Cosa c’è sotto? Tutti i tipi di chiglia a confronto
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Fluidodinamica. Con questa parolina magica possiamo riassumere buona parte degli studi scientifici sul mondo delle barche a vela e delle chiglie in particolare (anche se il campo di maggiore impiego di questa disciplina è l’aeronautica). La forma delle chiglie, delle lame di deriva e delle zavorre, ha determinato in maniera cruciale lo sviluppo delle barche a vela e la loro progettazione anche con casi eclatanti. Pensiamo per esempio al 1983 a Newport, quando le famose “alette” sulla chiglia di Australia II interruppero 132 anni di vittorie a stelle e strisce nell’America’s Cup grazie all’intuizione di Ben Lexcen, progettista della barca australiana. Ma è errato pensare che questi studi siano importanti solo per il mondo delle regate, anche quello della crociera è migliorato in maniera drastica grazie all’evoluzione delle chiglie. Barche più sicure, più stabili, con maggiore momento raddrizzante e capaci di navigare in maniera più efficace in tutte le andature, nonché essere più “ferme” anche all’ancora: il mondo della vela da crociera ha ricevuto un contributo indispensabile dalle evoluzioni progettuali sperimentate prima in regata.
In origine vi era la chiglia lunga. Sicura, un tutt’uno con lo scafo, solidissima, ma scarsamente efficiente in un ampio ventaglio di situazioni. Baricentro piuttosto alto, scarsa portanza nel vento leggero, poco raddrizzamento in quello forte, poca stabilità in poppa con vento e onda: per una serie infinita di motivi la chiglia lunga è stata superata dalla storia. Oggi se facciamo un giro in un cantiere tra le barche in secca vedremo sostanzialmente tre tipologie di chiglia: la pinna trapezoidale, tipica delle barche degli anni ’70-’80 e parte dei ’90, la chiglia con scarpone o a L e quella a T rovesciata. Se la trapezoidale oggi viene usata un po’ meno le altre due tipologie e le loro varianti sono realtà. Senza dimenticare ulteriori varianti come la canting keel o la lifting, o vero la chiglia basculante e quella retrattile.
PESCAGGIO CORTO O PROFONDO, QUALE SCEGLIERE?
Partiamo da un concetto: che differenze ci sono tra i sistemi appena elencati (T, L o trapezoidale)? Il posizionamento del baricentro è la differenza eclatante. In ordine crescente, a parità di pescaggio, quella ad avere il baricentro più basso è la chiglia a T, segue quella a L e infine quella trapezoidale. Se osserviamo una chiglia moderna da regata noteremo una lama di deriva affilata e sottile, al termine della quale è posizionato un siluro dalla forma molto rastremata. Più la chiglia è profonda, indipendentemente dalla sua forma, – o più il peso è concentrato in basso – più aumenta il momento raddrizzante e in maniera direttamente proporzionale maggiore sarà il pescaggio minore potrà essere il peso del bulbo per ottenere un obbiettivo di raddrizzamento. Ne consegue quindi che un requisito fondamentale di una buona chiglia è quello di avere il baricentro basso, sul versante delle barche da crociera, che hanno generalmente chiglia a L o trapezoidale, diventa quindi cruciale anche profondità del pescaggio. Se quindi vi state domandando quale chiglia scegliere per la vostra barca nuova nelle opzioni offerte dal cantiere, chiglia corta o lunga, se il vostro obbiettivo è navigare bene, comodi e in maniera efficiente, non abbiate dubbi: meglio la chiglia profonda, abbasserà tutto il baricentro della barca.
A cosa serve avere il baricentro basso? Indubbiamente a sbandare di meno, e non è poco. Ma anche a ridurre lo scarroccio e permettere di disegnare un piano velico più generoso e in ultimo, ma non certo per importanza, la barca sarà più stabile anche all’ancora. Chiglia più profonda è uguale a minor peso necessario in zavorra, quindi indirettamente tutta la barca peserà in maniera minore.
COME SI COMPORTANO I DIVERSI TIPI DI CHIGLIA?
Prendendo in esame la trapezoidale, quella a L e quella a T, ognuna ha punti deboli e punti forti, anche se in termini di performance pura non c’è dubbio che quella a T sia la più efficace. Ma la performance è solo un aspetto, nel variegato mondo della vela ce ne sono molti altri che contano molto e forse di più. La pinna trapezoidale per esempio è molto più semplice da costruire data la sua geometria semplice e risulta particolarmente resistente in caso di urti data la grande superficie d’attacco sullo scafo. Piuttosto tenace anche quella a L, mentre la T è certamente la più fragile in caso di urti, dato che spesso la corda della lama di deriva, ovvero quanto è larga (non spessa) la lama, è molto contenuta per migliorare la velocità.
La pinna trapezoidale, avendo un momento raddrizzante più contenuto, sottopone a sforzi minori la struttura della barca mentre con una chiglia a T o a L i carichi sono decisamente più importanti. Per questo motivo le imbarcazioni dotate di lama e siluro avranno caratteristiche costruttive particolari per assorbire i carichi imposti allo scafo dall’appendice e nella maggior parte dei casi costeranno molto di più.
C’è poi da esaminare un altro fattore importante, il materiale di costruzione. Quelli più diffusi sono piombo e ghisa, che hanno comportamenti e rese decisamente differenti.
Il peso specifico tra i due materiali è differente: quello della ghisa è minore, intorno ai 7 kg per decimetro cubo contro gli 11.34 del piombo. Che significa? Vuol dire che per raggiungere le stesse caratteristiche di peso serve più ghisa che piombo: di conseguenza la chiglia realizzata in ghisa, a parità di peso e di pescaggio con quella in piombo, avrà un volume maggiore e questo determinerà maggiore resistenza idrodinamica quindi generalmente una barca più lenta. Ma c’è un altro elemento a favore del piombo, la reazione agli urti. La ghisa non si deforma e un eventuale impatto verrà scaricato sull’intera struttura della barca, il piombo invece modifica la sua forma con un impatto violento e quindi, almeno in parte, ammortizza il colpo. In pratica se vi trovate a poter scegliere tra ghisa e piombo va preferito decisamente quest’ultimo.
Mauro Giuffrè
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4 commenti su “Cosa c’è sotto? Tutti i tipi di chiglia a confronto”
buongiorno! E le derive mobili? Sono chiglie anche loro e le barche a deriva mobile sono le più sicure. Perchè non ne parlate? Io navigo su un Garcia Passoa 54 e vi assucuro che portare la deriva nella pancia con il mare alto al lasco o navigando nei bassi fondali è fantastico e molto sicuro oltre al confort che non ho mai avuto su barche a chiglia fissa. Cordilammente Claudio
Ma non è che abete invertito la didascalia della chiglia a L con quella trapezoidale?
Buongiorno. Questo articolo mi pare esalti troppo le qualità delle chiglie moderne tralasciando completamente la lunga e penalizzando la trapezoidale.
Queste ultime infatti appesantiscono lo scafo (rendendo più stabile la barca) e azzerano completamente le possibilità di perdere la chiglia.
Le barche moderne hanno profili di scafo che sbattono sull’onda e bolinare sembra diventata una parolaccia, perché tanto controvento ci andiamo a motore 😉
Le barche “vecchie” (fino anni 80) col loro tipo di chiglia prediligevano la bolina perché per bolinare ci vuole una barca sottile mica come quei prosciutti col baglio centrale a poppa. ;-D
Poi, riguardo alla sicurezza, l’Assent, Contessa 32 con chiglia trapezoidale, fu la più piccola barca che completò la Fastnet race del 1979;
nel 1998 invece, il Winston Churchill (chiglia lunga: il suo proprietario quando l’aveva comprata aveva la chiglia piena di cemento, lui l’aveva rimosso e aveva messo piombo) alla Sydney Hobart, si era ribaltata ma era così resistente che nemmeno disalberò…😜
Cordialissimi saluti dal vostro lettore numero uno!!
Avete invertito la chiglia trapezoidale con la chiglia a L nelle immagini di spiegazione..