Nel 2012 il Velista dell’Anno fu assegnato a Marco Nannini, torinese, classe 1978: fu premiato “in contumacia”, in quanto all’epoca stava partecipando alla Global Ocean Race (giro del mondo a tappe in doppio): tra i suoi risultati di spicco sicuramente la vittoria della mitica Ostar (traversata atlantica da Plymouth a Newport in solitario) a bordo di un Sigma 36.
AVEVAMO SCRITTO DI LUI
Tratto da Il Giornale della Vela marzo 2012. Marco Nannini quattro anni fa si è messo in testa di partecipare a una regata attorno al mondo.Doppiare il capo di Buona Speranza e l’Horn, raggiungere le coste della Nuova Zelanda e del Sud America con una barca a vela: questo era il suo sogno. Non ha mai pensato di aggregarsi a un equipaggio, perché sin dall’inizio ha voluto essere l’unico regista del proprio destino, prendendosi tutto: gioie e sofferenze.
Ora sta partecipando alla Global Ocean Race, indubbiamente uno dei più faticosi giri del mondo, perché pur non disputandosi in solitario, ma con equipaggi di due sole persone, si affronta con i Class 40, barche di appena 12 metri di lunghezza, che poco hanno a che fare con gli ultramoderni 60 piedi (18 metri) dei navigatori solitari o con gli Open 70 (21 metri) della Volvo Ocean Race. Ma, per Marco Nannini, il mezzo con il quale raggiungere il proprio obiettivo non è mai stato un fattore primario.
Nel 2009, a 31 anni, ha disputato (e vinto nella propria classe) la storica Ostar con un Sigma 36; ebbene sì, ha affrontato la famosa transatlantica in solitario, da Plymouth (Inghilterra) a Newport (Stati Uniti), quella dei Chichester, Tabarly, Poupon, Peyron, ma anche di Soldini, Manzoli e Malingri, con una normale barca di serie di nove metri, molto diffusa in Gran Bretagna per le crociere in famiglia. Dopo tutto, è proprio in Inghilterra che Nannini è stato folgorato dalla passione per le navigazioni oceaniche.
Nato e cresciuto a Torino, dopo la laurea in economia si è trasferito definitivamente a Londra per lavorare nella finanza. “Il mio sogno adolescenziale era fare un giro del mondo in barca a vela, ma semplicemente in crociera”, racconta. “In Inghilterra, andare in barca è una delle cose migliori da fare appena hai del tempo libero, così ho iniziato a partecipare a delle regate e poi è stato impossibile smettere”. Nel 2005 ha trovato un bel Sigma 36 usato (del 1984), lo ha un po’ modificato e quattro anni fa era sulla linea di partenza della più famosa regata oceanica. Fino a quel punto, Marco Nannini era riuscito a fare tutto sfruttando ogni giorno di ferie concessogli dal lavoro, ma una volta tornato alla scrivania le pareti dell’ufficio erano troppo strette paragonate all’infinita linea dell’orizzonte che aveva ammirato in oceano. Così, quel sogno che aveva di girare il mondo in barca a vela, si è ripresentato più forte che mai e ha iniziato di nuovo tutto da capo.
Nel 2010 acquista un Class 40 di seconda mano che aveva già regatato nella prima edizione della Global Ocean Race e, in coppia con l’inglese Paul Peggs, partecipa da protagonista alla Round Britain and Ireland Race, classificandosi al secondo posto nonostante rimanga in testa per tre delle cinque tappe totali. Nello stesso anno, entra definitivamente nel circuito della vela oceanica professionistica, prendendo parte alla Route du Rhum, la regata transatlantica in solitario di 3500 miglia dalla Francia a Guadalupa.
A quel punto il progetto di partecipare alla Global Ocean Race non può essere più fermato, nonostante le difficoltà da superare siano infinite. Tra queste, addirittura un disalberamento nelle prime ore di navigazione della regata del Fastnet che, a meno di due mesi dalla partenza del giro del mondo, doveva rappresentare l’ultimo banco di prova. Non solo; Nannini fino all’ultimo cerca senza successo un grande sponsor che possa garantirgli di competere ad armi pari con gli avversari, tra i quali figura Ross Field, il neozelandese che nel 1994 ha vinto la Whitbread con il WOR 60 Yamaha. Ma la voglia di partire vince su tutto e con la barca ribattezzata ironicamente Financial Crisis, lo scorso 25 settembre è sulla linea di partenza con il motto inglese: “Per vincere una regata, bisogna innanzitutto finirla”.