La storia che vi stiamo per raccontare, prima di approdare a Brandon Bay , Irlanda, dove è stata scattata la foto che vedete in apertura, parte da molto più lontano. Ed è una storia che vale la pena di leggere, perché ci parla di una barca che non si è arresa alle sfortune che la sorte le ha riservato.
Per raccontarvela non partiremo da Brandon Bay, ma inizieremo da un flash back. Era il 28 maggio del 2013 e in un caldo pomeriggio genovese al porticciolo Duca degli Abruzzi, presso lo Yacht Club Italiano, per la prima volta vedeva l’acqua il Class 950 Tenace. Non una barca qualsiasi, ma la barca auto costruita da Alessandro Bruno, velista poliedrico appassionato di Mini 650 e altura, che in quel caldo pomeriggio di tarda primavera vedeva realizzarsi il suo sogno.
Un progetto del guru Sam Manuard, tremila ore di lavoro in un cantiere semi artigianale, e il piccolo Class 950 per la prima volta posava le sue linee in acqua.
Una barca disegnata sulla box rule di una classe che nelle intenzioni vuole essere un “ponte” tra il mondo dei Mini 650 e quello dei più impegnativi prototipi offshore come i Class 40.
Una barca pensata per le prove d’altura mediterranee ma anche per andare a regatare in Oceano.
Fin dalle prime uscite Tenace si rivela performante e molto innovativa rispetto ai 950 naviganti in quel periodo, dimostrando subito doti velocistiche notevoli.
E questo voleva e sognava Alessandro Bruno, prima che quel maledetto venerdì 27 dicembre una caduta sugli sci a Chamois, Valle d’Aosta, lo portasse via, infrangendo il suo sogno Tenace.
Il Class 950 dopo la tragedia resta fermo su un invaso a lungo, prima che la famiglia con il supporto dello YCI lo affidasse per alcune regate a Pietro D’Alì. Poi ancora una lunga pausa prima di una nuova vita, una nuova storia che parla di Oceano.
Michele Zambelli dopo due Mini Transat da protagonista cercava una nuova barca per partecipare alla mitica OSTAR del 2017 e, grazie anche all’intercessione degli amici Francesco Renella e Pietro D’Alì, il sogno Tenace prende forma e il progetto della regata oceanica diventa realtà.
La barca viene quindi ottimizzata, grazie anche al contributo del designer Matteo Polli che ne rivede il piano velico per l’obbiettivo oceanico, per partecipare alla OSTAR (leggi QUI). Tenace diventa Illumia e Michele Zambelli la trasferisce fino a Plymouth per la partenza della OSTAR.
Poi arriva la regata, che Zambelli affronta alla grande, attaccando fin da subito con scelte tattiche coraggiose. Dopo una fase iniziale relativamente tranquilla una depressione investe la flotta. Zambelli e Illumia decidono di scavalcarla da nord, perdendo inizialmente miglia per poi tornare a incassarle non appena il fronte avrebbe continuato a muoversi verso sudest concedendo alla barca italiana la rotazione del vento alle andature portanti. E così è. Michele Zambelli vira a nord del fronte, entra nella rotazione e inizia a incassare miglia su miglia fino a giocarsi la testa della regata in tempo compensato da grande protagonista. Ma è la sorte ancora una volta a volere dire la sua. Al largo di Terranova, l’11 giugno, da poco entrato nella corrente del Labrador, Zambelli vive la sua notte da incubo. Una brutta ingavonata, un boato, l’acqua che entra, Illumia ha perso il bulbo, lo skipper italiano è costretto ad abbandonare la barca dopo 12 giorni di regata.
Da quell’alba per lunghi mesi, quasi sei, nessuna notizia della barca dispersa in Oceano, fino all’annuncio dato via facebook con una foto dallo stesso Michele Zambelli: “E poi risorge! Inizia ora una nuova storia…”. Tenace ha praticamente riattraversato l’Oceano da sola, tornando in Europa e approdando sulle coste dell’Irlanda. Considerando il lungo periodo alla deriva in Atlantico il ritorno di Tenace ha quasi dell’incredibile. La barca non ha più l’albero, ma da quel poco che si vede la sua storia sembra tutt’altro che finita e ci piace pensare che da lassù, qualcuno dall’animo Tenace, l’abbia guidata fino a una nuova terra e, probabilmente, fino a una nuova alba.
Mauro Giuffrè
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