Quando l’Oceano si trasforma in un incubo e ti chiedi “chi me l’ha fatto fare?” . Il viaggio di Erika e Stefano / 3
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Vi stiamo raccontando, in tre puntate (questa è l’ultima), la prima volta in Atlantico di Erika e Stefano, due “drogati” di vela che hanno mollato tutto per lanciarsi nel giro del mondo, con calma, a bordo dell’Ala S&S 36/38 Alexa. Alla fine della seconda puntata, li avevamo lasciati in pieno Atlantico, direzione Martinica, dopo aver provveduto a una riparazione di fortuna…
QUANDO L’OCEANO SI TRASFORMA IN UN INCUBO
La notte seguente, sempre mentre era il mio turno di dormire, Stefano mi sveglia con il viso di chi ha visto un fantasma: “ho un altra brutta notizia….non so come dirtelo”, di istinto, guardo verso i paglioli, penso che stiamo imbarcando acqua, nella mia testa sono già sulla zattera di salvataggio.
ADDIO TIMONE A VENTO
Abbiamo perso il nostro “elemento salvezza”, abbiamo perso la pala del timone a vento!!! Non chiedeteci come, non chiedeteci quando e perché, potremmo solo fare come quelli che cercano di recuperare qualche soldo con l’assicurazione e dire che e’ stata una balena, ma ce ne saremmo accorti! Il braccio in acciaio che sosteneva la pala è spezzato.
SALVATE L’AUTOPILOTA RYAN
A questo punto, l’unico che può salvare questa traversata dall’essere un incubo, e’ il pilota automatico, battezzato RYAN (di Raymarine). Iniziano a partire sms a raffica dal satellitare, tiriamo giù dal letto tutti, il nostro carissimo amico Emanuele Grassi, campione di Mini (quest’anno iscritto alla Transat), ci risponde subito cercando di tranquillizzarci, ci fornisce il numero di un tecnico Raymarine, il gentilissimo Sig. Cotti, a cui vogliamo chiedere come meglio comportarci per non sforzare “RYAN”, per preservarlo nei prossimi giorni, per non farci abbandonare anche da lui: ci assicura che il nostro modello di pilota è robusto e dovrebbe reggere, non c’e’ motivo tecnico reale per cui non dovrebbe, l’importante è che non subisca la differenza di tensione dei frenelli, quindi, se il frenello cede bisogna staccarli entrambi, assicurandoci di avere montato la barra di emergenza.
DAL MIGLIORE AL PEGGIORE SCENARIO POSSIBILE
A questo punto metto nero su bianco la lista dei piani da attuare, il diario di bordo cita:
“PIANO A: se cede il frenello, ci mettiamo alla cappa e lo sostituiamo con una cima, e continuano con l’automatico, ripristinando l’uso della ruota del timone.
PIANO B: Se cede il frenello, la sostituzione non ha successo, li stacchiamo entrambi, e andiamo con automatico fino a Barbados.
PIANO C: Se cede RYAN (l’automatico), avendo già preparato anche un eventuale sostituzione del frenello con cima, timoniamo fino a Barbados
PIANO D: Se la sostituzione non dovesse funzionare, se nessuno dei piani sopra elencati fosse fattibile per qualche ragione: barra di emergenza e vela e va dove ti porta il cuore…
NAVIGARE CON L’ANSIA
Ho snocciolato un rosario intero affinché i piani C e D non fossero delle reali eventualità, è la nostra prima traversata, abbiate pietà! A questo punto, abbiamo solo voglia di arrivare in fretta, l’idillio si è spezzato, siamo stati invasi dall’angoscia che ancora qualcosa possa succedere, la notte non è più serena, se già i turni dopo tanti giorni sono snervanti, quest’ansia a me toglie il respiro, il mal di mare non mi attanaglia più solo perché mi sono decisa a prendere le gocce di Stugeron (che suggerisco).
Il meteo almeno ci regala qualche soddisfazione, per smorzare la tensione ci facciamo la promessa, che una volta arrivati a destinazione, per 48 ore stacchiamo dalla barca e ci concediamo un letto in terra ferma dove svenire in coma etilico! Per non farci mancare nulla, ci facciamo prendere dalla superstizione, e gettiamo in mare una bellissima bambola di stoffa, fatta a mano in Senegal, che secondo Stefano portava sfortuna…
Intanto passano i giorni, cambiano i fusi orari, e’ iniziato ufficialmente il consumo dei liofilizzati dopo aver consumato i prodotti sotto vuoto e noi facciamo la guardia al frenello malandato, faccio torte senza glutine, la pizza, e spero che il giorno duri di più e la notte passi veloce, continuo con i miei collegamenti VHF con i cargo, ed il capitano di uno di loro, il “DESERT SHELL” ci ha anche chiesto se potevano fare qualcosa per aiutarci a risolvere i nostri guasti, un frenello nuovo delle misure giuste non sarebbe stato male!
Vorrei dare libero sfogo alla mente, fantasticando sui nostri giorni Caraibici e invece mi blocco a pensare “intanto pensiamo ad arrivare”, è un vero peccato che ci siamo fatti togliere l’entusiasmo da questi problemi, ma così tanti giorni in mezzo al mare, possono esercitare sull’emotività di ognuno reazioni differenti, si apre una voragine ed è tutto un turbinio di pensieri, da fare c’è poco, quindi la mente viaggia, prendono forma paure a cui non si era mai data voce, sbucano debolezze ma anche una forza d’animo innata che dopo qualche ora di introspezione fa sorridere e guardare verso il bello che comunque ci circonda.
FINALMENTE UNA NOTTATA SERENA
Il diario di bordo mi ricorda che il dodicesimo giorno abbiamo passato una bella nottata serena, ricca di stelle, che ha riportato magia al nostro viaggio, continuano ad arrivare messaggi positivi e di incoraggiamento da casa che ci fanno quasi sentire dei super eroi … e per cena Quinoa con vellutata di Zucca! Le giornate ora iniziano a passare veloci, il vento è arrivato ma rimaniamo sottoinvelati per non sforzare le attrezzature, in modo da non incappare in nuovi problemi, puntiamo a fare 120 miglia al giorno ma ci sono anche giorni in cui ne facciamo 140, abbiamo spesso raffiche da 30/35 nodi con groppi non troppo carichi di pioggia, siamo scesi eccessivamente di rotta e dobbiamo cercare di risalire mantenendo il genoa tangonato.
IL FRENELLO CEDE – PIANO A
A 4 giorni e 650 miglia dall’arrivo ore 21 di Sabato 10 Marzo , il frenello ha ceduto, mettiamo in atto il PIANO A:
-spegnere pilota automatico
-mettersi alla cappa
-montaggio della barra di emergenza
-quasi 4 ore per sostituire il frenello con una cima, tra onde e un rollio esagerato che ci ha fatto prendere colpi ovunque e finire il grasso lubrificante anche sui denti!
-check completati
-siamo pieni di lividi!
Il piano A ha funzionato, ci rimettiamo in rotta all’1 di notte e per ora RYAN viaggia come un treno, noi però siamo così stanchi che siamo sotto quel treno, e allora iniziano quelle considerazioni che dovrebbero lenire lo sconforto “C’e’ di peggio, l’importante è che stiamo bene e non sia successo nulla di grave”, ma no, non bastano, perché il tuo sogno lo vuoi vivere al massimo, senza mezze misure, senza i compromessi . Abbiamo investito così tanto in questo viaggio, sotto ogni aspetto, tanti sacrifici fatti e ora? Vogliamo solo scendere!
SIAMO UMANI, PER DIAMINE!
Ci vorrà scusare il cosmo, e anche i veri marinai, ma noi siamo umani, e rispettiamo la natura, e la sua grandezza, e qui in mezzo noi, con il nostro frenello rotto, il timone a vento perso, decine di ore di sonno perse, il viso sporco di grasso e i lividi sul fondoschiena, sulle cosce, sulle braccia e sulle anche ci sentiamo un po’ piccolini, volevamo solo navigare spensierati… e vogliamo sfogarci anche un attimo, diciamolo, che poi domani è un altro giorno e magari penseremo anche al Pacifico, ma per ora tutto sembra difficile, anche mettere su un caffè senza rovesciarlo , ed il nostro peso specifico è quintuplicato, le gambe non reggono più gli sforzi, la gravità ha una spinta superiore a 10 volte il normale, tutto questo va contro le leggi della fisica!
IL SILENZIO E’ UNA CURA PER L’ANIMA
Manca poco, l’oceano brilla di un blu meraviglioso, limpido, indescrivibile, sembra accarezzarci e consolarci, e allora restiamo a guardarlo incantati e il dolore già passa, ci facciamo una tagliatella al ragù e già tutto prende un altra forma! La cosa che non rimpiango della terra è sicuramente l’inquinamento acustico, questo silenzio è una cura per l’anima, solo che stamattina per sfogarci abbiamo iniziato ad urlare contro il nulla, verso il mare, poi abbiamo cantato a squarciagola “Gente di Mare” di Raf e Tozzi, è stato liberatorio!
Mancano 380 miglia, ed inizio a non sentirmi molto bene, sarà stata la tensione, ma credo che sia qualcosa di più, ho una bella colica biliare in arrivo (che una volta a Martinica mi farà passare 3 giorni in ospedale!). Prima di partire ho creato un gruppo su whatsapp, dove i nostri sostenitori più accaniti ( mio padre, mia sorella, mia cognata, Beppe “l’uomo del meteo”, Emanuele, Peppino il proprietario del mitico Sailor’s Bar di Las Palmas, Paolo amico d’infanzia di Stefano) potevano scambiarsi messaggi, comunicarsi chi ci aveva sentito per evitare troppe chiamate dal satellitare visto che abbiamo una prepagata a minuti, non vedo l’ora di arrivare per leggere cosa si scrivono, a quanto pare non si staccano mai dalla chat!!!
QUALCHE CONSIGLIO UTILE PER ACQUA E CAMBUSA
Siamo in arrivo, ma prima vi lascio qualche dato indicativo sulla cambusa e sul rifornimento di acqua, che potrebbe essere utile a chi si avventurerà come noi, per la prima volta in questo genere di viaggio: non lesinate mai sull’acqua, noi abbiamo un serbatoio da 250 lt, più uno morbido da 80 lt , abbiamo caricato 3 lt di acqua in bottiglia a testa al giorno calcolati per 30 giorni. Siamo arrivati in Martinique che il serbatoio grande era vuoto ed il piccolo a meno di metà ma con ancora moltissima acqua in bottiglia. Durante il viaggio abbiamo fatto parecchie brevi docce, sciacquato i piatti che lavavamo precedentemente con acqua di mare. La cambusa, se passate da Las Palmas fatela alla Mercadona, dove i prodotti sotto vuoto sono di ottima qualità ed inoltre molto economici, troverete prodotti in lattina e liofilizzati anche questi buonissimi (che a distanza di mesi, ancora non abbiamo finito!) .
ARRIVO A MARTINIQUE, LE MARIN
Cercando di prendere le “misure” per arrivare a Le Marin di giorno, il vento ci è stato propizio, l’ultima notte in oceano l’abbiamo vissuta serenamente, in compagnia di una piccola fregata, appollaiata sul nostro bimini, durante i miei turni ho guardato un film e ascoltato la mia musica preferita, sono riuscita così finalmente a godermi il buio, le stelle, ed un alba da togliere il fiato con il sole che nasceva a Est portando chiarore e la luna piena immensa ancora alta in cielo in un oscuro Ovest, e ancora niente terra in vista.
LO RIFAREI? NO!
Se lo rifarei? Onestamente no, a parte i problemi avuti, i viaggi così lunghi non fanno per me, fino a 7/10 giorni va bene, ma oltre non me li godo più. Se lo rifarebbe Stefano? Fino a quando i problemi erano vivi ed era sporco di grasso, malediva tutto e diceva mai piu’, ora già dice che lo rifarebbe un altra volta!
Avvistiamo Martinique alle 11.30 UTC del 15 Marzo, inizia a diluviare, chiamiamo casa urlando “ Terra” come se fossimo in mare da un eternità, il bricolage con la cima ha retto, il pilota automatico farebbe ancora il doppio delle miglia!
Una volta in marina, spunta un timido sole, ormeggiamo grazie all’aiuto di due simpatici francesi, ci godiamo una buon Champagne tenuto in fresco per l’occasione e brindiamo alla terra ma anche al mare che ci ha tenuti in braccio fino a qui.
Ci abbiamo impiegato 18 lunghi giorni e qualche ora, dei quali 12 ore alla cappa in mezzo all’oceano a fare “MacGiverate” !!! Le avventure non terminano qui, siamo rimasti bloccati in Martinique due mesi, ma questo è un altro racconto! Abbracciate i vostri sogni, anche quando non sono perfetti, e a chi ci dice che stiamo sempre in vacanza, un invito per la traversata del Pacifico … al posto mio, portate gli attrezzi!
Erika Storelli
FINE DELLA TERZA E ULTIMA PUNTATA
CHI SONO ERICA E STEFANO
Erika Storelli e Stefano Mandrioli avevano un sogno e lo stanno realizzando: il giro del mondo in totale tranquillità. “Siamo partiti 4 anni fa da Finale Ligure”, ci aveva raccontato Erika, biellese, 36 anni (Stefano ne ha 40 ed è di Pieve di Cento, nel bolognese), “con la nostra Alexa, un Alpa S&S 36/38 del 1976 con il progetto di fare il giro del mondo in tutta calma. Intanto ci siamo fermati a lavorare alle Baleari e poi alle Canarie, da dove siamo ripartiti per attraversare l’ Atlantico. In molti ci chiedono come viviamo, che lavoro facciamo: Stefano è chef di cucina, e io parlando 5 lingue mi adatto e riesco sempre a trovare un lavoro: in aeroporto, in negozio come commessa, in ristoranti, dove sono stata comunque anche direttrice per anni. Fino ad ora abbiamo avuto molta fortuna”. Dalle Canarie, poi, i due si sono spostati a Capo Verde (da lì ci avevano mandato una guida utilissima per tutti voi che volete far tappa in quel paradiso), adesso ci hanno contattato dai Caraibi. L’oceano Atlantico è alle spalle, finalmente. Negli ultimi tempi era diventata la loro “ossessione”! Vi stiamo presentando, in tre puntate il loro racconto.
LA BARCA
“La nostra barca e’ un Alpa 36/38 Sparkman & Stephens del ’76. Armata con randa semi steccata (nuova), Genoa 110 %(nuovo), stralletto amovibile , tormentina e Trinchetta (nuove mai usate), tangone, abbiamo aggiunto 2 volanti prima di fare la traversata per sicurezza, e i pioli per salire in testa d’albero, fabbricati in Emilia da Stefano e mio suocero! Abbiamo 2 pannelli solari da 90W ciascuno, eolico Silent Wind 400+ (caro ma ne vale la pena davvero, sempre comprato prima di partire), non abbiamo mai avuto problemi di carenza di energia, abbiamo appena cambiato le batterie dopo 4 anni, avevamo delle semplici batterie da auto da 110, 2 per servizi 1 motore, ora abbiamo comportato delle deet cycle per la prima volta. La nostra barca ha un tank acqua da 250 lt+100 di un serbatoio morbido. Serbatoio gasolio da 200 litri (siamo partiti con anche 4 taniche da 25lt ciascuna) in tutto, da las Palmas fino ad ora abbiamo utilizzato in 5 mesi 100 lt totali!”.
QUI IL LINK ALLA PRIMA PUNTATA
QUI IL LINK ALLA SECONDA PUNTATA
Potete seguire le avventure di Erika e Stefano sulla loro pagina Facebook BARCHETTALOVE
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