La nuova sfida di Luna Rossa ed il sogno dei ragazzi che eravamo
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Il 26 giugno 2017 è una serata che ricorderò a lungo, che in molti ricorderemo a lungo. Team New Zealand vince la Coppa America e nella notte italiana arriva la conferma che Luna Rossa c’è, ci sarà, Luna ritorna e con lei ricomincia la storia. Luna Rossa è il challenge of record della XXXVI America’s Cup: tutto di un fiato, nel momento in cui Team New Zealand taglia la linea d’arrivo il Presidente del Circolo della Vela Sicilia, Agostino Randazzo, su mandato di Patrizio Bertelli per Luna Rossa, consegna la sfida ufficiale nelle mani dei rappresentanti del New Zealand Yacht Squadron. Si torna ad Auckland signore e signori, e lo si fa alla grande con la barca che più ha rappresentato l’Italia nel mondo.
Nel tam-tam convulso delle ore dopo la vittoria kiwi, con un inseguirsi di notizie tra i siti specializzati ed i social, mi imbatto in un post su facebook di Lamberto Cesari, velista, regatante appassionato di multiscafi e giornalista. Tra le tante considerazioni lucide che fa, me ne colpisce una in particolar modo, di quelle che ti fanno venire il nodo in gola: “La Coppa ad Auckland rappresenta il ricordo vivo della parte migliore di noi stessi, in quell’anno magico in cui vincemmo la Louis Vuitton Cup e due medaglie olimpiche, e tanti dei ragazzini di allora si innamorarono del sogno di diventare un velista” scrive Lamberto.
Forse questa è una cosa che emoziona solo la generazione dei poco più che trentenni, come chi scrive è. Nel 1999-2000 avevamo più o meno tutti 15-16 anni, poco più o poco meno, nessun pensiero per la testa, e la passione per la vela esplodeva in noi nelle notti trascorse davanti alla TV a cercare di capire dove cavolo andasse Torben Grael con le sue intuizioni tattiche. In realtà il primo ricordo della Coppa che abbiamo noi poco più che trentenni risale ancora a prima: la Coppa la trasmettevano a Telemontecarlo, in primo piano c’era spesso un signore con i baffi che si mordeva il labbro, e papà parlava di un certo bompresso, ma non capivamo cos’era dato che sull’Optimist sul quale muovevamo i primi bordi da velisti neonati questo misterioso bompresso proprio non si trovava. Era il 1992, il Moro di Venezia ce lo ricordiamo appena, ma fu quella la molla per restare incollati davanti alla tv in quelle notti magiche con Luna Rossa tra la fine del 1999 e l’inizio del 2000.
Ed allora è vero: in quei mesi molti di noi sognarono di diventare velisti, proprio come scrive Lamberto Cesari, niente di più vero. Sono i sogni che si fanno da adolescenti, quando tutto sembra possibile: diventare un velista, andare alle Olimpiadi, fare la Coppa America. Sognare in fin dei conti non costa nulla e Luna Rossa è questo per noi, una barca che ci ha dato la possibilità di sognare. Niente di più semplice e di più immediato. Oggi siamo diventati grandi, uomini si direbbe, e se chi scrive è qui probabilmente parte lo deve a quelle notti passate davanti alla TV. Chi scrive, nella Coppa che pochi anni dopo, nel 2005, sbarcò in Sicilia portata da Alinghi, a Trapani, vi lavorò come volontario e vi trovò anche la compagna di una vita.
Oggi dovrei nascondermi dietro il vestito grigio della professione da giornalista, che ti imporrebbe di essere equidistante, imparziale, obbiettivo. Non lo siamo stati per tutta la durata di questa Coppa. Abbiamo tifato Team New Zealand spudoratamente, come chi fa questo mestiere forse non dovrebbe fare. Ma era il bambino, l’adolescente che è in noi, che sotto sotto sperava. Sperava di vedere spuntare sui moli della Coppa America alle Bermuda un signore con i capelli bianchi, gli occhiali griffatti e l’accento toscano. Ti dobbiamo un grazie Patrizio Bertelli, comunque andrà questa sfida, perché ci hai fatto tornare ragazzi. Quest’Italia depressa, divisa, a tratti veramente brutta, ha bisogno di sognare, di credere in qualcosa. I sogni fanno bene. E non c’è niente di più bello che sognare una vela sul mare. Ben tornata Luna, ben tornato “Silver Bullet”, ci sei mancata.
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Mauro Giuffrè
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10 commenti su “La nuova sfida di Luna Rossa ed il sogno dei ragazzi che eravamo”
Caro Mauro, io sono quasi un quarantenne, avrò forse qualche anno in più, ma mi hai fatto venire i brividi. Il pensiero di quelle notti magiche, a vedere la nostra “Silver Bullett” che regata dopo regata, arrivava a vincere la LVC, è stato bellissimo. Grazie.
Caro Mauro… brividi.
Finalmente qualcuno che lascia spazio alle emozioni. Molto meglio di quanto prodotto dai varo tromboni da Coppa!
Grazie Mauro Giuffè, bell’articolo, complimenti mi ha fatto tornare alla memoria le regate di Coppa, viste con gli amici velisti stesi èper terra, nella mia casa nuova completamente vuota a parte il televisore e ha fatto venire pure a me un po di brividi per l’emozione !!! Giacomo 😉 Genova
Sarò forse l’unico, ma ho letto il tuo articolo con tristezza.
Sembra l’ennesimo post di un aspirante adulto che rimpiange i bei tempi andati di quand’era ragazzino: tutte le cose belle sono quelle di allora e il futuro non potrà offrirci nulla di meglio, a meno che non assomigli al passato
Tutto nello stesso filone retro vintage che ha partorito la “nuova” 500, la “nuova“ Mini, la “nuova” Ducati Scrambler …
Basta! Si possono scoprire cose diverse, nuove, belle ed entusiasmanti anche dopo l’adolescenza o la giovinezza! E’ sufficente avere un minimo di apertura mentale e non autorinchiudersi in recinti in cui ci sentiamo bene solo perché conosciamo ogni sasso.
Anzi, le novità si apprezzano di più proprio perché possiamo vederle con gli occhi dell’esperienza e scoprile nella loro complessità e innovazione
Per questo io sogno una AC senza compromessi, palestra per il futuro, territorio di scoperta e innovazione, apice della tecnologia velistica.
Con la quale inventare nuove manovre (come le fantastiche rolling foiling tack di ETNZ), sviluppare i foils, i DSS, le ali rigide o a kite, per averle poi un giorno anche sulle economiche imbarcazioni dei comuni mortali come me
Con o senza Luna Rossa non è così importante rispetto al non avere ancora a che fare con oggetti sorpassati dall’evoluzione come i bompressi, gli argani o le vele quadre
Buongiorno Nuvola, sono Mauro Giuffrè, l’autore del pezzo. Volevo precisare che il mio non era era e non voleva essere un “rimpianto dei bei tempi andati” , se hai avuto modo di leggere quanto ho scritto in altri articoli noterai che il GDV ha esaltato alcuni aspetti tecnologici di questa Coppa America, senza dubbio a tratti veramente spettacolare. Questo pezzo vuole esprimere la felicità per il ritorno di una barca che ricorda uno dei periodi belli dell’adolescenza di molti ragazzi oggi diventati uomini. Nell’articolo non si parla di come saranno le barche, non si dice “le vogliamo come quelle di Auckland”, ma si celebra il ritorno di un sogno, non importa come sarà, se su uno o due scafi, volante o meno. Se poi le fa piacere conoscere il pensiero di chi scrive, le dico che vedere una Coppa poco tecnologica sarebbe una grande delusione, ma su questo possiamo stare tranquilli perché i kiwi sanno il fatto loro. Grazie per averci letto, un saluto.
Grazie Giuffrè ! Lo dice uno che ha vissuto anche le avventure di Azzurra e del Moro ! Quando insieme a Luna Rossa si vedeva la vera Vela e le vere Regate! Non come adesso dei mostri a pedale che di velistico non hanno assolutamente niente! Speriamo che i Kiwi insieme a Luna Rossa riportino la Coppa America a quello che era ! Un qualcosa per cui valeva la pena passare notti e notti in bianco! Per quello che si si è svolto a Bermuda non valeva la pena nemmeno fare la fatica di accendere la TV.
E quindi, come dicevo, per molti di voi è solo una questione di riferimenti generazionali.
Siete cresciuti con Azzurra, il Moro e Luna Rossa per cui per voi la AC è quella: nulla della AC esisteva prima e nulla esisterà dopo, e tutto il resto non è Vela e Vere Regate da Veri Velisti con Vere Barche a Vela e non è nemmeno degno di essere visto da un Vero Velista che possiede l’Unica Verità che definisce le Vere Barche a Vela e le Vere Regate
Ma provate a fare uno sforzo di fantasia e a immaginare di essere nati intorno agli inizi del ‘900 e, nei vostri anni di giovinezza, avete avuto la fortuna di vedere regatare Endeavour, Shamrock, Velsheda.
Bene, e ora pensatevi con la barba bianca, catapultati su un divano negli anni ’90 in una sera d’estate: cosa avreste pensato delle tanto amate AC con Azzurra & Co. con gli occhi di chi ha visto i J Class?
Forse che vedere una AC tra boe invece che su percorsi in mare aperto era un affronto alla tradizione, fatta solo in nome dello spettacolo
Che il tackle prepartenza era tutta fuffa, che nulla c’entrava con la regata e con i Veri Velisti che navigano su Vere Barche a Vela e non giocano prima della partenza
Magari anche che solo i J Classe in legno erano Vere Barca a Vela con Vere Chiglie Lunghe, non ULDB fatti di materiali senz’anima e spesso con bulbi dalla forma strana, manco fossero ali
Senza pensare poi che Australia fu la prima a vincere con uno scafo in vetroresina, lo stesso materiale dei pedalò … che affronto per le Vere Barche a Vela
Che solo le regate con Lipton o con Sopwith sono state Vere Regate con Vere Barche a Vela e Veri Velisti, non come questi insulsi monoscafi che regatano oggi gestiti da parvenu o da aziende senza passione o che nella AC vedono solo un investimento finanziario
E quelle vele gestite con i winch? Ah, una manovella demoltiplicata per gestire le vele? Non è Vera Vela per Veri Velisti, il winch! L’argano lo è!
Se si inizia con il winch, poi dove si va a finire, alle pompe idrauliche???
Insomma … quello che vorrei farvi capire è che tutto è relativo, avendo come riferimento solo la piccola finestra di quando abbiamo fatto le nostre prime scoperte
Anzi, adesso, invece di tornare nel presente, provate a fare un salto generazionale in avanti e a immaginare come sarebbero i vostri pensieri se foste nati all’inizio del XXI secolo invece che nel secolo scorso
Tra vent’anni sarete forse qui a scrivere “ah, solo i Multiscafi a foil con vela alare sono la Vera Vela per Veri Velisti, non quei cosi che ci sono adesso che sembrano più aeroplani che imbarcazioni” perché i vostri riferimenti generazionali saranno quelli degli AC50 et similia di ETNZ, Artemis o Oracle????
Ma possibile che per alcuni velisti sia così difficile uscire da certe gabbie mentali e valutare con un minimo di razionalità quello che l’evoluzione tecnologica dei materiali e ingegneristica riesce a portare di nuovo e fresco nella vela?
Ciao a tutti, non comprendo perché non si ritorna al monoscafo?
Giuseppe
Ciao Giuseppe, altro che monoscafi, ancora non sai che come imbarcazione per le prossime AC è stata scelto un monotipo copia dell’Enterprise di William Starling Burgess vincitore della AC del 1930 da costruire rigorosamente con legnami autoctoni della Nazione partecipante??? 🙂