Nacra adesso basta! Che senso ha questo monopolio?
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Le classi olimpiche hanno un problema che si chiama Nacra 17. Il catamarano introdotto per Rio 2016, in vista delle olimpiadi di Tokyo è stato trasformato nella versione foil. Il cantiere Nacra è il concessionario monopolista, un caso abbastanza particolare dato che diverse altri classi olimpiche non sono legate a un unico cantiere ma sono in regime di concorrenza.
Ma c’è di più, Nacra già da Rio 2016 non sempre si è dimostrato all’altezza della situazione, ritirando alcune imbarcazioni per problemi tecnici già prima dell’Olimpiade brasiliana. Un fatto che si è ripresentato recentemente, quando il cantiere ha chiesto la sospensione di alcune regate (il test event ad Aarhus interrotto in corso di svolgimento) per rivedere i cuscinetti delle derive montati sugli scafi nuovi e su quelli che erano stati aggiornati alla versione foil, invitando gli atleti a non navigare fino a che le nuove parti siano state sostituite.
La competizione tra i cantieri è garanzia di qualità, il monopolio di un unico cantiere in caso di difetti di produzione dello stesso porta invece ai problemi di paralisi dell’attività agonistica vista nell’ultimo periodo. A ciò si uniscono le difficoltà degli atleti legate ai costi. Il Nacra 17 è probabilmente la classe più cara in assoluto per affrontare una campagna olimpica. Il costo della barca foil nuova è di 24.250 euro più Iva, le modifiche per le piattaforme usate nel quadriennio 2013-2016 costano invece 7.900 euro. A queste cifre vanno aggiunte le spese per la campagna olimpica: quattro anni di regate internazionali, con trasferte lunghe e logisticamente complesse che non tutte le federazioni supportano a pieno e non per tutti gli equipaggi. Alberi, vele e derive subiscono il logorio stagionale e vanno cambiati più volte nel corso del quadriennio. In buona sostanza la vela olimpica, già difficile da praticare ad alti livelli per ragioni tecniche ed economiche, per questa classe diviene quasi elitaria.
C’è poi il fattore sicurezza. Il brutto incidente costato tre dita a Bora Gulari, al netto della fatalità e della sfortuna, accende i riflettori sulla necessita di innalzare velocemente il livello di protezione introducendo dispositivi appositi per tutelare i velisti, come caschi e tutori nelle zone vitali del corpo e agli arti, oltre che la necessità di avere in acque unità mediche in caso di incidente. Insomma, va bene lo spettacolo, ben venga, ma purché abbia un po’ di criterio e sia rispettoso dei velisti.
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