Noi che sogniamo di andare alle Olimpiadi di Tokyo. VIDEO
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Un’olimpiade è come una maratona, dura quattro anni, è una lunga rincorsa fatta verso l’obiettivo, un percorso fatto di tanti ingredienti: tenacia, dedizione, caparbietà, vita morigerata, sacrifici, lavoro, e un pizzico di fortuna che non guasta mai, perché basta un’inezia nella giornata decisiva e il sogno può andare in frantumi.
Gli oltre 700 velisti che hanno invaso Genova per la tappa della Hempel World Cup Series stanno partecipando a questa maratona, il cui traguardo è lontano ancora più di un anno, Tokyo 2020. E’ un gioco anche crudele, perché i risultati dei singoli qualificano la nazione, ma poi dentro ogni nazionale è una vera e propria battaglia interna perché solo un equipaggio per ogni classe andrà alle Olimpiadi. Ed è così che diventa difficile anche tra compagni di squadra mantenere nervi saldi, si regata contro gli avversari delle altre nazioni ma al tempo stesso diventa fondamentale fare meglio anche del proprio compagno di squadra. E’ un gioco di nervi, non conta solo la tecnica e il fisico, conta anche e soprattutto la testa. Storicamente infatti gli atleti che arrivano a vincere le medaglie olimpiche non sono solo i velisti più bravi ma anche quelli che sono riusciti a reggere il peso, enorme di questa sfida. Un sogno che costa caro, carissimo, ma per il quale vale la pena battersi perché per uno sportivo non c’è niente di più grande della gloria olimpica.
E allora se in mare il vento latita, come sfortunatamente in questi giorni a Genova, per noi è l’occasione giusta per parlare con questi ragazzi. Abbiamo parlato con Benedetta Di Salle e Alessandra Dubbini compagne del 470, con le laseriste Carolina Albano e Silvia Zennaro, con i ragazzi del 470 maschile Matteo Capurro e Matteo Puppo, e con le super star neozelandesi Peter Burling e Blair Tuke.
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