“Doveva nascere 50 anni fa, sarebbe stato un eroe”: tributo a Simone Bianchetti

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Il primo di giugno, gli amanti della corse au large celebreranno a modo loro un grande navigatore di Cervia, scomparso nel 2003 a soli 35 anni.

Partirà infatti da Ravenna il Trofeo Simone Bianchetti, regata in doppio riservata alla Classe Mini 6.50 (a bordo dei quali Bianchetti prese parte alla sua prima Mini Transat nel 1995) ed organizzata dal Circolo Nautico “Amici della Vela” di Cervia in collaborazione con Marinara, il Porto Turistico di Ravenna, su un percorso di circa 200 miglia (Ravenna-Cervia-Gagliola-Sansego-Cervia). E’ vivo in tutti i navigatori e appassionati il ricordo di Simone, vulcanico e mai troppo compreso. E, in tempi di foil e skipper milionari, barche astronavi, Paperoni da banchina, ci manca.

bianchetti
IL NOSTRO RICORDO

Noi lo ricordammo così, senza essere troppo “paraculi”. Sono ancora valide le nostre scuse, palesate alla fine del pezzo, per non aver compreso in pieno la poesia e i valori trasmessi da Bianchetti (anche se abbiamo avuto modo di rifarci proponendo un maxi servizio di quattro puntate su Simone, dall’aprile al luglio del 2007, che prima o poi promettiamo di riproporvi).

“DOVEVA NASCERE MEZZO SECOLO FA, SAREBBE STATO UN EROE”


Non è la prima volta che il destino si fa beffe dei navigatori oceanici, uomini che secondo la leggenda non vedono l’ora di scomparire tra i flutti. Tabarly è finito in mare praticamente in bonaccia e Blake giustiziato da un brigante di fiume, tanto per citare due tra i miti.

Simone Bianchetti non era mitico, quasi sicuramente non lo sarebbe diventato, però la sua scomparsa, avvenuta nel porto di Savona all’alba del 28 giugno per un collasso circolatorio e respiratorio, ha colpito gli addetti ai lavori ma soprattutto gli appassionati.

Lo diciamo a ragione: siamo stati sommersi di mail che votavano il 35enne di Cervia per il Velista dell’Anno o quantomeno sollecitavano un nostro ricordo. Non c’era bisogno perché Bianchetti ha scritto belle pagine della vela oceanica italiana, probabilmente inferiori alle sue potenzialità e sicuramente meno strombazzate di tante altre, perché un conto è saper navigare e un altro farsi capire.

Come ha detto Cino Ricci, il Pigmalione che ne scoprì le doti affidandogli la sua barca per riportarla a casa dopo la Barcolana: “Simone non scendeva a compromessi, non era un uomo di pubbliche relazioni. Aveva una sola volontà, quella di andar per mare: testardo com’era, non gli interessava vincere”.


Eppure sembrava aver finalmente capito il prezzo da pagare per correre sereno, senza ansie di budget e con scafi prestati, non era poi così alto. Dopo una serie di avventure al limite, con scarso riscontro di risultati e di fama (BOC Challenge ’95, Quebec Saint-Malo ’96 e Route du Rhum ’98) e la piccola grande impresa di essere il primo italiano a terminare il Vendée Globe Challenge, aveva trovato in Tiscali l’interlocutore adatto per esprimere il suo valore.

“Ho capito che non posso più vivere come un tempo, devo accettare dei compromessi per inseguire il risultato”, ci disse durante la presentazione della sfida all’Around Alone. Una svolta epocale per il marinaio che si era cimentato anche con i carri a vela in mezzo al deserto, aveva inoltrato la domanda per la Legione Straniera (non è leggenda) ed era capace di bloccarti per ore in un bar per illustrare i suoi cento progetti, i suoi mille sogni.

Anche quella volta, il destino non era stato favorevole: il disalberamento con successiva sosta di quasi un mese lo aveva tolto di mezzo dalle chance per quel successo che lo avrebbe consacrato a numero uno della nostra vela oceanica, strappando il primato all’amico-nemico Soldini con cui ha sempre avuto un rapporto alterno.

Ma non si era arreso e nelle tappe finali aveva mostrato al mondo che non era il solito, incostante Bianchetti: eppure quel terzo posto conclusivo suonava come un’altra occasione persa per non essere considerato unicamente il poeta degli oceani bensì il solo italiano, assieme a Giovanni, nella creme dei solitari. Persino nella traversata di ritorno aveva rotto l’albero: roba da andare a Lourdes.

Poeta peraltro lo era davvero, considerando le due raccolte “Poemetti furiosi di un navigatore” ed “Enigma religioso dell’estuario” che fanno riflettere e provare un pizzico di rimpianto, in chi, come noi (ma siamo in ampia compagnia), non ne ha capito in pieno i valori che trasmetteva.

Buon vento Simone, uomo diretto e mai banale. Marinaio vero (“Doveva nascere mezzo secolo fa, sarebbe stato un eroe”, ha dichiarato Cino Ricci) e navigatore per vocazione, non solo per passione e neppure per diventare famoso. Averne, da noi.

Tratto dal Giornale della Vela di Agosto 2003

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