Altair 3, Dottor Jekyll e Mister Hyde: la passione regata-crociera di Sandro Paniccia
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C’è chi ama la crociera, chi la regata e chi invece non si accontenta e vuole fare, ad alti livelli, entrambe. La storia di Sandro Paniccia, armatore dello Scuderia 50 Altair 3 campione d’Italia ORC a Ischia per il secondo anno consecutivo, si potrebbe riassumere proprio con l’incipit di questo articolo. Un armatore esigente che ha intrapreso la vela da ragazzo e regata da oltre 40 anni. Sandro ama visceralmente la vita da crociera che gli permette di assaporare meglio la barca, il piacere del mare e le persone che lo circondano, ma non sa rinunciare al brivido dell’adrenalina in regata. Come conciliare due mondi inconciliabili? Come adattare la barca a due attività che non hanno nulla in comune? Tutto parte da una sconfinata passione e da idee molto chiare, ecco cosa ci ha raccontato in una lunga chiacchierata, un’esperienza tutta da leggere. Un approfondimento ulteriormente impreziosito dall’analisi tecnica del progettista Umberto felci, che è andato a fondo nei dettagli progettuali della barca rivelandoci alcuni dei segreti vincenti.
Quando e come è iniziato tutto?
Io sono nato velisticamente sulle derive sulle quali navigavo già da fine anni ’60, andavo in Flying Yunior e poi ho fatto anche Laser, e penso che le derive siano indispensabili per chi punta a fare vela a un buon livello. La prima barca di famiglia arrivò nel 1975, un progetto di Carter. Durante tutti gli anni ’70 si susseguirono altre due barche e con la seconda, che era un progetto di Sciomachen, regatammo per diversi anni. Nel 1992 arrivò la prima barca da armatore, un piccolo 8 metri e il vero salto fu nel 2003 con l’X-332 seguito poco dopo dall’IMX 40 che comprai da mio fratello. Fu con il 40’ che iniziò l’idea di avere a tutti gli effetti una barca ibrida, sia da regata che da crociera, e così trasformammo l’IMX che era una barca da corsa in una che potesse andare anche in crociera.
I tempi a questo punto erano maturi per un ulteriore salto.
Ho incontrato Umberto Felci con l’idea di fare una nuova barca, un 50 piedi da zero, che rispecchiasse la mia voglia di fare al meglio la crociera ma al tempo stesso fosse velocissima in regata.
Un’impresa tutt’altro che facile
Esattamente, per questo il tipo di costruzione era importante, così come un alto livello di customizzazione. Abbiamo scelto Adria Sail che ha costruito la barca in carbonio ed epossidica, con tutti gli interni realizzati in composito. Una barca, pesa poco più di 8 tonnellate, che è decisamente più leggera rispetto a una tipica da crociera e un po’ più pesante rispetto a una da regata pura. L’albero doveva essere in carbonio ma doveva anche prevedere il lazy bag; la chiglia profonda e adatta alle performance ma al tempo stesso retrattile per potere andare in crociera in Adriatico dove ci sono frequenti bassi fondali soprattutto nei porti. Il piano velico potente con uno square top alla randa per la regata, ma anche una randa classica per andare in crociera. Panche comode in pozzetto da usare come sedute e per lo stivaggio che però devono poter sparire in regata. Insomma una barca custom a tutti gli effetti, nacque così lo Scuderia 50 Altair 3 varato nel 2009.
Buona in crociera, ma gli inizi in regata non furono esattamente quelli attesi..
L’equilibrio di una barca così non è facile da trovare. Il vero esordio in regata fu al Mondiale ORC 2009 di Brindisi, la barca aveva spunti impressionanti alternati a “buchi” difficili da capire. L’equilibrio tra profilo delle vele e assetto della barca era complesso, anche perché montavamo un albero All Spar che per la prima volta vedeva installate le sartie in carbonio e le regolazioni con questo tipo di cavi cambiano non poco: facevamo l’errore di tenere l’albero troppo compresso ma ci volle un po’ di tempo per comprendere il tutto.
Non vi rassegnavate certo a vedere la poppa degli altri..
No, affatto. Fu così che presero forma una serie di modifiche per “sviluppare” la barca. Furono aggiunti 310 kg nel siluro e accorciammo di 25 cm la lama di deriva aggiornandone successivamente anche il profilo, per migliorare l’efficienza della chiglia, operazioni però che al contempo migliorarono anche il rating, quindi avevamo una barca più performante e meno penalizzata in tempo compensato. Allungammo il bompresso, un’operazione al dir poco fondamentale per essere molto competitivi in poppa. Cambiammo poi anche la pala del timone, scegliendo un profilo più stretto e profondo. Attenzione, questo costante ma lento progresso negli anni non è stato frutto di improvvisazione, ma del costante confronto delle sensazioni mie e dell’equipaggio con l’esperienza di Umberto Felci che di fatto ha concepito le ottimizzazioni della barca seguendo i nostri imput.
E alla fine arrivarono le vittorie
Si, decisamente, su tutti i campi, le più note sono i due Italiani ORC ma a noi piace anche regatare in altura e non andiamo certo male neanche li. Posso dire che alla sua decima stagione la barca adesso sia veramente al top.
Ci ha parlato delle regate ma cosa succede quando la stagione agonistica finisce?
Si da vita al cambio di modalità tra regata e crociera. Tiriamo la barca a secco e inizia la trasformazione che richiede due giornate di lavoro pieno da parte di due persone. Cambio elica mettendone una adatta alla navigazione in crociera per avere una spinta maggiore a motore, cambio timone sbarcando quello profondo in carbonio e mettendone uno a pescaggio più ridotto, cambio randa mettendo quella senza square top. Montiamo un bellissimo avvolgifiocco incassato in luogo dell’immancabile tuff luff, montiamo il salpa ancora e le panche in pozzetto. In due giorni la barca cambia aspetto e DNA ed è pronta per navigare in crociera.
Regata o crociera, cosa preferisce?
Sono sincero, ho 62 anni e regatare a questo livello prevede un grande dispendio di energie fisiche e mentali. Oggi se dovessi scegliere direi crociera, perché posso vivermi con più calma la barca, il mare e le persone che stanno con me. Ma devo ammettere anche che non saprei rinunciare all’adrenalina della regata.
L’ANALISI DEL PROGETTISTA UMBERTO FELCI
Ancora una volta le due anime, quella di veloce barca da corsa e quella di comoda ed efficiente imbarcazione da crociera, si sono riunite in un unico fantastico yacht, in una moderna imbarcazione tanto veloce quanto marina e confortevole. In questa esperienza in modo particolare la ricerca di questa sinergia, di questa doppia attitudine, si è spinta oltre il consueto. Grazie alle richieste dell’armatore la Felci Yachts Design ha potuto spostare la sua linea d’azione a livelli ancora superiori al solito. Le performance di questo 50 piedi sono veramente incredibili. Il peso finale dell’imbarcazione in assetto da regata, di poco superiore alle 8,5 tonnellate, ha consentito di utilizzare una carena da vero racer, direttamente derivata dagli ultimi studi CFD.
In particolare la caratteristica che maggiormente colpisce è la forma della poppa, piuttosto potente, piatta e bassa sull’acqua. Associata a questa forma ovviamente c’è tutta la parte poppiere della carena, caratterizzata da uno slancio molto limitato e da un angolo di uscita molto basso. Il baglio massimo è proporzionalmente stretto, con una forma ad U non troppo forzata. Le sezioni di prua continuano con questo andamento regolare mantenendo generosi volumi. Il dritto è ovviamente verticale e piuttosto gonfio, con la piccola ruota di prua leggermente immersa. Una carena potente, pensata per navigare in maniera ideale ad un angolo di sbandamento di circa 18 gradi e planare alle andature portanti sfruttando la lunghezza dinamica e la ridotta superficie bagnata. Anche le appendici sono quelli di un racer senza compromessi. Il timone è in carbonio, lungo e sottile, molto sensibile ed in grado di contribuire sensibilmente alla side force complessiva. La lama di deriva ad alto allungamento, sorregge un siluro di oltre 3 t posizionato ad una profondità di 3.7 m al galleggiamento. I profili di entrambe le appendici sono il risultato di anni di ricerca sviluppato per soddisfare le esigenze di una imbarcazione di questo genere. Entrambe le appendici sono state realizzate a controllo numerico e così come lo scafo, che nasce da uno stampo femmina fresato a controllo, rasentano la perfezione.
A questo corpo da racer puro, realizzato completamente in carbonio impregnato in infusione con resina epossidica, strutturato in maniera da poter affrontare le dure condizioni di esercizio di una regata di altura, è stato abbinato un piano velico di primaria importanza e di futuristica realizzazione. Al corpo monoscocca rigido, omogeneo e leggero costituito dall’insieme scafo – coperta – strutture è stato abbinato l’albero in carbonio alto modulo realizzato da Hall Spars, dotato di due ordini di crocette boomerang acquartierate e da un esclusivo sartiame completamente in carbonio fissato sulla sheer line tramite fittings in titanio.
Per gestire l’ampia velatura e per far si che le prestazioni dello Scuderia fossero apprezzate sia da un numeroso equipaggio di regatanti puri che da un più tranquillo equipaggio di crocieristi, si è scelto di privilegiare la funzionalità di ogni manovra, di aumentare al massimo il volume del pozzetto (rendendo smontabili e asportabili parte delle panche di seduta che in regata non vengono utilizzate) e logicamente di montare la miglior e più sofisticata attrezzatura di coperta possibile. Ma come si sa una imbarcazione adatta alla crociera deve avere anche, anzi soprattutto, caratteristiche di vivibilità interne, di ergonomia, di marinità molto elevate.
Uno degli obiettivi più difficili da raggiungere è stato quello di realizzare tutto quanto necessario in modo che lo Scuderia non avesse nulla da invidiare ad una imbarcazione di estrazione esclusivamente crocieristica. Molta attenzione e molto tempo è stato dedicato allo studio di tutti i dettagli che rendono possibile e piacevole una crociera in famiglia e per far si che l’alto standard di questo concetto fosse mantenuto appunto ovunque. Ma alto standard significa anche in questo caso pesi contenuti.
In crociera, con vento inferiore ai 10 nodi, grazie all’utilizzo di un comodo genoa leggero rollabile, si possono tenere medie di trasferimento che non necessitano certo di motore ausiliario. Questo è importante perché anche in crociera diventerà possibile navigare a vela per realizzare gli spostamenti veloci, anziché dover effettuare lunghe ore di motore. Anche se, qualora ce ne fosse bisogno, grazie alla sua bassa resistenza idrodinamica e grazie all’efficienza di carena e appendici, anche le velocità a motore sono elevate, ottenute a bassi regimi e bassi consumi. Dal punto di vista della divisione degli spazi, tutto ruota attorno alla scelta pregante di questo progetto, di cui non avevamo ancora accennato. Cioè la lifting keel. Questo meccanismo realizzato in acciaio speciale (pinna) ed in carbonio (la cassa di scorrimento) permette allo scuderia di accedere dove normalmente solo i più tranquilli cruiser possono accedere, cioè a rade e porti con una profondità inferiore ai 2,5 metri. Nello Scuderia, schiacciando un pulsante e aspettando circa 40 secondi, si è in grado di passare da un pescaggio da racer di 3,7 metri ad uno da cruiser di 2,4 metri.
Mauro Giuffrè
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