La Transat Jacques Vabre di due "velisti normali": il grande salto di Colombre XL

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NORMANDY CHANNEL RACE 2017, Colombre XL,
Massimo Juris/Pietro Luciani. Photo: Rick Tomlinson

La loro è la storia di due “velisti normali” che con passione, dedizione, capacità di programmare e tanta voglia hanno deciso di fare il grande salto in Oceano. Massimo Juris e Pietro Luciani prima però hanno regatato, tanto e con successo, in Mediterraneo e adesso inseguono il sogno Transat Jacques Vabre in Class 40 dopo avere già “assaggiato” l’Oceano in prove impegnative come la Les Sables – Horta – Les Sables. Dopo avervi parlato di Alberto Bona e Andrea Fantini (LEGGI QUI), di Giancarlo Pedote (LEGGI QUI), siamo quindi giunti all’ultima puntata di avvicinamento alla mitica transatlantica che partirà il prossimo 5 novembre da Le Havre, 4.350 miglia fino a Salvador de Bahia, aperta ai Class 40, Imoca 60, Multi 50 e ai maxi trimarani Ultime. Vi presentiamo l’equipaggio del Class 40 Colombre XL, una storia che trasmette un’infinita passione e voglia di sognare: tra ironia e aneddoti divertenti ecco come Massimo e Pietro si stanno preparando al grande appuntamento.

Massimo Juris e Pietro Luciani

Come siete finiti in barca insieme, da cosa è nata la vostra collaborazione?

Massimo: Nel 2011 correvo con successo in doppio sul mio First 40.7 con Giampaolo Rinaldo, buon amico e ottimo rigger. Quando per un invernale a Chioggia  abbiamo avuto bisogno di equipaggio Giampaolo mi ha portato a bordo Pietro che in barca non c’era mai stato. Un ragazzo sveglio ho pensato, ma senza nessuna esperienza! Aveva però una approfondita preparazione teorica tanto che poco tempo dopo la regata ha incominciato a “scassarmi” con domande tipo l’effetto wind- shear ed altre sottigliezze della vela. Comunque l’anno dopo a metà stagione, Giampaolo ha deciso che non ne poteva più di venire in barca con me (mia moglie gli ha dato subito ragione) ed io sono rimasto senza equipaggio. Mi serviva una persona con molto tempo libero. Chi meglio di uno studente di architettura all’ottavo anno fuori corso: Pietro. Così abbiamo iniziato ed il ragazzo mi ascoltava. Ed imparava ovviamente, perché nel 2013 e 2014 abbiamo fatto dei bei risultati vincendo la Middle Sea Race, la Palermo Montecarlo e l’italiano offshore sempre in doppio. Ho pensato: io sono sicuramente molto bravo ma visto che a bordo siamo solo in due, bravo deve esserlo anche lui! E nel 2015 abbiamo preso questo Class 40, Colombre XL , ed è venuto fuori che Pietro non solo è molto più giovane e si muove meglio a bordo ma è anche diventato più bravo di me. Una cosa che mi brucia un po’, alla faccia della soddisfazione del maestro che si vede superare dall’allievo.

Che regata è la Transat Jacques Vabre e che obbiettivo vi ponete in base ai vostri mezzi?

Pietro: Vorrei precisare che quando ho conosciuto Massimo ancora non ero fuori corso… La Transat Jacques Vabre è una regata lunga. Probabilmente saranno duri i primi giorni di attraversamento di Biscaglia; quasi sicuramente saranno molto dure le prime 24/36 ore di uscita dalla Manica: abbiamo appena visto che partiremo con luna piena e un coefficiente di marea di 105 (enorme). A Raz Blanchard, sulla punta della Normandia, ci aspettano correnti fino a 10 nodi. La rotta viene divisa schematicamente in 5 fasi: le depressioni del nord Atlantico, l’alta pressione delle Azzorre, gli alisei nord, le calme equatoriali e infine gli alisei sud. Ci sono dunque molte zone di transizione da gestire, sarà interessante e impegnativo. Abbiamo una buona barca che conosciamo molto bene; è tra le più vecchie della flotta e questo ci causa un deficit di prestazioni specie nelle andature attorno al traverso. Va detto anche che noi siamo alla nostra prima transat. Fatte queste premesse, puntiamo a un posto nei primi 10.

Come state vivendo la preparazione, a che punto siete?

Pietro: La preparazione è scrupolosa, per 4300 miglia la barca e i materiali saranno costantemente sollecitatati. La lista dei lavori è lunga e la regata si avvicina, bisogna darsi delle priorità. C’è poi tutta una parte di logistica che per noi è nuova, a partire dall’organizzazione del rientro della barca via nave dal Brasile. La base per la preparazione, per noi come per buona parte della flotta, è Lorient, cuore della ‘course au large’. Ma la data del trasferimento per Le Havre arriva velocemente: idealmente vorremmo partire da qui già in configurazione regata.

La TJV è un punto di arrivo o ci sono altri sogni più importanti nel cassetto?

Massimo: Credo proprio che la Transat Jacques Vabre sia per me un punto di arrivo. La barca è in vendita e la prossima stagione vorrei tornare in Mediterraneo con un’altra barca più piccola, il che comunque significa “nuovi sogni”.

Pietro: Entrambe le cose! Sono molto grato a Massimo, mi ha insegnato ad andare in barca, è bello essere arrivati fin qui insieme: la TJV è un traguardo importante. Ma spero che sia il primo di lunga serie: la Route du Rhum dell’anno prossimo mi piacerebbe fosse il secondo.

Cosa significa per un velista italiano decidere di intraprendere un progetto oceanico? Quanto è difficile?

Massimo: Ti senti molto figo perché fai delle cose che la maggior parte degli altri velisti italiani può solo sognare. E quando racconti le tue avventure ti guardano con rispetto ed ammirazione. A parte gli scherzi la realtà è che un progetto di regate oceaniche basate lontano da casa diventa subito un impegno o lavoro a tempo pieno, con le relative difficoltà familiari ed economiche. A prescindere dal proprio tempo, il costo di un progetto così è veramente notevole. Acquistare la barca è nulla, poi bisogna mantenerla e prepararla continuamente. La vela ed in particolare quella oceanica è poco conosciuta dal pubblico italiano, trovare uno sponsor è veramente difficile. Noi abbiamo provato anche con società italiane attive sul mercato francese ma sono poche le possibilità di incontrare un manager italiano che conosca l’importanza e la visibilità che hanno in Francia queste regate. Correremo dunque senza sponsor, con un budget limitato che si traduce in un impegno ancora maggiore per noi: quasi tutti gli altri team infatti hanno qualcuno a tempo pieno che segue i mille aspetti della preparazione.

Pietro racconta Massimo e Massimo racconta Pietro: che velisti siete?

Massimo: C’è un termine in francese più usato che in Italia: quinquallierie, ovvero piccola attrezzatura /oggettistica/ dettagli, chincaglieria. “Chincagliere” descrive bene Pietro. Ho già detto che l’uomo è bravo ed è veramente un forte velista. Ma ha anche un’altra caratteristica: l’attenzione non ai dettagli, ma ad alcuni dettagli. Si perde in piccole minuzie o che almeno a me, sembrano tali. Abbiamo la randa che non sale sulla rotaia? Pietro sta settando i colori dello schermo del PC! A parte questo ha una pazienza infinita per navigare con me da così tanto tempo. Non solo navigare, certamente viviamo assieme di più che con le nostre rispettive mogli. E in tutto questo ci siamo forse mandati a “scaricare” solo un paio di volte in 5 anni. Che la TJV sia la volta buona?

Pietro: Speriamo non sia la volta buona, ché la regata è lunga e la convivenza forzata. Sto cercando anch’io un termine tipicamente francese per descrivere Massimo, ma sorvolo perché non ho ancora detto quanto sia bravo e un forte velista! Torno serio: Massimo è un regatante estremamente tecnico, molto bravo nella regolazione delle vele e con una grande pazienza nelle fasi di poco vento che gli invidio molto. E’ oltretutto un grande marinaio, coscienzioso e attento. A volte si preoccupa un po’ troppo per i miei parametri, ma se in circa 50.000 miglia di navigazioni insieme non ci siamo mai cacciati nei pasticci… meglio che non cambi ora e neppure nelle prossime 4350 miglia.

Mauro Giuffrè

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