Vincenzo Onorato, l’armatore di cui la vela ha bisogno (ed è pure scrittore)

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Vincenzo Onorato incarna la figura dell’imprenditore innamorato della vela.
Napoletano, classe 1957, è proprietario di Tirrenia e Moby, società leader nei trasporti marittimi: ma soprattutto, è un velista appassionato che ha nel dna ha la voglia di vincere. Presidente del Team Mascalzone Latino, da lui fondato nel 1993, ha condotto due campagne di Coppa America (2003 e 2007, dopo essersi ritirato da quella del 2011, nella quale era stato nominato Challenger of Record). Il suo palmares conta sei vittorie ai Campionati del Mondo tra Farr 40, IMS e Mumm 30. Noi lo avevamo premiato Velista dell’Anno 2007, adesso è “rinato” vincendo nel 2016 la Rolex Middle Sea Race sul suo Cookson 50, il titolo europeo di Melges 32 e conquistando un secondo posto alla Swan Cup (sullo Swan 38): anche quest’anno è tra i candidati al Velista dell’Anno.

Una piccola curiosità? Ha la passione, oltre che per la vela, per la scrittura. Ha all’attivo diversi romanzi, tra cui un romanzo di fantascienza distopica, Floyd Frugo – Una favola no-global (Mondadori Urania Speciale).

AVEVAMO SCRITTO DI LUI
Tratto da Il Giornale della Vela marzo 2007. Si può essere emozionati come un ragazzino al primo successo anche se hai regatato in tutto il mondo, partecipato a una Coppa America e dominato una stagione intera in una classe tra le più competitive? La risposta è affermativa come hanno visto tutti gli invitati alla serata finale de Il Velista dell’Anno, il premio per eccellenza della vela italiana. Vincenzo Onorato, quando ha ricevuto il Timone d’Oro, era sul punto di commuoversi o si è commosso proprio ma è riuscito a non farlo notare. Una grande soddisfazione per l’armatore-timoniere napoletano, praticamente imbattibile nel 2007 con il Farr 40 che porta lo stesso nome della sua sfida all’America’s Cup – Mascalzone Latino Capitalia Team – ma anche una grande soddisfazione per noi de Il Giornale della Vela che per la sedicesima volta abbiamo promosso questo premio. Già essere riusciti ad avere sul palco cinque campioni di questo calibro (tre in realtà per le assenze più che giustificate di Alessandra Sensini e Laura Linares) conferma la validità tecnica del premio. In più avere il conforto che tra le centinaia e centinaia di schede inviate dai lettori (via mail e via fax) da aprile a novembre, i più votati sono stati proprio Onorato, i suoi degnissimi rivali Cian e Celon oltre alle due regine del windsurf. Insomma, se in qualche occasione, il verdetto finale della Giuria (come è normale in tutti i premi sportivi: pensate solo al Pallone d’Oro…) aveva lasciato l’amaro in bocca ai perdenti o suscitato polemiche, questa volta l’applauso è stato collettivo. Bravi tutti, bravissimo “Don Vincenzo”.


L’INTERVISTA


Il tempo di sottoporsi all’ennesima intervista televisiva, un bacio a Ilaria D’Amico con relativo invito a essere ospite in una regata su Mascalzone Latino-Capitalia Team (“Se penso a come sarebbero felici i miei…”) ed ecco che Vincenzo Onorato accetta una chiacchierata prima di fuggire da Villa Miani con il Timone d’Oro ben saldo nelle sue mani. L’emozione ha lasciato spazio alla gioia.

“Sono felicissimo per avere vinto questo premio, che è stato assegnato per la prima volta a un dilettante quale io mi reputo – attacca l’armatore napoletano – lo considero la ricompensa per tutto il tempo che dedico alla vela. Certo, non ho lo bravura di Paolo Cian e di Nicola Celon, che reputo dei fenomeni, ma quanto a costanza e passione non sono secondo a nessuno”.

Oltre che dilettante o corinthian come si dice adesso, lei è l’armatore-timoniere per antonomasia. Un ruolo che lei reputa presente o meno nella vela italiana?

“Sono un armatore-timoniere, è vero, ma con una costanza spaventosa. Ho concluso il 2006 con 110 prove disputate che, aggiunte alle giornate d’allenamento, fanno circa quattro mesi passati in mare. E in questo tempo capitano anche giornate dove non hai proprio voglia di andare in barca o ti annoi mortalmente, come durante gli speed test. Questo vuol dire che è un ruolo che, al di là della scelta della classe, richiede impegno e abnegazione. Negli ultimi ventiquattro mesi io ho mangiato pane e Farr 40″.

Questa sera, sul palco c’era un altro bravo armatore. Danilo Salsi. Lui non timona  come lei ma siamo convinti che si diverte di più. O no?
“Il mondo che vivo io è talmente paranoioco, schizofrenico ed esasperato che non riesco a pensare come lo vivono gli altri.  Sapete quando mi diverto davvero? Quando corro la regata della domenica per conto mio. Prendo la  barchetta, faccio la tattica, mi concentro sulla velocità, mi distraggo al timone, do gli ordini un po’ a tutti. Come ai vecchi tempi! Alla ruota di un Farr 40 invece non vedi neppure come sta andando la regata! Stai solo concentrato al timone a cercare di non perdere mai velocità sennò ti superano”.

Cosa ha di realmente diverso il suo equipaggio da tutti gli altri italiani che regatano abitualmente?
“Ho una serie di uomini chiave. Molto prezioso per me è Andrea Ballico, con il quale vado in barca da ormai vent’anni. L’altro giorno, quando ho capito che per ragioni di peso dovevamo trovare un nuovo drizzista, gli ho chiesto se aveva in mente qualche nome. Mi ha risposto che non ne aveva la mimima idea, che ormai erano vent’anni che andava in barca solo con me e che quindi gli altri manco li conosceva più. Lui è un fenomeno, senza di lui non posso andare in barca, sono ballicodipendente. Poi ci sono Davide “Manolo” Scarpa che seguo sin da quando era ragazzino oppure le due generazioni di Savelli, Marco e Matteo. Siamo un gruppo formidabile, tutti fedeli uno all’altro. E’ una squadra con un ego collettivo che ora ha perso la tensione del 2006, forse appagata dai tanti successi e distratta, come è logico, dalla campagna di Coppa America. Ma per il Mondiale Farr 40 in settembre, vogliamo tornare ai massimi livelli per difendere il titolo”.

Quali consigli darebbe a un giovane armatore che vuole inseguire le sue vittorie?
“Non mollare. Dietro a ogni una vittoria c’è una serie inenarrabile di figuracce. Poi ci sono momenti di gloria come quella di stasera e la vittoria di un mondiale. Ma prima quante figuracce sono state fatte? Quanti ultimi posti? Quante regate sbagliate? Quanti errori commessi? Bisogna insistere e avere pazienza. Se uno si diverte comunque in barca e si trova bene con il suo equipaggio, si costruisce qualcosa di valido”.

Lei ha vinto il mondiale con Coutts alla tattica. E’ sicuro di non avere provocato sportivamente Ernesto Bertarelli? Era motivatissimo con Alinghi a Key West.
“Non credo. Bertarelli ha Brad Butterworth, che io considero l’altra metà della mela. Russell e Brad, insieme, sono imbattibili. Deve ancora nascere chi li può battere quando sono nello stesso pozzetto”.

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