6,50 metri sopra il mare: la (nostra) durissima vita a bordo di un Mini

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C’è poco da fare o da dire, per capire il Mini 650 e chi ci naviga bisogna provarlo sulla propria pelle. L’occasione è arrivata con il trasferimento da Genova a Marsiglia di Base Camp, il Mini 650 con cui il ventenne Matteo Sericano, giovanissima promessa della classe sta affrontando le regate in solitaria di questa sua prima stagione, che ad oggi impressiona molto con due vittorie su tre nelle manifestazioni a cui ha preso parte.

Vita a bordo di un Mini 650: vela dura o pura?

Scatola oceanica, soprannome con cui vengono talvolta definiti, rende l’idea, ma non certo giustizia ai Mini 650 (da leggere 6 e 50) perché queste barche saranno anche piccole – appunto 6,50 metri – ma sono divertenti, veloci, e soprattutto sono vela allo stato puro, tutte sensazioni che il termine “scatola” non riesce proprio a passare. Sono scafi pensati per la navigazione in solitario, dove bisogna avere le idee chiare su dove mettere le mani, quando farlo e soprattutto come. Adesso immaginatevi di dover fare Genova-Marsiglia con il vento sempre in faccia, di dover spostare ogni peso – cioè tutte le borse, cambusa e vele, insomma ogni cosa che può essere pesante e si trova sottocoperta – per ogni virata o cambio di vento. E di non avere una cucina, dei fornelli, un bagno, acqua o una cuccetta dove fare un micro-sonno. Proprio micro-sonno perché in navigazione solitaria dormire più di un quarto d’ora di fila, mentre l’auto-pilota segue la rotta, può essere rischioso o sconveniente. La vetroresina dello scafo è il materasso dove si sta raggomitolati – o meglio incastrati, soprattutto se la barca è sbandata – a prua o a poppa a seconda del vento con la cerata zuppa e salata, indossata a metà, per essere pronti a schizzare fuori per varie ed eventuali. A completare il giaciglio, come pseudo-cuscino, ci pensa di solito un code zero o un’altra delle vele di prua, tendenzialmente fradicio. Dicevamo che non c’è una cucina e quindi anche la cambusa è, per usare un eufemismo, spartana: liofilizzati, barrette energetiche, cibi in scatola. Di wc e acqua non se ne parla neppure, il mare basta e avanza per ogni necessità.

Eppure non vorresti più scendere

Eppure, ogni volta che ci si guarda intorno a bordo, non si riesce a non rimanere affascinati da questa piccola grande barca. Sarà la randa ampia a cui basta un refolo di vento per scivolare veloce tra le onde, o magari sarà la sensazione di libertà che si prova a poter gestire tutta la barca da soli o magari proprio le emozioni – difficilmente spiegabili a parole, per ricollegarci alla prima frase – che il Mini 650 trasmette a chi ci naviga, a spingere velisti come Matteo a prendere parte a regate come la Mini Med – 500 miglia di navigazione non stop da Marsiglia all’arcipelago toscano e ritorno. O forse il sogno che, prima o poi, sugli stessi 6,50 scomodissimi metri, ci attraverseranno l’Oceano.

Giuseppe Boniventi

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1 commento su “6,50 metri sopra il mare: la (nostra) durissima vita a bordo di un Mini”

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