Giancarlo Pedote, la storia del Velista dell’Anno 2016 ("Sono un velista operaio")

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Giancarlo Pedote è stato il Velista dell’Anno 2016. Scoprite (se ancora non lo sapete) chi è il velista oceanico fiorentino che è riuscito più volte a mettere in riga i francesi, gli specialisti assoluti della course au large.

AVEVAMO SCRITTO DI LUI
Tratto da Il Giornale della Vela giugno 2016. A bordo di qualsiasi barca sia andato, Giancarlo Pedote ha vinto: dati alla mano, è il velista oceanico più forte che abbiamo in Italia oggi. Nel 2015 la FFV (la federvela francese) ha insignito lui e Erwan Le Roux, suo compagno sul trimarano Multi 50 FenetrèA-Prysmian, del prestigioso Trophée des Champions 2015 a seguito degli importanti risultati ottenuti nell’anno: la vittoria della Transat Jacques Vabre, la durissima regata da Le Havre (Francia) a Itajaì (Brasile) e di tutte le altre regate Multi 50 del calendario.

Non possiamo non citare anche il suo glorioso 2014, che lo ha visto al vertice di tutte le regate della classe Mini in Francia (anche in quel caso, fu eletto Velista dell’Anno francese) e il secondo posto alla Mini Transat nel 2013. Adesso Giancarlo vuole volare: per un anno si metterà alla prova sui Moth. Dopo la sua incoronazione a Velista dell’Anno 2016, è salito sul palco a sorpresa l’ingegner Valerio Battista, amministratore delegato di Prysmian, l’azienda che da tempo sostiene Giancarlo: “Aziende di tutta Italia unitevi a me. Mandiamo Pedote al Vendée Globe!”. In effetti, manca soltanto il Giro del Mondo in solitario senza scalo al velista fiorentino classe ’75. E siamo sicuri che potrebbe fare davvero bene. Forse è un po’ tardi per l’edizione 2017, ma siamo sicuri che se trovasse il budget, Giancarlo appenderebbe il moth al chiodo per sfidare gli oceani.

GiancarloPedote2010LA STORIA DI GIANCARLO (DAL GIORNALE DELLA VELA DI FEBBRAIO 2014)
Tagli il traguardo di una delle più dure edizioni della Mini Transat al secondo posto. Mai nessun italiano aveva fatto bene come te. Dovresti festeggiare, e invece no. Anzi, hai la carogna dentro perché tu, a questa Mini, avevi partecipato per vincere e non ne avevi fatto mistero. Niente spumante, solo una grande incazzatura perché ti chiami Giancarlo Pedote e sei uno che quando si lancia in un’impresa pretende il massimo da se stesso: e se ti si rompe il bompresso a 300 miglia dall’arrivo (su una regata di 3.700 miglia), consentendo al francese Benoît Marie di strapparti la vittoria, non riesci a fartene una ragione. Vi abbiamo presentato in poche righe il punto di forza di Giancarlo Pedote, il solitario che ci ha fatto sognare fino all’ultimo alla Mini Transat: lui è uno che non sa cosa voglia dire “adagiarsi sugli allori”.

Pedote sul windsurf a Follonica nel 1994...
Pedote sul windsurf a Follonica nel 1994…

VELA AGONISTICA, CHI ERA COSTEI?
Pedote nasce a Firenze nel 1975 da genitori che sono dipendenti pubblici e non possono permettersi di iscrivere loro figlio a una scuola di vela. Però a Giancarlo il mare piace, eccome: “La mia storia con il mare – racconta – è iniziata da bambino. Una delle prime esperienze che ricordo, era il recupero di una bottiglia che mio padre lasciava cadere sul fondo del mare, avevo circa 6 anni. Ma dovetti attendere fino ai 12 anni per avvicinarmi alla vela: mio padre acquistò una pesante tavola a vela con deriva in legno non a scomparsa, dotata di una grande vela triangolare. Ricordo che mi rovinai le braccia a tirarla su e giù”. A 16 anni, Pedote è un buon windsurfista autodidatta che, pur non essendo iscritto ad alcun circolo, si diverte al largo di Follonica a tirar bordi assieme agli amici velisti “popolari”.

…e sull’Hobie Cat

Nel frattempo sono arrivati gli anni ’90, il Moro di Venezia ha fatto sognare gli italiani e nello Stivale esplode la passione per la vela d’altura: si tratta di un periodo economico tutto sommato solido e le scuole di charter proliferano: il cugino di Giancarlo, Piero, lavora per una di queste e spesso si trova a dover compiere dei trasferimenti: “Mio cugino mi propose di accompagnarlo in un trasferimento di un cabinato dalla Grecia all’Italia. Posso dire che quello fu il mio primo contatto con le lunghe navigazioni: avvenne tardissimo, visto che eravamo nel 1998!”. Nel frattempo Pedote è diventato istruttore di windsurf, professione che svolge part-time per pagarsi gli studi universitari (si laureerà in filosofia nel 2001) e ha mosso i primi passi nel mondo delle derive, sugli Hobie Cat 16. ma il viaggio assieme a Piero cambia la sua concezione di vela: “Venni colpito da quante cose bisognava saper fare a bordo: non devi occuparti soltanto di portare la barca, ma controllare il motore, metterti al tavolo da carteggio, usare correttamente un tester, conoscere ogni singola parte dell’imbarcazione per far fronte a eventuali emergenze. Capii che non bastava essere bravi velisti, ci voleva una buona dose di marineria. Imparai a smontare motori entro e fuoribordo: poiché non avevo mai posseduto un motorino da ‘truccare’ in gioventù fu in barca che compii il mio ‘apprendistato sul campo’ da meccanico”.

manuale dello skipperSCRITTORE PER FARSI CONOSCERE
Pedote lascia l’insegnamento della tavola a vela per dedicarsi ai piccoli cabinati: partecipa a tanti campionati invernali a bordo di barche di amici e conoscenti, come un normale appassionato. Diventa quindi istruttore presso la cooperativa “La Via del Mare” di Firenze: “Nelle mie vene scorreva il sangue di uno sportivo, avevo praticato in gioventù pugilato e kickboxing a livello agonistico: adesso avevo voglia di mettermi in discussione come velista d’altura. Presi parte al mio primo Giro d’Italia a vela (ne completerà quattro, ndr) e alla Transat des Alizés, dove a bordo di un Open 60, in coppia con Margherita Pelaschier, compii la traversata atlantica dal Portogallo a Saint Barth, chiudendo in seconda posizione. Nel 2001 inoltre avevo avuto la fortuna di preparare un Open 50 in vista della Jacques Vabre, acquisendo competenze nel campo della messa a punto di una barca oceanica”. Giancarlo decide di mettere a frutto tutte queste esperienze in un libro ultratecnico, “Il Manuale dello Skipper”, che pubblica per Mursia nel 2004: “Io già allora sognavo la Mini Transat, tentai una campagna autosponsorizzata nel 2003, partecipando alla Roma per Due con mio cugino Piero a bordo di un Mini noleggiato, ma non andò molto bene. Decisi che se fossi partito con un progetto sportivo, lo avrei fatto soltanto con la certezza di essere competitivo. Scrissi il libro con l’intenzione di farmi conoscere nel mondo velico, per racimolare sponsor che mi potessero sostenere”. Non a caso la dedica iniziale del libro recita: “Alla prima barca che mi regalerà l’Oceano in solitario. Cercasi sponsor urgentemente”. Tra il 2005 e il 2007 Pedote si affranca dall’insegnamento e si affaccia nel mondo della vela professionistica, facendo il tailer e il prodiere su monotipi (come Swan 45 e Mumm 30), Maxi e IRC.

Prysmian 626
Prysmian 626

LA SCELTA DELLA VITA
Nel 2007 Giancarlo trova in Prysmian uno sponsor affidabile: “Mi trovai davanti alla scelta della vita: sapevo cosa fare. Svuotai il conto in banca, mi indebitai e acquistai in Spagna il mio primo 650, il Pogo 2 626, che portai a Punta Ala. All’epoca condividevo una casa sui colli senesi con un mio amico. Da un giorno all’altro gli dissi: ‘Ciao, vado’, facendolo arrabbiare non poco. Avrei partecipato alla Transat del 2009: a Punta Ala, dove dormivo a bordo di un Sun Fast 37 messo a disposizione dalla Via del Mare durante le fasi di preparazione della barca, conobbi Matteo Severi, che sarebbe diventato il mio assistente. Mi allenai davvero poco, vista la mia ossessione per la preparazione della barca. Non mi fidavo di nessuno: prima di partecipare alla Sanremo Mini Solo ad esempio decisi di far carena io stesso alla vigilia della regata: presi le bombole in un centro sub vicino ad un parcheggio. Erano state ricaricate con aria contaminata dagli scarichi delle auto. Mi sentivo svenire, partii che stavo malissimo e alla prima boa mi ritrovai in sesta posizione: mi feci un caffe, inspirai profondamente e mi passò la ‘sbornia’. Mi misi a tirare come un pazzo e vinsi la regata. Capii che tutto era possibile”. Infatti nel 2009 Pedote si sposta a Loriént, in Bretagna, conosce sua moglie Stefania e alla Mini Transat chiude quarto tra i Serie, miglior risultato mai ottenuto da un italiano: “Peccato per il mio amico Riccardo Apolloni, con cui avevo preparato la Transat, che si spiaggiò a poche miglia dall’arrivo: era terzo”.

CB-MAP-RaceL’EROE DELLA MINI TRANSAT
Archiviata la Transat Pedote vende 626: la voglia rimettersi in gioco è tanta ma il portafoglio piange e così opta per un biennio sui Figaro, dove non brilla ma nemmeno sfigura. A gennaio 2012 arriva la decisione di comprare Teamwork 747 di David Raison, vincitore della Mini Transat 2011, il famoso Proto con la prua tonda: “Una barca molto esigente, che necessita di essere messa a punto alla perfezione. Io ci ho messo due anni di duro lavoro, soprattutto per le andature portanti”. Un lavoro ben ripagato: nel 2013, Giancarlo vince la Trinité-Plymouth, il Trophée Marie-Agnès Peron e fa secondo alla Demi-Cle e alla Pornichet Select. Carte alla mano, il più forte è lui: un italiano in testa alla ranking internazionale. “Sono partito per la Mini che ero un leone, mi sentivo forte ed era appena nato mio figlio. Mi sono visto annullare la prima tappa quando ero a quattro miglia dall’arrivo. Ero arrabbiato ma ancora più carico. Quando, mentre ero in testa a 300 miglia dalla Guadalupa durante la tappa unica, dopo una straorza ho spaccato il bompresso, l’ho riparato in tre ore ma lo spi grande non era efficiente perché avevo dovuto accorciare il bompresso. Quindi Marie si è preso la vittoria. Così va la vela, ma che sangue marcio”. Ora Giancarlo, il miglior minista italiano di sempre, aspetta a vendere il suo Prysmian 747, che fa gola a molti: prima deve capire se il suo progetto di partecipare al Vendée Globe su un Imoca 60, supportato da Prysmian e da altri sponsor, potrà prendere vita. La sua determinazione gli sarà di grande aiuto.

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5 commenti su “Giancarlo Pedote, la storia del Velista dell’Anno 2016 ("Sono un velista operaio")”

  1. Biagio Celi Raimondo

    dopo cuoco dell’anno, auto dell’anno, impresa dell’anno, e l’elenco non ha fine, ora il velista dell’anno …
    anche la vela vittima della mania di protagonismo imperante, un eroe da adorare ammirare imitare, dentro questo oceano di identità alla deriva, anche la vela si è omologata alla moda del “chi è il migliore” …
    eppure il profilo della vela è stato sempre un understatement rispettato e ammirato a distanza, nel silenzio di un sole ammorbidito che si abbassa sull’acqua, dopo una lunga giornata al largo … la vela certo ha i suoi protagonisti … ma non li ha mai gridati … si cercano le loro storie e le loro gesta scambiandosi le scarse informazioni per poi frugare con gli occhi le copertine di una libreria specializzata … dove non sai dove posare gli occhi e dove tutto sa di acqua salata ancora sulle labbra anche dopo giorni … un sapore che dà assuefazione per cui se ne cerca sempre di più riducendo il più possibile pause tra una uscita e l’altra … progettando tra i denti “un giorno vado via da questa orda di imbecilli e non torno più” … mentre la calma stanca del porto di sera sembra risponderci “ma chi te lo fa fare, cosa ti manca qui” … giù sul tavolo del quadrato la copertina raffigura un uomo alle prese con onde bianche, ma non interessa il fatto, interessa incoronare il “migliore” … perché se vai a vela e non somigli un po’ a questi eroi veri (ma diventati anche un po’ di carta, malgrado loro), il messaggio sotteso è “non sei nulla” … Il Velista dell’Anno … finendo con il non accorgersi di fare del male proprio ad una attività umana come la vela, (prima ancora di essere sport e business) il cui pregio unico e insostituibile è rimasto intatto per millenni: sentirsi quanto piccoli e vulnerabili si è nel confrontarsi (con coraggio certo) con forze della natura inimmaginabili ed incontrollabili … una lezione di umiltà che però procede nella direzione opposta alla “follia” del Velista dell’Anno, magari anche premiato con tanto di foto e post su tutti i social … perché? perché “noi” velisti siamo dei SemiDei … (la fine di un’era che parlava con gli occhi frustati dal vento nel mezzo di una mare d’inchioostro feroce) … il Velista dell’Anno? No thanks … 🙂

    1. Mi scusi signor Biagio ma il mare è grande, cosi come la rete, quindi se non condivide questa cosa se ne puo andare benissimo sul suo romantico 12 metri di acciaio con due pali del telegrafo al posto degli alberi e una lampada a petrolio. Chi glie lo fa fare di sprecare mezz’ora a scrivere sto’ papiro che sembra Virginia Woolf?

      1. Ahahahahaha !!!
        ogni due articoli di vera vela ne ricevo altri due sul Velista dell’Anno … evidentemente il target di questo “marketing” coicide con il so profilo 😀 …
        ma ha ragione lei … dovrei allontanare la prua di qesto mio relitto da queste pozzanghere virtuali dove chiaramente lei ci sguazza soddisfatto sul suo 45 metri con lo scafo scuro, abbracciato stretto (e con passione) al suo caro bompresso in carbonio …
        ma fino a che rimarrà un solo articolo di vela, resisterò!! 🙂 … nonostante i vostri calici appannati, frizzanti di bollicine, alzati al cielo per salutare l’ultimo starnuto del presidente del club (ovvio rigorosamente esclusivo e riservatissimo) …
        ma noi italiani siamo fatti così … altrimenti come si spiegherebbe lo sfacelo culturale tutto intorno a noi, ma che chiaramente non riguarda “noi” … “noi” SemiDei, qui sulla terra … SemiDei per il solo fatto di essere diventati “Comandanti” (siamo tutti caporali! diceva Totò), titolo da sfoggiare con malcelata discrezione da basso profilo (il comandante non dice mai di esserlo, ma lo fa capire bene, eheh) nelle varie riunioni da salotto a cui cerca di non mancare mai, dove cerca di stupire, una volta svelata la sua qualifica con un sorriso basso da chi la sa lunga, cominciando a raccontare di incontri mai avvenuti, come quello con una certa “Balena Bianca”, laggiù lontano, lontano … molto lontano … laggiù dove … “ho visto cose che voi umani non potreste immaginare …” (Blade Runner, cit)

        Ahahahahahahahahahahahah !!!

        la ringrazio per la sua attenzione, Comandante, buon vento!
        😀
        Ahahahahahahahahah !!!

        1. Signor Biagio, o mio capitano. Ha ragione quasi su tutto, solo che il 45 piedi è un 50, rigorosamente plasticone made in Poland comprato rigorosamente in leasing cosi come la mia Bmw, il bompresso non c’è, ma in compenso per compensare le mie tristi prestazioni, ho preso un Rolex Daytona che fa tanto “Capitano”anche questo a rate. Mi piace mostrare quello che non ho e che non mi sarei mai potuto permettere. Siamo uomini liberi…. io amo un mare diverso dal suo, ma tanto io in rada non ci vado e non ho modo di intralciare il suo ormeggio appennellato. Sono nato nel letame, sono cosciente di puzzare ancora di stalla ma la vita me la voglio godere perche no? Non ne ho diritto? Ci sono altre testate dedicate alla vela che forse corrispondono meglio alle sue esigenze

          1. la ringrazio ancora per la sua attenzione … così ho modo per spiegarmi ancora meglio …

            a volte una sola lettura non basta per capire ( figuriamoci per comprendere! 😀 ) … ma non ero io quello con gli alberi del telegrafo e la lampada a petrolio ? 😀 …

            cosa mi combina, adesso ? mi cambia le carte in tavola ? (sport tipicamente italiano, di cui siamo campioni mondiali) …

            ho scritto 45 “metri” (non 45 “piedi”, mi aiuti che non trovo dove ho scritto “piedi”) … infine tanto per uscire da questa ironia che non ha colto (e me ne dispiace, perché di sicuro colpa mia) parlavo della moda di protagonismo che ha inquinato anche la vela (che viene intesa come un lusso per ricchi, ma solo qui in Italia, dove si ormeggia di poppa soprattutto per mostrarsi in vetrina e non solo perché più comodo) …

            sulla frustrazione per ciò che non ha potuto permettersi (se vero) vi sono delle ottime terapie e/o sessioni di meditazione orientale (molto di moda nei club di cui sopra) … la mia non è la visione nostalgica di un misantropo, ma capisco che è più facile capire solo ciò che ci fa più comodo … parlavo di una involuzione culturale (di cui lei mi dà prova, nel suo piccolo) … invece di essere felice di ciò che ha (poco o tanto che sia) cerca di omologarsi (vero o meno non ha importanza: questo è ciò che scrive) … insomma anche lei cerca di camuffarsi con un blazer blu doppio petto incollato a un maglione dolce vita e perenne berretto bianco da Capitano con la visiera rigida … magari anche con una pipa sbuffante nella mano disinvolta …
            🙂

            lei da ciò scrive è sicuro di conoscermi, come vivo … 😀 … ma ne è proprio sicuro ? 🙂 … non mi piacciono “le gare a chi ce l’ha più lungo” (chi ha sofferto di più o di meno, eccetera eccetera), le trovo di una tristezza unica …

            si goda pure la vita (che non è infinita per nessuno, nemmeno per me, ovvio), ne ha diritto eccome … !!! …
            ma nel goderla, la prego di non scaricare alcun tipo di rifiuto in mare, mentre in navigazione lontano dagli occhi degli altri, abitudine molto di moda anche questa … insieme alle regate di ogni tipo e alle nomination per il migliore Velista ad ogni giro di anno, ai rolex esibiti e alle patenti di Capitano …

            ps
            anche stavolta devo darle ragione su un punto: è vero: è un diverso tipo di amore per il mare, il nostro … che cela sotteso un diverso modo di intendere i rapporti con gli altri Esseri Umani …

            “dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei” (saggezza popolare)

            Biagio
            🙂

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