Quel luogo magico e selvaggio dove sono nati 130.000 marinai
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C’è un’isola nascosta, in Sardegna, nell’Arcipelago di La Maddalena: qui dal 1967 in acque cristallo, circondate dalla natura incontaminata, tantissimi velisti hanno imparato ad andare in barca. E oggi continuano a farlo perché “la società cambia, ma il Centro Velico Caprera resta”
La società cambia, il CVC resta”. Così Enrico Bertacchi, segretario generale del Centro Velico Caprera, sintetizza lo spirito di una delle scuole di vela più antiche (è nata nel 1967) e prestigiose d’Italia: al punto che ha formato, in questi 52 anni, “130.000 allievi e più di mille istruttori”. Tantissimi velisti sono passati per questo angolo di paradiso nel cuore del Parco de La Maddalena, in Sardegna: tra i ‘famosi’ Cino Ricci, Ida Castiglioni, Franco Manzoli, Alessio Pratesi, Luca Goldoni solo per citarne alcuni. Tra le celebrità ‘caprerine’ il grande attore Gian Maria Volontè, che è stato istruttore al CVC: in una recente intervista postata sui social, anche la star del momento Fabio Rovazzi ha dichiarato il suo amore per la scuola di vela.
QUALCOSA E’ CAMBIATO
Sono cambiate le barche, non più i Vaurien, i Caravelle, gli Eau Vive con cui i primi aspiranti velisti si cimentavano, vestiti con le ceratone gialle e i berretti da pescatore bretone: “Ora i corsi si svolgono, per quanto riguarda le derive, sui Laser Bahia e Vago, Topaz Argo fino ad arrivare ai più acrobatici e tecnici RS500 e 800 e ai catamarani. Quest’anno avremo anche un paio di settimane, a maggio, dedicate ai foil, con Waszp, forse S9 Bimare e altri prototipi di barche volanti”.
In altura, Arpège e Comet 850 hanno lasciato il posto ai nuovi First 27, J/80, Sun Fast 3200 e al Pogo 12,50 utilizzato per i corsi altura. Oggi Caprera conta su un parco di oltre cento barche sulle quali muovono i primi passi o migliorano le loro abilità una media di 3.000/3.200 allievi l’anno che prendono parte all’ampia offerta di corsi.
Sono cambiati i costumi: “Al giorno d’oggi i ragazzini arrivano a Caprera e per i primi due giorni sperimentano il ‘disagio’ di abituarsi a ritmi completamente diversi: all’inizio non vogliono mollare lo smartphone, poi se ne dimenticano ed entrano al 100% nello spirito della comunità: abbandonare la propria comfort zone aiuta a creare legami. Chi è stato un caprerino lo sarà per sempre e cementerà rapporti duraturi con i suoi compagni di corso”.
VITA DA CAPRERINO
Quello che non è cambiato è uno dei segreti del successo del CVC: la sua organizzazione, che si rifà a quella della vita di bordo. E non solo per i corsi di altura dove si naviga a volte senza sosta per giorni in giro per il Tirreno. Generalmente quelli sulle derive e i precrociera sui cabinati, hanno una durata di due settimane. Si arriva a Caprera da La Maddalena via mare, si viene smistati nelle tre basi (Punta Coda, la prima e storica, la base precrociera e quella del perfezionamento) e si entra in un mondo nuovo. Le norme comportamentali che regolano la convivenza alla base sono raccolte in un regolamento che tutti sono tenuti a rispettare.
La cucina, così come la manutenzione delle attrezzature, sono affidate a personale specializzato. Tuttavia una volta a settimana a ciascun allievo spetta il turno ‘di comandata’ durante il quale, simulando la vita di equipaggio e coordinati dal personale della base e dagli istruttori, svolge diverse mansioni che concorrono al funzionamento della base.
La giornata inizia alle 6.30 (per chi è di turno per preparare la colazione anche prima delle 6), alle 7 si fa colazione tutti assieme: “Una mattina nelle cucine”, racconta Bertacchi, “mi è capitato di incontrare un allievo che avrà avuto 14 anni: stava sbattendo 90 uova per la frittata. Mi ha guardato e mi ha detto: ‘Mi sa d’ora in poi, a casa, cucinerò sempre io la frittata. Siamo solo in tre!’. Lo spirito di Caprera stava facendo effetto”. Dopo colazione, l’alzabandiera e alle 8.30 l’inizio dei corsi teorici, poi si esce in mare e si sta fuori fino alle 12.30. A terra si pranza e alle 15 si è di nuovo in acqua: alle 18 si svolge il debriefing della giornata con gli istruttori, alle 20 si cena e alle 22, in teoria, si va a dormire: “In teoria, perché è a quel punto che si tirano fuori le chitarre, si sta assieme, nascono amicizie”.
I PUNTI IMPRESCINDIBILI
Ci sono altre caratteristiche che non sono cambiate in mezzo secolo di CVC: “Non è cambiato quello spogliarsi dei propri ruoli sociali che ha sempre caratterizzato il nostro mondo. A Caprera si è tutti uguali. Anche gli istruttori e gli aiutanti di terra sono tutti volontari, proprio come nel 1967”. È rimasta – per fortuna – quella natura selvaggia e incontaminata che ormai sarebbe impensabile trovare in Tirreno: “Sembra davvero l’Isola che non c’è, come mi ha detto una volta un istruttore”.
Natura che il Centro mira a proteggere sempre di più: “Abbiamo bandito l’utilizzo di plastica monouso e bottiglie, siamo diventati partner di realtà come One Ocean Foundation dello Yacht Club Costa Smeralda e CleanSeaLife, progetto che vede come capo fila il Parco dell’Asinara ed è cofinanziato con fondi LIFE della CE, con i quali sensibilizziamo sui danni causati dalle plastiche e dalle microplastiche. Grande successo sta avendo il corso d’altura ‘Navigazione e Ambiente’, dove a bordo assieme agli allievi non c’è solo uno skipper ma anche un biologo marino”. Senza dimenticare le tante iniziative sociali lanciate dal CVC: dall’utilizzo della vela come psicoterapia per chi ha subito interventi oncologici alla partnership con gli istituti tecnici per l’alternanza scuola lavoro.
Eugenio Ruocco
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1 commento su “Quel luogo magico e selvaggio dove sono nati 130.000 marinai”
Ragazzi la scuola di Caprera mi ha lasciato tra i ricordi più belli della mia vita. Ho frequentato i corsi fino a diventare istruttore poi il lavoro non mi ha consentito più di andare a Caprera. In tutti questi hanni ho posseduto barche a vela, ma continuò a coltivare il sogno di poterci tornare non appena gli impegni me lo consentiranno. Speriamo presto.
Andateci e sarà per voi una esperienza di vita indimenticabile.