a bordo di un Waarschip 725 con il quale gira per il mondo. Racconta il nostro lettore Vincenzo, “ho incontrato Marco in Martinica nel 2015 era in rada a Saint Pierre, aspettando di curarsi una brutta infezione alla pelle e cercando un lavoro per poter proseguire il suo viaggio. Era reduce dal Brasile dove aveva avuto innumerevoli avventure non sempre simpatiche. Nel 2016 a aprile l’ho rivisto a St. Martin, aspettava Maggio per traversare verso Est, tutta la tribou dei marinaretti che staziona al Caribe ha cercato di aiutarlo e lo ha seguito nella traversata tramite SSB anche se quella di Marco come tutte le altre attrezzature che ha a bordo non funzionava molto bene. Fino a Bermuda abbiamo potuto ascoltarlo, poi il buio, tante che allertammo le varie autorità e le barche che stavano traversando. Dopo due mesi di silenzio un amico che vive ad Horta (Azzorre) e che era stato allertato da me al riguardo mi comunica che Marco è arrivato dopo circa settanta gg, chiaramente senza passaporto carta di identità e un euro. Barca sequestrata perché non poteva pagare nulla, L’amico di Horta mi ha comunicato in questi gg che Marco è riuscito a far dissequestrare il “mezzo” ed è ripartito e credo che in questi gg sia a Santa Maria, il suo desiderio era arrivare in Med per raggiungere San Remo”.
Siamo andati allora a riprendere l’intervista che il nostro Eugenio Ruocco realizzò con Marco alcuni anni fa durante una sua tappa genovese. Leggetela, ne vale davvero la pena.
Ci sono storie che il mare porta con sé, destinate a rimanere segrete. Quella di Marco Demontis, se non fosse approdato a Genova, non l’avremmo potuta raccontare. Una strana barca si ormeggia alle banchine del Circolo Nautico Mandraccio: lo scafo è un Waarschip 725, ma come diavolo è armato? Spunta dalla tuga un tipo strano quanto la barca, che ha molta voglia di parlare.
Ha in tasca 3 euro, che spende immediatamente per un pacchetto di tabacco. Marco è nato in Germania, a Wolfsburg, nel 1968, da padre sardo. Il suo linguaggio farebbe scervellare anche Umberto Eco: un po’ italiano, un po’ tedesco, frammisto a parole di portoghese, spagnolo, olandese e francese. Il suo passaporto è tricolore. Ed è così che si sente: “italienisch”.
A 12 anni, per problemi che preferisce tacere, è già fuori di casa. Si mantiene facendo piccoli lavori, ma le cose non vanno bene. Poco prima di compiere vent’anni, è a Monaco: passa per caso davanti ad una scuola di navigazione, ed è amore a prima vista. Decide di iscriversi, pagando la quota grazie all’elemosina: sul modulo, riempe la casella “Wöhnung” (residenza, ndr) con “Stazione di Monaco”. è la verità, dorme lì. Marco si appassiona, e nel frattempo lavora di qua e di là, principalmente come elettricista.
Riesce a prendere in affitto un appartamento, ma il suo sogno è un altro. Lo realizza nel 2004, acquistando in Olanda un 9 metri (Orion): per permetterselo, ha venduto tutti i suoi averi. Paesi Bassi, Belgio, Inghilterra, Irlanda e Spagna: l’Oceano non fa paura, e Marco si sente finalmente libero. “Non sono fatto per stare nella società, schiava della burocrazia e della giustizia che se ne f…rega del poveraccio”.
La sua attività di “vagamondo” marittimo si interrompe bruscamente il 12 ottobre 2006, quando una “tempestata”, come la chiama lui, lo sorprende 70 miglia al largo di Leixoes, in Portogallo. Alla marina chiede via VHF ospitalità, che gli viene negata in quanto privo di denaro per pagare un posto. L’albero si spezza, il motore è in avaria, le batterie si bagnano e addio anche al VHF. Per 10 giorni Orion va alla deriva, fino a che un mercantile non lo pesca al largo di Portimao.
Marco si salva, la barca è irrecuperabile e tutt’ora giace sul fondo dell’oceano. Si sente vittima di un complotto: la marina di Leixoes si è resa colpevole di omissione di soccorso, e il console italiano, a suo dire, non è intervenuto per far valere i suoi diritti. Il mercantile lo porta a Genova, dove rimane ospite del Mandraccio (la cosa è totalmente passata inosservata) che gli offre vitto e alloggio. Per quanto si senta tradito, Marco vuol tornare in mare più in fretta possibile. Tornato dapprima in Portogallo (nuovamente a Leixoes nel cui porto dormirà per un anno in una barca semi-affondata di 18 metri), poi in nord Europa, riesce a mettere da parte un gruzzolo per acquistare il Saturn, la sua barca attuale. Sette metri e venticinque: la sua nuova casa.
Va a ritirarla nell’aprile del 2008 a Purmerend, tra i canali dei Paesi Bassi: da lì la sua avventura di navigazione nelle acque interne, attraverso la Germania fino al confine con la Repubblica Ceca. “Quello che mi ricordo è solamente il freddo, nonostante fosse primavera, e che mi sono arenato in un lago (di strumenti, su Saturn, neanche l’ombra, ndr)”. Si ributta in mare a Ijmuiden, sempre in Olanda, intorno al 4 di giugno.
“Ho portato con me a bordo un ucraniano (non è un parente di Spock, ma la sua versione di “ucraino”, ndr), che mi ha detto di essere un professore di matematica voglioso di girare il mondo in barca. Uno strano professore e un pessimo marinaio: non conosceva nulla né di vela, né di carteggio. Avrei dovuto insospettirmi. Usciamo dal porto, e incomincia a dare di matto, si fa violento. Io decido di rientrare per sbarcarlo, ma una volta ormeggiati, mi prende con violenza e prova a soffocarmi su quella cosa lì (indica la draglia: Marco non conosce la nomenclatura in italiano, ma viene da chiedersi se nelle altre lingue sia diverso). Perdo i sensi: quando mi sveglio realizzo immediatamente che mi ha rubato tutto. Portatile, attrezzi… tutto! Ho il suo nominativo, ho i suoi dati, ma non posso denunciarlo; non ho trovato avvocati che vogliano lavorare gratis!”.
Dopo questa brutta disavventura, Marco va a “sbollire” davanti alle coste danesi, per poi tornare indietro e scendere verso la penisola iberica. Davanti a Oostende, in Belgio, un aumento improvviso del vento distrugge il vecchio albero in legno. Marco riesce a far rotta nel piccolo porto dei pescatori, dove si inventa una riparazione di fortuna. Nei giorni successivi raggiunge Le Havre, in Francia, dove qualcuno gli regala un profilo in metallo che, a una prima occhiata, si capisce essere appartenuto ad un’imbarcazione di almeno 12 metri. “Ho segato circa 4 metri di palo. Non avendo crocette in metallo, ho mantenuto le mie vecchie in legno. Mi piace vivere in barca perché hai sempre qualche problema da risolvere, qualche lavoro che aspetta di essere compiuto”, racconta Demontis.
Tra una peripezia e l’altra, Marco circumnaviga la penisola iberica, si fa la costa francese per poi ormeggiare al Mandraccio, che già lo aveva ospitato tre anni prima. Il viaggio di Marco, sebbene possa suscitare dei dubbi, è verificato. Conserva in barca una lunga serie di articoli che parlano di lui, sia portoghesi, che spagnoli e francesi. Eppure sembra incredibile: il suo Saturn è un groviglio di cime, sartie e vele. Ogni cavo d’acciaio è modificato, pluri-riparato e iper-saldato, e si innesta all’albero in modo improbabile.
Due rande, quattro fiocchi, due spinnaker, due tangoni, tutti montati e pronti all’uso. Un motore di 5 cavalli fuoribordo, regalo di un animo gentile, un pilota automatico costruito con due camere d’aria di ruote da bicicletta. Anche Marco ha dell’incredibile: al carteggio si presenta con righello e squadretta, preferisce la lettura di Zio Paperone alle biografie dei grandi navigatori, non conosce la nomenclatura velica (ho dovuto ricordargli che la vela di prua si chiama “fiocco”).
Un anarchico del mare, che molti, a torto, considerano un clochard. Marco, a differenza dei vagabondi, ha uno scopo ben preciso: “Il mio sogno è raggiungere qualche isolotto sperduto del Pacifico, magari abitato da qualche tribù indigena, e lì invecchiare e morire. Non sono tagliato per vivere secondo i canoni convenzionali (non si stanca di ripeterlo). Spero in futuro di riuscire a mettere da parte qualche soldo per potermi permettere una barca più grande, che mi consenta la traversata oceanica…”
Il Circolo Nautico Mandraccio ha fatto una colletta, lo ha riempito di cibarie, accessori per l’igiene e vestiario. Marco è ripartito e, non avendo il cellulare, è introvabile. Si è fatto vivo con una sgrammaticata e-mail da Olbia; il suo obiettivo è raggiungere Venezia. Pensiamolo così: sul suo piccolo Waarschip 725, la sigaretta in bocca, a fendere i mari di “Waterworld”.
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9 commenti su “Buon vento Marco Demontis, vagabondo dei mari e spirito libero”
Una storia fantastica leggendaria di mare e di liberta questi sono I veri marinai
Grandissimo e ce da pensare ! Buon vento Marco ovunque tu sia.👍
Ho letto con interesse ed angoscia la storia di Marco e mi dispiace non averlo conosciuto .chissa’ perche’ una vita intensa e’ quasi sempre troppo breve .Con gli appunti che avete , con le storie di chi lo ha incontrato perche’ non lo ricordiamo per sempre scrivendo la sua storia
In un libro
Grande Marco! che il vento caldo ti accompagni verso il traguardo che ai dentro al cuore buon vento marnaio buon vento.
Marco ritornerà presto in mare…. Le sue ceneri verranno sparse al largo verso l isola di Tavolara… Io…che sono sua cugina.. con mio marito lo accompagneremo verso il suo ultimo viaggio💖
Sono una cugina di Marco, grazie a tutti coloro che incontrandolo abbiano contribuito in un aiuto. Alla fine era molto malato e chissà se non abbia volutamente scelto Olbia come sua ultima tappa. Noi siamo felici sia andata così perché almeno abbiamo
Potuto fare quello che lui avrebbe voluto.
Tutta la sua famiglia zii e cugini abbiamo contribuito alle spese. Lo abbiamo cremato fatto tutte le pratiche e il 22 maggio lo porteranno a largo e lo restituiremo al mare. Dove lui ha passato tutta la sua vita. Molte cose anche io le sto scoprendo leggendole. Ha scelto di fare questa vita, era felice cosi❤️ Ma anche se passavano anni veniva sempre a Olbia a trovarci❤️Addio cuginetto.
E stato un grande marinaio sono pienamente d’accordo e mi auguro che Nettuno lo culli come uno dei suoi figli migliori e gli possa far rivivere l’amore verso il mare buon viaggio Marco buon vento.🌹🌾🌹
Ieri finalmente siamo riusciti a spargere le sue ceneri al mare… Come lui desiderava… È ritornato in mezzo al mare… In una giornata di maestrale… Per il suo ultimo viaggio… Infinito🖤grazie mille a tutti per i msg
Addio Marco , ti ho conosciuto a Morro Jable Fuerteventura, sei venuto al ristorante dove lavoravo e tra tutti noi ti abbiamo dato viveri , medicinali , una carabina a pistone con proiettili per difenderti dopo tutte le sciagure che già avevi sofferto e dei soldi e sei ripartito dopo aver affondato nella baia il tuo ultimo motore fuoribordo su cui ci abbiamo lavorato giorni e che non me voleva sapere di funzionare . Ti abbiamo ospitato e dato da dormire un letto vero anche se solo una notte per farti una doccia però tu amavo troppo la tua barca e preferivi stare li, ci hai invitato sulla tua barca e abbiamo pescato quattro pescetti che ci siamo mangiati praticamente crudi, é stato affascinante conoscerti e ascoltare le tue avventure e triste sentire le disavventure, hai commosso tutti e ci hai dato un esempio esemplare di come é indispensabile essere adattati in un mondo che ti rende schiavo , ti ricorderemo tutta la vita. Grazie Marco.