Il “Pitbull” contro il “Freddo”: a chi la Coppa?

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James Spithill a sinistra, Peter Burling a destra

La sfida Oracle-Team New Zealand (dalle ore 19 italiane di sabato 17 giugno al meglio delle 13 regate) rappresenta il confronto tra due “mondi velici” agli antipodi. Da un lato una multinazionale, in affari e nella vela, dall’altra lo spirito di una nazione che si stringe intorno alla sua barca. Due modi differenti di intendere la Coppa e probabilmente la vela in generale. Se ciò non bastasse a dipingere due team radicalmente opposti, va aggiunta la totale asimmetria tra i due timonieri. Il “Freddo” Peter Burling ed il “Pitbull” James Spithill, due campioni agli antipodi per stile e comunicazione. Dalle loro mani passerà il domani della competizione velica più antica che esista, e saranno questi due fenomeni a decidere forse anche un po’ di futuro della vela. Andiamoli a conoscere meglio e scopriamo il perché ne vedremo delle belle.

Il Freddo Peter Burling

Peter Burling non sorride, al massimo ghigna o al più accenna un’espressione facciale che a qualcuno ricorda vagamente il sorriso. Sembra sia uscito dallo studio di progettazione di Team New Zealand, sembra un pezzo della barca. Nato il 1 gennaio 1991 a Tauranga, a soli 26 anni ha vinto nella classe olimpica 49er molto di più di quanto un velista possa sognare di vincere (un oro ed un argento olimpico, sette ori mondiali). Apparentemente è senza emozioni e lo si vede anche dal battito cardiaco, proposto dalla grafica della giuria internazionale, che lo certifica come il più calmo tra i kiwi. Le sue pulsazioni, ovviamente meno alte di quelle dei grinder ciclisti, sono spesso più basse del suo collega e skipper Glenn Ashby, nonostante il giovane “Pete” abbia materialmente “in mano” la barca. Impressionante la calma delle sue comunicazioni nei frangenti successivi alla scuffia, appeso a 12 metri d’altezza la sua faccia sembrava dire tra se: “Ehi amico, non ti sei cacciato in una bella situazione, vediamo di venirne fuori senza farci male”.

Se a Dean Barker ad ogni punto perso nella finale di San Francisco spuntava una nuova ruga in faccia, Peter Burling è la freddezza fatta timoniere. Una qualità che per la sfida totale che sta per affrontare potrebbe servirgli in misura cruciale: con Oracle e Spithill, c’è da scommetterci, oltre ad essere una battaglia in acqua sarà una guerra di nervi senza esclusioni di colpi e Burling sembra avere le carte in regola per affrontarla.

Pare che l’ordine di scuderia in questa Louis Vuitton Cup (ci piace continuarla a chiamare così) sia stato quello di non forzare, di preservare la barca: da qui le sue partenze sempre molto compassate senza andare a cercare la bagarre con l’avversario. Contro Spithill il corpo a corpo sarà inevitabile, ma il “ragazzone” kiwi non sembra avere la minima paura di affrontarlo. In conferenza stampa è apparso sempre calmo ma soprattutto lucido ed estremamente deciso. In Nuova Zelanda sono pazzi di lui, per il suo carattere, per le sue vittorie e per quell’essere 100% kiwi, di fatto e nella testa: i ripetuti ringraziamenti di Peter ai coach Ray Davies e Murray Jones sono un segnale di modestia ma certificano anche il senso di appartenenza forte di Peter Burling verso il suo team, e questo in madre patria non passa inosservato.

Il Pitbull James Spithill

James Spithill e la Coppa America sono due storie indissolubili. Nato a Sydney il 28 giugno 1979, a 19 anni partecipava come timoniere di Young Australia alla sua prima America’s Cup, proprio in Nuova Zelanda nell’edizione che lanciò Luna Rossa, barca di cui Spithill fu timoniere nel 2007 dopo essere passato anche dal sindacato di Seattle One World. La Coppa l’ha inseguita e vinta con Oracle nel 2010 (nella discussa edizione degli “avvocati”) e nel 2013 quando fu tra i principali artefici della clamorosa rimonta da 1-8 a 9-8. Difficile immaginare un velista più all’opposto rispetto a Peter Burling. Se quest’ultimo parla poco, Spithill fa il contrario ma soprattutto ama una comunicazione “muscolare”, a tratti provocatoria. Ostenta sicurezza e spavalderia, quando gli americani vararono il loro cat disse: “Questa è la barca che useremo per vincere la Coppa America”, dando sfogo a tutta la sua modestia. E’ un talento assoluto, specializzato nel match race: da ciò deriva il suo marchio di fabbrica, l’aggressività in partenza. In Italia ricordano tutti come nella semifinale di Valencia del 2007, al timone di Luna Rossa proprio contro Oracle, ridicolizzò in uno degli start un certo Chris Dickson, la “Volpe”, rifilandogli ben due penalità. Questo è James Spithill, in acqua e spesso anche fuori dall’acqua. O lo ami o lo detesti, non ci sono sfumature. Per Oracle Team USA è il testimonial ed il timoniere perfetto, ad immagine e somiglianza di Russel Coutts, proprio per questo il boss di Oracle l’ha voluto fortemente nel team. Difficile trovare in lui dei veri e propri punti deboli, anche perché ha a fianco un fenomeno totale come Tom Slingsby a chiamare la tattica. Senza dubbio parte con il ruolo da favorito in questa finale: la chance di vittoria di Team New Zealand passano dalla possibilità di fargli saltare i nervi con la velocità della barca e le manovre in perfetto volo. Se si innervosisce potrebbe provare a strafare e gli equilibri a questo punto potrebbero rompersi. Per questo motivo oltre che una sfida in acqua, questa finale sarà una guerra di nervi ad altissima tensione.

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Mauro Giuffrè

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