Da fabbro a "narcoskipper", in manette un genovese con 400 chili di coca in barca

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Il Gioia

“Non ci credo. Devono sicuramente averlo messo in mezzo, non è possibile”. “Lui non lo farebbe mai! Impossibile”, dicono gli amici sconcertati. Eppure erano sul suo vecchio 16 metri “Gioia” i 400 chili di cocaina che sono costati al 58enne genovese Fausto Orrù l’arresto da parte delle unità speciali della polizia portoghese per traffico internazionale di stupefacenti. Il fermo è avvenuto 600 miglia al largo delle Azzorre, dove si trovava la barca partita dalle coste sudamericane. la polizia ha scortato l’imbarcazione fino a Portimao e lì ha completato la perquisizione.

Fausto Orrù sull’albero del Gioia (fonte Facebook)

STIMATO E CONOSCIUTO
Nei “carruggi” di Genova era una persona conosciuta, forse il miglior fabbro del centro storico
. L’anno scorso era salpato a bordo del Gioia per lanciarsi in una navigazione intorno al mondo, ufficialmente per organizzare charter. C’è anche chi dice che lo avesse fatto per sfuggire a Equitalia, con la quale, si legge su Repubblica, pare avesse “un contenzioso… relativo ad un’ipoteca, a marzo 2017, per un ‘importo iscritto’ pari a 149 mila euro”.

Il gioia sequestrato a Portimao

NARCOTRAFFICANTE PER DEBITI?
Da fabbro a corriere della droga per pagare i propri debiti? Frequentazioni sbagliate?
Sempre su Repubblica, si legge che “a bordo c’erano Orrù, un montenegrino di 46 anni, Sala Kovacevic e 400 chilogrammi di cocaina che venduta al dettaglio avrebbe garantito incassi per cento milioni di euro”. Questa è solo l’ultima delle tante storie di narcotraffico che coinvolgono, sempre di più, gli skipper italiani.

Qualche tempo fa abbiamo dedicato un intero servizio al preoccupante fenomeno dei cosiddetti “narcoskipper” in barca a vela. Ecco che cosa sta succedendo negli Oceani…

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PROFESSIONE NARCOSKIPPER

Pablo Escobar, il narcotrafficante colombiano più famoso del mondo (recentemente la sua figura è stata riportata alla ribalta dalla serie TV Narcos), al timone? Ovviamente si tratta di un (palese) fotomontaggio: può far sorridere, ma si tratta di riso amaro. Il traffico di droga a bordo di barche a vela ha preso piede, soprattutto nell’ultimo periodo. Negli anni ’70 c’era già chi lo praticava per portare l’hashish ai cosiddetti “capelloni”. Skipper più o meno esperti che puntavano la prua verso il Marocco o il Libano e tornavano con le barche cariche di “fumo” destinato al mercato italiano. Ma si trattava di iniziative isolate e non legate a vere e proprie strutture organizzate. I tempi sono cambiati e con essi anche il mercato della droga. Probabilmente in peggio. Adesso in barca a vela si traffica cocaina, per conto di Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta: i margini di guadagno sono molto più ampi e, come vedremo, i controlli lasciano a desiderare.

UN 45 PIEDI IMBOTTITO DI COCA
Uno degli ultimi casi riguarda un vecchio Beneteau di circa 45 piedi con 506 chili di cocaina a bordo, per un totale di 100 milioni di euro potenziali, fermato a Capo Verde: la droga era destinata al mercato emiliano. Sono scattate le manette per sei persone (tra cui due italiani, un 48enne di origine bolognese ma residente a Riccione, Maurizio Rossi, bloccato a Barcellona e Maurizio Radoni, 44enne di Ravenna), tra le quali le due persone a bordo dell’imbarcazione, ovvero lo skipper spagnolo e un brasiliano. Per evitare che la droga venisse trovata hanno tentato di dar fuoco all’imbarcazione, provocando il ferimento di due agenti della polizia e ustioni sul corpo dello stesso skipper.

Schermata 05-2457511 alle 17.34.10UN BUSINESS IN CRESCITA
Ma il caso è soltanto il più recente di una lunghissima lista. Trasportare droga in barca a vela, come abbiamo anticipato, è un business in crescita.Per pochi che vengono “pescati”, centinaia di skipper trafficano polvere bianca con barche usate partendo dai porti di Brasile, Perù, Colombia e Venezuela per approdare lungo le coste spagnole o, come sta accadendo recentemente, per eludere i controlli sempre più stringenti, sulla costa occidentale dell’Africa, dove esistono veri e propri depositi attrezzati di tutto punto. Una sorta di base di stoccaggio ideale, perché i controlli sono pochi, e la corruzione è diffusa. Così Capo Verde, Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio sono le nuove destinazioni degli skipper della droga. Il sistema più sicuro è questo: si giunge al largo delle Isole Canarie, di Capo Verde e delle Azzorre dove la droga viene trasbordata su battelli da pesca provenienti dai porti africani. Oppure viene portata in continente e spedita a destinazione grazie a piccoli corrieri compiacenti che in aereo, solitamente, fanno scalo in Francia o in Olanda.

I NUOVI “ESCOBAR” DELLA VELA
Un vero boom secondo gli investigatori antidroga di tutta Europa. Un rapporto riservato traccia l’identikit dei nuovi narcotrafficanti di cocaina del terzo millennio: sono 35/40 enni europei con un passato di manager, dirigenti, finanzieri e piccoli imprenditori che, a causa della crisi, perdono il posto di lavoro o sono costretti a chiudere la propria attività, rimanendo sommersi dai debiti. Li accomuna la passione per la vela e la capacità di saper condurre un’imbarcazione per lunghe navigazioni oceaniche. Ecco chi sono gli skipper della droga di questo inizio millennio, persone insospettabili che usano come paravento il fatto di prendere un periodo sabbatico alla ricerca di una vita semplice nella natura in attesa dell’uscita dalla crisi economica. In realtà questi soggetti, precisa il rapporto che gira negli ambienti della EMCDDA (agenzia europea della droga), decidono di intraprendere una vera e propria attività criminale, attirati dalla possibilità di arricchirsi illegalmente, di fare “il colpo grosso” reinvestendo poi i proventi del commercio della cocaina in attività lecite.

CONFESSIONI DI UN NARCOSKIPPER
Noi abbiamo conosciuto uno di questi “narcoskipper” mentre eravamo alle Canarie, in occasione della partenza della ARC (Atlantic Rally for Cruisers). Italiano, 42enne, lavorava come direttore delle vendite in una piccola-media azienda: “Qualche anno fa mi hanno lasciato a casa”, ci ha raccontato, “e sulle prime non sapevo che pesci pigliare. Percepivo uno stipendio alto e non mi ero mai fatto mancare nulla, per cui non avevo messo da parte soldi. Avevo frequentato un corso di vela oceanica e vado in barca fin da ragazzino per cui, tramite amici di amici, sono venuto a conoscenza di questa possibilità (ovvero diventare corriere di droga in barca a vela, per conto della ‘Ndrangheta, ndr). Con l’aiuto di un mio amico che mi ha prestato i soldi ho acquistato un vecchio 41 piedi ai Caraibi e sono sceso verso la costa colombiana fino a Cartagena. Ho restituito il denaro al mio amico dopo le prime due “consegne” dalla Colombia a Capo Verde. I margini di guadagno sulla coca sono davvero alti”. Adesso, dopo alcuni viaggi, ha “cessato l’attività”, fiutando il rischio e guardandosi bene dal tornare in Italia. Ha optato per le Canarie, meta della sua ultima navigazione “per lavoro”, dove ha aperto un’impresa assolutamente legale (ci ha chiesto di non rivelare di che cosa si occupa) con i soldi guadagnati con il traffico di droga. “Se lo rifarei? Solo se mi ritrovassi nuovamente in braghe di tela: ti trovi a lavorare con gente davvero senza scrupoli e a volte alla cieca. Prima di ogni viaggio ricevevo le coordinate precise sul luogo del trasbordo: sempre in alto mare, navi cargo e perfino petroliere con il trasponder spento per settimane, per non essere localizzate”.

01_febbraio 2007 blausI CASI PIU’ NOTI
Ce ne sono davvero tanti, di colleghi del narcoskipper che ha accettato di raccontare la sua storia. Casi noti e clamorosi sono quelli dello Jongert Blaus VII di proprietà dello skipper padovano Mattia Voltan, sequestrato nel 2007 (all’epoca Voltan aveva 32 anni) dalle autorità portoghesi, che avevano trovato ben due tonnellate di cocaina appena giunta dal Venezuela o del francese Stèphane Colas, che ha iniziato stipando la sua imbarcazione con 400 kg di cocaina sulla rotta dal Venezuela a Madeira e alle Canarie, fino a che non è stato beccato dalla polizia spagnola.

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