Una barca che va forte a vela è una barca ecologica
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«Ho cercato di rendere più semplici, veloci e divertenti le barche a vela perché volevo che i diportisti le cominciassero a scegliere al posto di quelle a motore», Luca Bassani spiega così la sua decisione di fare nascere i Wally.
Non c’è dubbio infatti che una barca a motore emetta sostanze nell’aria e nell’acqua, in poche parole inquini. E non c’è dubbio che una barca a motore inquini più di una barca a vela. Attenzione però: in termini di impatto globale posiamo già ritenere il diporto nautico un’attività più che sostenibile.
Il peso assoluto in termini di inquinamento delle nostre barche è davvero poca cosa. Secondo quanto comunicato da vari enti e associazioni, l’Ipcc (l’organismo intergovernativo sui cambiamenti climatici sotto egida Onu; l’Epa, agenzia statunitense di protezione dell’ambiente, e Sybass, l’associazione dei costruttori di superyacht) e con riferimento al 2014, sulle 9,86 miliardi di tonnellate totali di gas serra emessi nell’atmosfera (principalmente anidride carbonica -CO2- e ossidi di azoto -NOx- più o meno in rapporto di 10 a 1 tra loro), si scopre che i trasporti sono responsabili del 14% delle emissioni di gas serra.
E all’interno di questo settore a sporcare di più ci pensano, in ordine, lo shipping (il trasporto merce via nave), l’aviazione e le auto, che insieme superano il 99,3%. Il restante 0,6 è finalmente responsabilità del diporto.
Insomma, non siamo noi i colpevoli del cambiamento climatico. In ogni caso molto si può fare, ma soprattutto molto è già stato fatto. Oggi una barca è molto meno impattante della stessa barca di 10 anni fa. E a guidare la ricerca è stata più che la voglia di essere rispettosi per l’ambiente, la voglia di spendere meno.
In altri termini, essere più sostenibili è una scelta vantaggiosa da tutti i punti di vista: si inquina meno perché si consuma meno e quindi si spende di meno. Tuttavia quando una barca a vela non usa le vele per muoversi, diventa una barca a motore. Certo con linee d’acqua molto più efficienti e con motori molto più piccoli: un 43’ a motore del 2018 ha a bordo due motori da 400 cavalli, un 43’ a vela ne installa uno da 55.
Tuttavia anche una barca a vela quando va a motore inquina. Allora che cosa hanno pensato cantieri e progettisti? Realizzare barche che vadano a vela anche quando una volta si sarebbe usato il motore, ovvero barche che riescano a sfruttare anche le ariette in modo piacevole (un esempio? La prova dell’Oceanis 46.1).
Il merito è da ricercarsi in tanti aspetti: piani velici più efficienti con fiocchi piccoli (che richiedono meno impegno nelle virate) o con Code 0 a portata di famiglia; piani di coperta ottimizzati per un utilizzo in solitaria o quasi (ormai dal timone si controlla praticamente ogni manovra), materiali di costruzione più leggeri, sia per scafo sia per gli interni e linee d’acqua molto più efficienti a parità di volumi vivibili.
Gli spigoli in murata, per esempio, tanto per rifare l’esempio dell’Oceanis 46.1, al baglio massimo allargano la barca di 50 centimetri rispetto all’Oceanis 45 che sostituisce, mantenendo la stessa larghezza al galleggiamento. E tutto ciò si porta dietro l’effetto collaterale che il motore speso può essere più piccolo e per di più un motore del 2018 è molto più efficiente del suo equivalente nato 20 anni prima: a parità di cilindrata svulippa più potenza, consuma di menoe rilascia meno inquinanti nell’ambiente.
Ma non basta, ed è sempre Bassani a ricordarlo: «già oggi abbiamo oltre ai motori anche generatori molto più efficienti e la riduzione dei consumi quando non si viaggia è un altro degli aspetti in cui si è cresciuti molto da questo punto di vista». Insomma, andare a vela oggi è più facile e più vantaggioso anche quando c’è meno aria o quando si è più fermi. E se non è essere ecologici questo…
Giacomo Giulietti
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