Parla Dan Lenard: “Così ho attraversato l’Oceano senza strumenti né autopilota”

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“Ho poco tempo, alle 12 riparto per Miami, mi mancano più di mille miglia”. Ha fretta di concludere la sua navigazione, il designer di superyacht Dan Lenard. In realtà, l’impresa l’ha già portata a termine: ha navigato in solitario da Cadice, in Spagna (da cui era partito lo scorso 20 di gennaio) ad Antigua, ai Caraibi, per quasi 4.000 miglia (ci ha impiegato un mese) a bordo di una barca di 10 metri, Scia, che ha realizzato riciclando parti di imbarcazioni diverse.

E come se non bastasse, ha navigato completamente senza strumenti né motore. Niente bussola, gps (aveva solo un transponder con il quale chi lo seguiva da terra poteva visualizzare la sua posizione, ma lui non poteva usarlo per capire dove fosse), nemmeno un più “nostalgico” sestante. Niente. A bordo di scia nemmeno un generatore. Ve ne abbiamo parlato QUI.

LA VERA IMPRESA? ESSERE SENZA AUTOPILOTA
“La vera impresa”, ci ha svelato Dan telefonicamente da Antigua, “è stata quella di navigare senza pilota automatico. Quella è la vera difficoltà. Il fatto di non poter contare sull’autopilota fa sì che tu debba programmare la tua giornata nei minimi particolari, soprattutto quando sei alle portanti sotto gennaker. Devi prevedere anche quando dovrai mollare la barra per mangiare o fare pipì. Per dormire, bloccavo la barra con due elastici, fissavo la randa con la ritenuta e mettevo il fiocco a collo. Poi mi svegliavo e ripartivo. Ma lo svantaggio è anche vantaggio: il fatto di dover timonare senza sosta ti rende conscio della navigazione al 100%, capisci quanto stia andando la barca, come scivola sulle onde, se c’è qualche regolazione di fino da eseguire. Sei veramente l’artefice del tuo destino”.

COME DAN HA USATO IL SUO OROLOGIO
Poi prosegue: “E io che pensavo che lo scoglio più difficile fosse la navigazione senza strumenti! Hanno ragione quando dicono che anche un pezzo di legno lanciato in acqua in Oceano, prima o poi arriva ai Caraibi, non si può sbagliare! Sono i venti stessi a portarti qui. Devi proprio impegnarti per finire da qualche altra parte, forzando la rotta. Nello specifico, io mi sono aiutato con il mio orologio, fissandolo sull’orario dell’isola di Saint John’s (Antigua e Barbuda). Sapevo esattamente gli orari di alba e tramonto dell’isola, quindi mi è sempre stato chiaro dove puntare la prua”.

MALEDETTA BONACCIA
Essendo partito in sordina, senza routing né consiglieri meteo, Dan ha dovuto affrontare più volte il vero nemico dei navigatori, la bonaccia. Ecco perché, a detta sua, non è riuscito ad arrivare in tempo per il Miami Boat Show (14-18 febbraio): “L’unica ‘sfiga’ che ho avuto è stata il poco vento. Sono rimasto a ciondolare otto giorni nella calma piatta più totale. E’ stato un miracolo se in quel lunghissimo lasso di tempo (e fidatevi, per un velista come me stare fermi è una sofferenza) sono riuscito a macinare una cinquantina di miglia verso ovest, grazie a Code 0, Code 2 e Gennaker. E anche nelle giornate in cui soffiava un po’ di brezza, non l’ha mai fatto per più di 8-10 ore. Al tramonto, calava”.

ONDE LUNGHE E AVARIE
Come si è comportata la barca? “Il barchino fila, ve lo garantisco. In condizioni di mare poco mosso, è una bomba. In condizioni di vento leggero però, dovendo affrontare le onde oceaniche, ampie e lunghe, soffriva la fase di risalita. Non è stato semplice!”.
Un’ulteriore giornata Lenard l’ha persa quando ha avuto un’avaria al rollafiocco al largo delle Canarie: “Ho dovuto smontare il tamburo del rollafiocco e fissare lo strallo in prua prima di procedere alla riparazione. Un’operazione che, eseguita in solitario, richiede tantissimo tempo!”.

Adesso conta di arrivare a Miami in (almeno) 6-7 giorni, la distanza che separa Antigua da Miami è di circa 1.150 miglia. Prima di salutarci si è raccomandato: “Se potete, dite a tutti quelli che vogliono venire ad Antigua di ormeggiarsi all’Antigua Yacht Club Marina Resort Falmouth Harbour. Ti accolgono alla grandissima!”

E.R.

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5 commenti su “Parla Dan Lenard: “Così ho attraversato l’Oceano senza strumenti né autopilota””

  1. Francamente non si comprende il senso di questa bravata. Chiunque vada minimamente per mare sa che una bussola e due strumenti, seppur di antico lignaggio qualora non si volesse accettare il progresso, sono quelli che garantiscono il minimo sindacale della sicurezza e del buon senso in mare. Al di là del dubbio che sorge sulla effettiva navigazione condotta solo con un orologio (un iPad con navionics gettato a mare in vista di Antigua insieme all’ST 1000 di Raymarine, sono ipotesi che getterebbero un’ombra sulla buona fede di Lenard ma ne riabiliterebbero il suo buon senso e conoscenza del mare…) varrebbe la pena ricordare che una bussola ed il bisnonno del sestante li aveva imbarcati anche Cristoforo Colombo.
    Rivedendo le rotte percorse tracciate dal transponder, si notano ore senza un cambio neppur di un grado nella rotta, evidentemente compensando con gli elastici ed il suo fermo braccio ogni deriva e scarroccio: e tutto senza strumenti! Il rispetto del mare con cui il progettista di Mega Yacht (che inquinano più di 10.000 automobili ogni volta che avviano i motori…) ha voluto vestire la sua azione, dovrebbe passare anche attraverso un atteggiamento di umiltà di fronte ai rischi che presenta. Forse il vento scarso, più che un inconveniente come da lui lamentato, è stato il vero segno della bonaria indulgenza che il mare ha concesso ad un dilettante un po’ sbruffone…

  2. se anche fosse vera la narrazione non ne comprendo il senso, mi sembra veramente una bravata come ha giustamente considerato arturo. chiunque ami navigare, anche per un senso di rispetto del mare, non farebbe nulla del genere.

  3. Lancio in mare un messaggio nella bottiglia, grato a chi lo raccoglie, pur sapendo che non sarà facile, nemmeno immediato: avrei bisogno di sapere, perchè in fatto di mare e di navigazione ho scarse conoscenze, se è teoricamente possibile che una zattera alla deriva (quindi non governata) dalle canarie, possa rientrare attraverso le sole correnti nel mediterraneo attraverso gibilterra. E’ importante. M.

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