A tu per tu con il Velista dell’Anno 2017: Gaetano Mura si racconta

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Gaetano Mura, Velista dell’Anno 2017, si racconta in un’intervista senza filtri al nostro Giornale. Da Cala Gonone agli Oceani del sud, il velista sardo è il simbolo della vela italiana che sogna. Un marinaio-navigatore arrivato relativamente tardi nel mondo della vela: ha iniziato lavorando sui pescherecci, poi il charter con un veliero, fino ai diari oceanici in Class 40 diventati un cult. Vi raccontiano chi è Gaetano Mura, dai ricordi di bambino alle avventure in Oceano in un’intervista senza filtri.

Gaetano Mura in una foto da adolescente su un peschereccio

Qual è il primo ricordo legato al mare?

Una domanda con risposta difficile, se non impossibile. Ci sono nato in mare, è tutta la mia vita, il mio lavoro, la mia passione, il mio hobby. La primissima esperienza in barca a vela? Forse avevo 12 anni , era piccolo un cabinato e in una località come Cala Gonone, senza tradizioni veliche, non poteva che essere di proprietà di un turista.

Gaetano da bambino

Le uniche derive presenti erano degli Alpha di scuola vela, quelle del Villagio Palmasera, una struttura turistica del mio paese. Quando con gli amici di gioco ci passavano davanti pensavo: “Cosa non darei per poterci salire sopra”. I compagni di gioco mi dissero “ma non sai andare a vela”, risposi “sono certo che se me la prestano, so farla navigare”.

Quando ha capito che la vela sarebbe stata il suo futuro?

Più che la vela avevo la certezza che sarebbe stato il mare il mio futuro, una certezza matematica. A parte qualche sporadica esperienza iniziai ad andare veramente a vela intorno ai vent’anni, quando acquistai un veliero di 24 metri: il Dove Sesto. Ci lavorai sodo e iniziai  ad offrire escursioni a vela. Il primo della costa di Cala Gonone.  Oltre per lavoro il veliero è stata la mia vera scuola

Tra Mini Transat, Jacques Vabre e giro del mondo in Class 40, il momento più duro?

Credo che uno dei momenti più duri che ho vissuto sia stato durante la Mini Transat, già prima della partenza della seconda tappa. Avevo la parte alta della randa che fuoriusciva dalla canala dell’albero in carbonio. All’inizio si trattava di pochi centimetri, feci finta di non vedere. Perché in Brasile ci sarei andato anche a nuoto. Solo io so cosa mi costò quella decisione, la decisione di continuare. Infatti, poi, in pieno oceano, il problema degenerò.

Gaetano Mura a bordo del Mini 650

Venivano fuori anche due metri e questo mi costrinse ad ammainare e tirar su la randa diverse volte al giorno. Ma non è finita qui: ad un certo punto della navigazione ho perso le palline di acciaio del prefeeder e così, quando c’era da  tirare su la randa. dovevo tenere l’inferitura con la mano sinistra, ma con la destra, negli ultimi metri, non riuscivo a fare il giro completo con la manovella del winch. Un vero incubo, una fatica immensa. Nei momenti peggiori credo di aver ammainato e tirato su la randa anche dodici/tredici volte in una giornata. Anche aver dovuto abbondare il giro del mondo proprio quando stavo imparando il gioco è stato dura.

Il momento più bello? Quello in cui ha pensato di essere veramente realizzato come velista?

Per fortuna in mare di momenti belli se ne vivono  veramente tanti e non necessariamente legati ad una grande impresa. Spesso sono legati ad una semplice uscita in mare, il piacere di navigare. Detto questo il traguardo della Mini Transat, davanti allo skyline dei grattaceli di Bahia, sicuramente è un ricordo che non dimenticherò mai. Sicuro. Non si trattava solo di aver portato a termine la regata, ma un sogno inseguito e coltivato per tanti anni.

Quando ti sei sentito realizzato?

Rispondo mai perché non è un sentimento che mi piace. Bisogna sempre conservare e alimentare stimoli, aspettative, motivazioni. Sentirsi realizzato è la fine di qualcosa, un sentimento che spero di non sentire mai. C’è un detto che dice: “Se gli dei ti vogliono punire, esaudiscono i tuoi desideri”. Non è un luogo comune, penso sia più importante vivere qualcosa che realizzarla veramente.

Gaetano a bordo di Italia

Un velista che stimi o hai stimato particolarmente

Vittorio Malingri l’ho sempre stimato molto è uno con le palle, penso sia “maturato” bene. Mi piace, si vede che ci mette il cuore.  E’ veramente un marinaio oltre che un ottimo regatante. Le ultime imprese fatte con il figlio sono straordinarie.

Ti senti più un regatante o un navigatore/marinaio?

Sono sicuramente ed orgogliosamente un marinaio/navigatore che prova a fare anche il regatante.

La tua barca da sogno?

Per me non esiste una barca ideale in assoluto. C’è la la barca che va bene per quel determinato momento e per quella determinata idea di navigazione.

Il tuo sogno nel cassetto

Visto che sognare è gratuito non c’è dubbio: il Vendée Globe.

Mauro Giuffrè

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