Hanno trovato le microplastiche anche dove sarebbe stato impensabile trovarle

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Cattiva notizia. Hanno trovato le microplastiche anche dove sarebbe stato impensabile. Ovvero, nella Fossa delle Marianne
(Mariana Trench), l’abisso più profondo conosciuto (il cui massimo picco – l’abisso Challenger – raggiunge i 10 994 m sotto il livello del mare), nell’Oceano Pacifico nord-orientale. E’ il risultato di una ricerca pubblicata su Geochimical Perspectives.

Vi abbiamo già parlato, con l’aiuto degli esperti, dei pericoli delle microplastiche (https://www.giornaledellavela.com/2018/10/14/sette-cose-sulle-microplastiche/). Sono microframmenti di meno 5 mm che derivano da prodotti che contengono direttamente microsfere di plastica, come creme esfolianti (scrub), dentifrici, smalti e altri cosmetici, (ma anche dal lavaggio di vestiti che contengono fibre sintetiche) o dalla frammentazione di rifiuti o altri prodotti in plastica di maggiori dimensioni.

La loro pericolosità sta proprio nella loro piccolezza: i pesci le ingeriscono, alcuni piccoli frammenti penetrano all’interno dei loro corpi sfruttando le microcavità dell’apparato digerente e la plastica che noi stessi contribuiamo a creare tutti i giorni, con comportamenti poco attenti, ci ritorna nei banchi delle pescherie sotto forma di “pesci plastificati”.

Torniamo negli abissi: nella Fossa delle Marianne sono stati trovate concentrazioni di microplastiche tra i 200 e 2200 pezzi di appena pochi millimetri per litro. Ovviamente non è l’unica depressione a registrare un tale inquinamento, in quanto anche in Giappone, Izu-Bonin, Perù-Cile, Vanuatu e isole Kermadec, i risultati sono decisamente preoccupanti.

COME E’ POSSIBILE TUTTO CIO’

Una risposta all’elevata abbondanza di microplastiche presenti nelle acque di fondo e nei sedimenti della Mariana Trench, può essere data dalle correnti derivanti dalle regioni industrializzate del Pacifico nordoccidentale e dalla Gyr Subtropical North Pacific, chiamata “Great Pacific Garbage Patch”.

E la colpa è ancora una volta nostra. Un banale esempio sono gli scarti derivanti dall’utilizzo della lavatrice, dove le microfibre sintetiche dei nostri vestiti vengono incurantemente lasciate defluire nei canali di rigetto, e disperse poi nel mare.

Il consiglio che possiamo darvi è innanzitutto di scegliere prodotti cosmetici e per l’igiene personale “microplastics-free” e magari attrezzarvi con una “palla attira microfibre” tipo quella prodotta dalla Coraball (https://coraball.com/, nella foto a lato) da mettere nella lavatrice ad ogni lavaggio.

E.P.

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