Come vesto la mia barca? Teak, rivestimenti sintetici o alternative naturali? PRIMA PARTE
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Partiamo subito dicendo che la scelta del teak, per una coperta, è uno stile. Come è uno stile optare per un materiale alternativo sintetico (o naturale). La prima domanda che dovrete porvi, se state decidendo come “vestire” la vostra barca, è relativa a quanto tempo e risorse desideriate impegnare per la manutenzione della coperta. Se la risposta è “poco”, il nostro consiglio è quello di indirizzarvi su un altro tipo di rivestimento. Siccome però “l’olio di gomito” paga, è vero che le imbarcazioni con la coperta in teak, se quest’ultima è in buone condizioni, tendono a tenere meglio il il prezzo di mercato e a conservare il loro valore più a lungo. Se fino a qualche anno fa, tuttavia, il teak rappresentava, anche a livello estetico, il non plus ultra (e, fattore da non sottovalutare, scaldava molto meno al sole rispetto ai materiali sintetici), è anche vero che negli ultimi tempi il mondo dei rivestimenti alternativi ha fatto passi da gigante: a meno che non andiate a curiosare da vicino, cogliere ad occhio la differenza tra teak e “finto teak” sta diventando sempre più difficile. Di questo si è accorta la maggioranza dei cantieri che offre nel “package” la possibilità di avere la coperta in teak sintetico o in materiali alternativi.
BELLO E IMPEGNATIVO
Vi renderete subito conto che la grande differenza, ancor prima che nel prezzo o nel peso, sta nella necessità o meno della manutenzione, sia ordinaria che straordinaria. E qui torniamo alla nostra premessa. Se vi rilassate prendendovi cura della vostra barca, come fosse casa vostra, il teak sa regalare soddisfazioni, quando è pulito e brillante non ha eguali dal punto di vista estetico: ma sappiate che, come ci ha detto Enrico Malingri, uno che di barche se ne intende, “va lavato almeno una volta ogni due settimane e sottolineo almeno”. Senza contare che, trattandosi di legno, assorbe liquidi oleosi e quindi ogni macchia va lavata via il prima possibile o c’è il rischio che diventi indelebile, rendendo necessaria la carteggiatura e quindi l’assottigliamento della coperta. E ancora: periodicamente dovrete sostituire il comento in gomma e dare l’olio per nutrire il teak, perché essendo un materiale “vivo” tende a seccarsi e imbianchire per proteggersi dal sole. Se mantenuta a dovere, una coperta in teak può anche durare 30 anni: stiamo parlando ovviamente di legno massello, perché le alternative più economiche (come il compensato di teak, con uno strato di legno molto sottile incollato a uno di compensato) hanno necessariamente vita più breve.
CHE COMODITA’!
I vantaggi offerti dai rivestimenti sintetici, naturali (dalle vernici antiscivolo) vanno considerati proprio dal punto di vista della manutenzione. Una volta che avrete incollato (solitamente con una colla poliuretanica) il materiale in coperta, non dovrete preoccuparvi più di nulla. Qualora saltassero fuori delle “bolle”, al 99% sarà colpa di una cattiva installazione (a proposito, potete far da voi ma è sempre meglio, per la posa, affidarsi a chi lo fa di lavoro). Se qualche macchia, anche oleosa, cadrà sul materiale non penetrerà e scivolerà via, lo sporco più resistente potrà essere eventualmente carteggiato. Inoltre, i rivestimeti di ultima generazione non scoloriranno al sole (salvo quelli a base di sughero, che essendo un materiale naturale tende a comportarsi com il legno) e non verranno intaccati dalle intemperie o dalla salsedine. In caso di caduta di oggetti pesanti, tutti i nuovi rivestimenti rispondono con una buona capacità di compressione e hanno meno probabilità di rompersi rispetto al teak tradizionale. Infine, è molto interessante la possibilità di “customizzazione” offerta dai rivesimenti alternativi, personalizzabili con scritte e loghi stampati.
ALCUNI BUONI ESEMPI
Permateek (importato in Italia da Refit Style) è in PVC, noi l’abbiamo testato a bordo di un Fax Zuanelli in Sicilia e, sotto il sole (già cocente) di giugno abbiamo potuto constatare che, a piedi nudi, è più che sopportabile a livello di temperatura. Per quanto riguarda l’estetica, poi, sembra proprio legno, anche da una distanza media. MarineCork avevamo già avuto modo di provarlo: la nostra perplessità era che, trattandosi di sughero, potesse facilmente sgretolarsi. In realtà si tratta di un prodotto trattato in modo tale da conservare la sua compattezza senza perdere grip. In più, costituisce un buon isolante termico (niente salti in coperta sotto al sole!) e può essere una soluzione interessante anche per evitare che sottocoperta l’atmosfera, diventi invivibile con i primi caldi.
Abbiamo voluto includere anche il “pianeta” delle vernici antiscivolo, rappresentato da Kiwi Grip (prodotto importato da Indemar), perché, di fatto, è una delle soluzioni più pratiche per la vostra coperta e per gli amanti del fai-da-te. L’applicazione avviene con un rullo speciale, potrete decidere lo spessore e la “grana” dell’antiscivolo a seconda della pressione che eserciterete. Per quanto riguarda gli scafi in vetroresina, se la superficie ha già un antiscivolo (precedentemente applicato oppure di fabbrica) non più efficace sul quale deve essere steso il prodotto, non dovrete carteggiare ma solo pulire poi procedere. Se invece si tratta di superficie “vergine” sarà necessario carteggiare (grana da 60 a 180), pulire accuratamente e poi partire con la stesura. Per barche in legno, alluminio o metallo: dopo aver pulito bene, dovrete stendere uno strato di vernice isolante (tutti i primer esistenti vanno bene a patto che non contengano silicone. La leggerezza del prodotto e la sua economicità lo rendono una delle scelte più utilizzate dai navigatori che badano alla sostanza o alle prestazioni: sono tanti, ad esempio, i velisti oceanici che si affidano alle vernici antiscivolo!
IL TEAK? NON MORIRA’ MAI
Concludiamo: trattandosi di un mondo relativamente nuovo, quello dei materiali alternativi al teak è in continua evoluzione ed è plausibile che in futuro sarà la soluzione più utilizzata, anche perché i prodotti di oggi tendono a scaldare molto meno rispetto ai primi “esperimenti”. Come è anche plausibile che un certo tipo di yachting (barche d’epoca, classiche o “modern-classic) continuerà a fare uso del legno tradizionale. Lo ha dimostra l’avvento della vetroresina: il successo delle “barche di plastica” non ha mandato in pensione il teak ma lo ha reso una “nicchia” per appassionati.
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