Il kiter: “Velisti, a noi delle Olimpiadi non frega niente. Il kite è la vela dei poveri”
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Risvegliato dal nostro sondaggio, dove vi domandavamo se il kite fosse vela o meno, David Ingiosi, giornalista, velista, kiter e direttore di Kitesoul Magazine (la testata di riferimento nel settore) ci tira le orecchie e illustra il punto di vista. “Parrucconi della vela non ce ne frega niente delle Olimpiadi, noi siamo la vela dei poveri”. Leggete il suo pezzo, secondo noi un vero e proprio manifesto (nascosto tra le righe) dello stile di vita da kiter, e diteci se siete d’accordo:
IL PUNTO DI VISTA DI UN KITER-VELISTA
I kiter stanno ai dibattiti e ai sondaggi come i tori nei negozi di cristalleria. Le Olimpiadi, le diatribe con i velisti, gli interessi delle federazioni, il business dello sport, gli vanno stretti. Sono surfisti, anime ribelli, idealisti, sognatori ed egoisti. Tutto il resto è noia…
Quando ho letto il sondaggio pubblicato dal Giornale della Vela dal titolo “Secondo voi il kite è vela o no? È giusto che diventi disciplina olimpica?” mi è venuta in mente una bellissima frase di Mauro Corona, scrittore, alpinista e outsider italiano: “I sondaggi fanno come quegli amici che stanno all’osteria col sedere all’asciutto mentre fuori diluvia e quando entri bagnato zuppo ti dicono: «Piove»”. Come a dire che i sondaggi non insegnano nulla, sono in ritardo, arrivano sempre dopo. Perché dico questo? Innanzitutto mentre il magazine cerca di sondare le opinioni dei suoi lettori circa l’eventualità che il kitesurf sia vela o se sia giusto che diventi olimpico, ci sono i fatti.
A Dakhla i ragazzi del kitesurf in gara per le Olimpiadi
Un fatto è che proprio in questi giorni, dal 20 al 25 febbraio, si stanno svolgendo a Dakhla in Marocco le qualificazioni ufficiali ai Giochi Olimpici Giovanili di Buenos Aires della classe TwinTip Racing per Europa e Africa. All’evento prendono parte 56 giovani kiter africani ed europei pronti a conquistarsi il biglietto per questo prestigioso evento. Da sottolineare come tra tutte le nazioni presenti a questa selezione l’Italia sia uno dei Paesi più rappresentati con ben 11 atleti, di cui 6 convocati dalla Federazione Italiana Vela. Per le ragazze ci sono Irene Tari, Sofia Tomasoni, Chiara Adobati, Alice Ruggiu e Maggie Eileen Pescetto. Per i ragazzi invece abbiamo Lorenzo Boschetti, Francesco Contini, Alessandro Caruso, Matteo Dorotini e Romeo Marrero Dante.
Insomma i vertici di Word Sailing hanno poco da scannarsi tra loro per decidere se ammettere o no il kite alle Olimpiadi a discapito delle classi veliche storiche. Il kitesurf è già lì, se non ancora nella stanza dei bottoni, quantomeno seduto comodamente nell’anticamera. La strada olimpica del kitesurf è stata intrapresa da tempo e ormai è solo questione di capire in quale edizione dei Giochi Olimpici ali e tavole faranno il loro debutto ufficiale.
Il kitesurf è vela, velisti fatevene una ragione
A sfatare poi i dubbi pregressi sul fatto che il kitesurf sia vela o meno ci hanno pensato un anno fa gli inventori stessi del kitesurf, ossia i francesi, quando a gennaio 2017 il Ministero dello Sport transalpino ha ritirato la delegazione per il kitesurf alla Federazione Francese di Volo Libero per assegnarlo alla FFV, ossia la Federvela francese, a sua volta membro di World Sailing. Un’attestazione ufficiale di come il kitesurf sia considerato a tutti gli effetti disciplina velica per buona pace di puristi e detrattori. Questi sono i fatti.
Le Olimpiadi? Ma che roba è?
Veniamo ora alle opinioni, perché su questo fronte c’è da sottolineare un paradosso. Mentre una parte di velisti tradizionalisti si strappano i capelli (chi ancora ce li ha visto che la media di età mi sembra piuttosto alta) per questa invasione di campo da parte del kitesurf e giustamente alzano le barricate per difendere classi veliche che hanno fatto la storia della vela olimpica, agli appassionati di kitesurf di tutto questo dibattito non frega assolutamente nulla. A chi pratica il kitesurf che questo diventi o meno disciplina olimpica non interessa minimamente. Sapete perché? Perché se pure fosse, quella olimpica sarebbe la rappresentazione forse del 10 per cento di cosa è realmente questo sport e le sue mille espressioni. Nel kitesurf ci sono tante discipline: Racing, Hydrofoiling, Speed, Freestyle, Wave, Big Air, Strapless Freestyle, etc. Il che vuol dire attrezzature e materiali diversi, differenti approcci e filosofia.
Per non parlare di tutta la cultura del surf e della vita da spiaggia su cui si è innestato e formato il kitesurf, la ricerca del vento, la libertà, la velocità, l’amore per le onde, i viaggi, le estati senza fine, i codici di una tribù che parla la stessa lingua e vive le stesse suggestioni. Il kiter in fondo è un surfista, uno spirito ribelle. Le istituzioni, le federazioni, le gare ufficiali, le vive con distacco. Basti guardare il successo preponderante delle competizioni internazionali fuori i circuiti ufficiali. I kiter professionisti le gare ormai se le fanno da soli, con gli sponsor e i premi in denaro.
Il kitesurf olimpico sarà come il windsurf: la vela dei poveri
Tutto questo le Olimpiadi per quanto prestigiose e popolari, non potrebbero mai raccontarlo. Ricordate il windsurf? Chiedete a un praticante windsurfista cosa ne pensa dell’RS:X olimpico. Credetemi, è già tanto se capisce di cosa state parlando. Cioè è un altro mondo. Sono le Federazioni di Vela che vogliono mangiare la torta del kitesurf per ragioni evidenti: fare un restyling, attirare un pubblico giovane, acquisire nuovi settori di mercato, registrare le nuove tendenze della vela, sfruttare la grande comunità dei kiter nel mondo. Il kitesurf al contrario si fa gli affari suoi (e sono molti).
Personalmente da addetto ai lavori, velista e kiter, l’idea del kitesurf olimpico mi entusiasma e per questo nel sondaggio del Giornale della Vela ho votato in questo senso. Ma perché sono un velista evoluto e faccio il tifo per quei ragazzi che scendono in gara a Dakhla con un sogno nel cuore. Se fossi un kiter puro, nemmeno starei al pc a rispondere ai sondaggi dei magazine, ma quasi sicuramente sarei in acqua, a scendere col sorriso in faccia e il culo stretto dal picco di un’onda…
David Ingiosi
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19 commenti su “Il kiter: “Velisti, a noi delle Olimpiadi non frega niente. Il kite è la vela dei poveri””
Sono un ex windsurfista passato per limiti d’età alla più comoda vela da crociera e condivido in pieno il pensiero di David.
Mi piacerebbe avere nuovamente 20 o 30anni per poter provare l’ebbrezza che può dare il Kite, sicuramente maggiore di quella del windsurf, ma a 70 debbo accontentarmi! Comunque ricordo con grande emozione i tempi in cui con il winds. girando attorno alle barche IMS o IORC in regata tra Comacchio e le torri di Ravenna, facevamo incazzare skipper, armatori e giudici di gara perchè la nostra velocità era doppia della loro.
<<>>
erano gli anni ’50 e ’60 – siamo nel 2018 !!
quelle atmosfere di tranquilla serenità non esistono più
ora c’è solo adrenalina da competizione (“a chi c’è l’ha più lungo”)
siamo ben oltre 2001 Odissea nello Spazio di Kubrik
Ciao Paolo, grazie dell’apprezzamento e di aver condiviso i tuoi ricordi di windsurfista. Ci sono kiter di 70 anni e oltre che si divertono tanto a planare con il kite. Sono sicuro che le stesse emozioni le hai conosciute anche tu.
Ciao Biagio, nel kite esattamente come nella vela, c’è tanto spazio per l’adrenalina, così come per le veleggiate in assoluta tranquillità a godersi la natura , il mare e il vento…
ti garantisco che attraversare il canale d’ingresso del porto di Ravenna con navi da 50/70mila tons che ti strombazzavano per avere la giusta precedenza, era assolutamente adrenalina pura con realtivo strizzamento di culo, come quando passavamo a prua delle barche in regata. Avevamo w.surf “windglider” a volume e boma di oltre m.3,50 che, ottimi per velocità, erano duri da governare per una virata che si poteva fare solo in prua!
appunto
grazie per la conferma 🙂
quindi adesso (come quelli che sorpassano a destra in autostrada) hai finalmente capito chi ce l’ha più lungo ?
🙂 🙂 🙂
“Per non parlare di tutta la cultura del surf e della vita da spiaggia su cui si è innestato e formato il kitesurf, la ricerca del vento, la libertà, la velocità, l’amore per le onde, i viaggi, le estati senza fine, i codici di una tribù che parla la stessa lingua e vive le stesse suggestioni.”
erano gli anni ’50 e ’60 – siamo nel 2018 !!
quelle atmosfere di tranquilla serenità non esistono più
ora c’è solo adrenalina da competizione (“a chi c’è l’ha più lungo”)
siamo ben oltre 2001 Odissea nello Spazio di Kubrik
ooppss errore nella mia precedente
“ce l’ha”
e non
“c’è l’ha”
=> la scrittura “intelligente” delle nuove tecnologie – a proposito di “nuove tecnologie” e … “vela”
🙂
Sono proprietario di uno snipe che ho comprato di seconda mano completo di gioco vele. Mi è costato molto ma molto meno di un rampichino. Devo considerarmi ricco?
se non è un kite … sì mi dispiace, non puoi frequentare le spiagge i falò e le musiche dei Beach Boys …
ormai sei ricco – hai fatto la tua scelta
ahahaha 😀
beh considerare che il kite sia la vela dei poveri onestamente mi fa venire più di un dubbio…. questa gente che con mia grande ammirazione fa del kite e del windsurf (ho fatto windsurf come regatante ed istruttore dal 77 al 90) non tanto uno sport (agonistico) ma uno stile di vita ovvero una filosofia di essere liberi e spensierati in spiaggia a surfare le onde ed il vento, proprio povera non è, anzi…!! Per mia esperienza diretta eravamo io e pochi altri “velisti” come me, i veri sfigati….
Costoro erano in giro più giorni alla settimana alla ricerca dello spot bello in Italia, alle canarie, ai caraibi , paros ecc ecc dove ancora oggi non ci arrivi con la 500 bianchina con sopra il tavolone. Sul resto posso essere assolutamente d’accordo con Ingiosi i,l cui autorevole parere rispetto e condivido. Sono le Federazioni Veliche che hanno bisogno di giovani , mediamente respinti da una maniera di fare vetusta e ottusa, che cercano ossigeno, ma se non si impara a “surfare” con grande sensibilità e controllo questa “Kite mania” si rischia soltanto di prendersi in giro.
Ricordiamoci che dai tempi di Straulino la FIV , dopo tantissimi autorevoli flop, ha visto delle medaglie d’oro finalmente proprio con la grandissima Sensini ed il Windsurf; chiaro che per mantenere in piedi un apparato costoso e farraginoso, c’è chi è pronto a scommettere anche su Starman o Wonderwoman pur di vedere finalmente un piccolo risultato Olimpico in tricolore.
Viva la Vela, comunque sia è pur sempre grande espressione di vitalità ed intelligenza in ogni forma si manifesti o si pratichi.
Ciao Menico, mi piace molto il tuo punto di vista che condivido anche io. Con kite come vela dei poveri non mi riferivo in realtà ai costi dell’attrezzatura, che possono essere anche elevati. Per me in realtà neanche la vela è uno sport da ricchi, o meglio non in massima parte. Mi riferivo al fatto che le Olimpiadi finiranno per rappresentare in maniera minima il kite e che questa disciplina a livello federale vive ancora ai margine della vela tradizionale.
Pratico windsurf da oltre 30 anni e non ho minimamente l’intenzione di smettere, ho girato mezzo modo per cercare le condizioni “perfette” , Mar Rosso, Caraibi , Oceano Atlantico ecc. Sono uno che comincia a godere quando il vento supera i 25 nodi e quando il vento soffia a 10 nodi ? Bene , molto semplice si naviga a vela . Sono diventato armatore di un 43 piedi e veleggio fra le isole dell’arcipelago Toscano. Ho 62 anni , grazie a Dio ,sono in perfetta forma fisica, mi posso consentire di fare la “vita da spiaggia” e “la vita in barca” l’uno non esclude l’altro ! Il vento e il mare sono un binomio inscindibile , sfrecciare a quasi 30 nodi con la mia tavola speed oppure saltare sulle onde con la mia tavola wave non ha eguali però navigare in notturna con il vento teso e un bel genoa gonfio con la barca sbandata “non ha prezzo” – Le emozioni non hanno confini! Il Kite o l’Windsurf discipline olimpiche ( l’Windsurf lo è da vari decenni) ? E’ vero ha ragione David Ingiosi ,interessano veramente poco a chi vuol solo godere e vivere il mare ,il vento e perchè no ….la spiaggia con gli amici/amiche. – La vita è bela per questo! Buon vento a tutti – Alhoa
Ciao Fabrizio, le emozioni non hanno confini. Hai detto tutto. Complimenti
Sull’ultimo numero di “Seahorse”, Rob Weiland stima che il costo di un membro di equipaggio su un maxi 72, su un TP52 o su un Fast 40 si aggira mediamente sugli 800 euro al giorno.
Da moltiplicare per il numero di membri nel team e per il numero di eventi a cui si partecipa.
A questo si aggiungano i costi di trasporto, manutenzione, ormeggio, sostituzione vele, ecc.
Il risultato sono cifre da capogiro (che qui non riporto per non allertare il Fisco), che però vengono sostenute ad ogni stagione da una ristretta elite di ricchi.
Poi ‘c’è un altro mondo, quello degli sportivi in piccolo.
Sempre sullo stesso numero, Paul Cayard confronta (con l’occhio del regatante) la futura Coppa America e l’”Inespensive” futuro campionato mondiale Star a cui possono permettersi di partecipare (sponsorizzati o non) quasi tutti quelli che nella vela contano, o hanno contato.
Poi ci sono altri mondi ancora, uno per ogni barca e per ogni porticciolo.
Io per la barca, quando mi va bene, spendo sui 5000 euro/anno e mi considero un poveraccio della vela, contento di quello che ha, senza invidie e senza presunzioni.
Dove mi porta questa riflessione?
Va bene tutto, basta che non mi si chieda di confrontare broccoli con patate.
Kite e Yachts sono cose diverse, come lo sono i foilers e le barche in dislocamento, come lo sono una bicicletta e un F15.
Le Olimpiadi sono un momento di competizione sportiva, indipendentemente dall’attrezzo che si usa.
Dire no al Kite è sterile. Mica direte no alla lotta greco romana, solo perché non la praticate!.
non confondiamo la vela con il circo togno
regaliamoli uno smartphone cosi’ si connette e via.
venezia 23 feb 2018.
Marco Pellanda
Letto quanto sopra aggiungo che è assolutamente giusto che il Kite diventi disciplina olimpica come ritengo giusto che disciplina olimpica per equipaggio ovvero squadra, diventi almeno anche una classe di misura tra 24 e 40 ps. perchè la gestione di una squadra di calcio o di pallacanestro se si tiene conto anche del costo dello stadio, che non esiste in natura, non è certo inferiore a quella di un binomio barca/equipaggio che utilizza uno stadio naturale a costo zero.