Tutti i segreti di Team New Zealand e cosa può fare Oracle per cambiare le carte in tavola

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Team New Zealand in navigazione: si nota l’assetto aerodinamico dell’equipaggio, basso sullo scafo

Manca poco, pochissimo, e poi sapremo la verità. Sapremo se Oracle sarà in grado di colmare quel gap che al momento lo vede circa il 10% più lento rispetto a Team New Zealand, soprattutto di bolina e anche sotto il profilo dell’angolo al vento. Il dato di fatto è che il lavoro di progettazione e sviluppo dell’AC50 kiwi si è rivelato brillante e particolarmente azzeccato.

Team New Zealand ha deciso di impostare questa campagna in maniera molto “aggressiva” sotto il profilo del design. Non avendo a disposizione un budget simile a Oracle, ed anzi avendolo ridotto rispetto alle precedenti partecipazioni, le armi dei kiwi erano quelle della scommessa: puntare su soluzioni innovative, per certi versi estreme, cercando di fare una barca il più possibile dissimile rispetto a quella del defender e degli altri sfidanti che hanno optato invece per soluzioni simili tra loro. In cosa consiste quindi la particolarità di Team New Zealand?

I foil

Senza dubbio uno dei punti di forza, soprattutto con vento leggero, del catamarano neozelandese sono le derive. La scelta qui è stata molto decisa: foil lunghi e voluminosi, con il lato corto della L spezzato da uno spigolo molto visibile nel set da vento leggero, più morbido nelle lame da vento. Il risultato è stato una maggior efficienza in termini di portanza soprattutto quando l’intensità del vento cala.

Le differenze macroscopiche tra i foil di Team New Zealand, a sinistra, e quelli di Oracle

Il foiling di Team New Zealand è apparso quasi più pulito in condizioni di vento leggero che in quelle con aria media. Quando il vento sale la superficie dei foil di New Zealand paga la maggiore stabilità ed il volo più facile (ma con vento sostenuto questo beneficio diminuisce), cedendo qualcosa in termini di velocità di punta. A tal proposito vanno ricordati i due match persi con Artemis, dove gli svedesi soprattutto nel traverso iniziale, con 15 nodi di vento, si erano dimostrati almeno 1,5 nodi più veloci. Le derive da vento leggero dei kiwi in definitiva si sono rivelate micidiali nel loro range, 6-12 nodi. Meno veloci quelle all round, ma comunque molto stabili in termini di volo.

Il problema per i kiwi è nelle situazioni cosiddette di “crossover”, ovvero quando il vento sarà variabile tra gli 11 ed i 14 nodi, ovvero a cavallo dei range dei due set di derive che i team hanno a disposizione. Una scelta che gli equipaggi hanno l’obbligo di comunicare prima dell’inizio delle regate e non può essere variata tra una prova e l’altra. Se New Zealand optasse per le derive da vento leggero, ed l’aria invece aumentasse sopra il range di queste, ecco che i kiwi si troverebbero a navigare con dei foil piuttosto estremi in condizioni non ideali, con un conseguente peggioramento radicale delle velocità. Alle Bermuda si sono viste regate in cui il vento ha oscillato per direzione ma soprattutto per intensità. Per questo la scelta delle derive sarà quanto mai cruciale nel caso in cui le giornate a venire da un punto di vista meteo non fossero chiare. 

L’idraulica

Si è molto parlato dell’idraulica sull’Ac50 di Team New Zealand. I famosi pedal grinder sono stati senza dubbio l’invenzione più eclatante di questa Coppa, ma in fin dei conti era un concetto facile ed alla portata di tutti, bastava svilupparlo: le gambe sono in grado di produrre una forza maggiore rispetto alle braccia. Ciò significa che i circuiti idraulici dei kiwi hanno quell’extra power che gli consente una facilità di gestione del trim ala-fiocco e foil più efficiente, fluida e semplice rispetto a quella di Oracle. Ma c’è di più: l’utilizzo delle gambe lascia i velisti con le mani libere. Ed ecco che l’olimpionico di 49er Blair Tuke, prodiere di Peter Burling, può contemporaneamente pedalare e con le mani regolare le derive, liberando così il timoniere che può concentrarsi solo sulla conduzione. Team New Zealand è l’unico AC50 dove il timoniere è libero quasi completamente rispetto al trimm delle derive. Se ciò non bastasse i kiwi hanno sviluppato anche la domotica di bordo, Glenn Ashby infatti regola l’ala tramite l’ausilio di un tablet; un sistema che garantisce migliore efficienza e liberando lo skipper dallo sforzo di regolare una scotta gli da la possibilità di coadiuvare maggiormente Peter Burling sotto il profilo tattico.

L’aerodinamica

La scelta dei pedal grinder si è rivelata decisiva anche da un punto di vista aerodinamico. La curiosa posa a testa bassissima che mostrano i “ciclisti” di Team New zealand (che fa “imbestialire” i nostalgici dei monoscafi) è in realtà una scelta consapevole ed efficace.

Macrodifferenze nella disposizione dell’equipaggio: i grinder di Team New Zealand sono più bassi sullo scafo, Glenn Asby all’ala è sprofondato nel pozzetto mentre il suo collega su Oracle sta seduto sul bordo con tutto il busto esposto al vento

In quella posizione (con i pozzetti molto bassi che fanno stare i corpi degli uomini più vicini allo scafo), l’equipaggio kiwi offre una resistenza aerodinamica decisamente minore, che si trasforma in decimi di nodi, se non di più, di guadagno in acqua.

L’ingegnere più giovane della Coppa

Si chiama Elise Beavis, ha 22 anni ed è l’ingegnere più giovane di quest’edizione della Coppa America, se non uno dei più giovani nella storia della manifestazione. La giovane neozelandese è un ingegnere che si occupa di FCD (Computational Fluid Dynamics) e su Team New Zealand ha il ruolo di performance engineer.

Elise Beavis, Emirates Team New Zealand Performance Engineer

Sotto la guida del Direttore Tecnico Dan Bernasconi, Elise si è occupata di sviluppare i set-up delle postazioni dei ciclisti e progettare parte della copertura aerodinamica della piattaforma, in pratica due degli elementi cruciali delle performance di Team New Zealand. Complimenti a lei e a chi ha deciso di darle fiducia.

Cosa può fare Oracle

Oracle, prima dell’inizio della Coppa, ha aggiunto una pedaliera idraulica ai suoi sistemi di gestione dopo aver visto la soluzione di Team New Zealand. Si nota infatti Tom Slingsby che di tanto in tanto si posiziona alle spalle di Spithill a pedalare. Il fatto che, mesi fa, non abbiano riconvertito tutto il sistema idraulico probabilmente tradisce l’impossibilità di ripensare il progetto. E’ quindi improbabile che per l’idraulica arrivino sorprese significative da questi giorni di pausa. Quello che può fare Oracle è perfezionare la conduzione in alcuni frangenti e modificare le derive. In occasione della pausa i team possono modificare fino al 30% del peso delle derive, 10% da un giorno all’altro. Una percentuale quindi significativa, che può teoricamente aprire a variazioni importanti in termini di performance. E’ quindi probabile che i tentativi di Oracle si concentreranno in questa direzione, con la speranza di trovare la formula giusta per uscire dalle sabbie mobili dello 0-3 in cui si trova il defender.

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Mauro Giuffrè

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