La Coppa America non sarà più la stessa. Nella gioielleria di Londra dove venne cesellata la “Vecchia Brocca” nel 1848 si sono riuniti cinque team dei sei partecipanti alla 35ma edizione della competizione più antica del mondo: tutti, sotto l’egida del defender Oracle (Artemis, Sotfbank, Groupama, Land Rover BAR), tranne i neozelandesi guidati da Grant Dalton (con il nostro Max Sirena nel team dei manager). Hanno deciso per un protocollo condiviso che di fatto stravolge lo spirito della Coppa America: stesse barche, i cat volanti AC50 anche per le prossime due edizioni e cadenza biennale. In poche parole, una sfida tra barche uguali che andrà in scena nel 2017, 2019 e 2021. Russell Coutts è riuscito a trasformare la Coppa in un “normale” circuito di regate monotipo tra professionisti.
Non ci lanciamo in un giudizio (i neozelandesi, assenti a Londra, hanno fatto notare che secondo il Deed of Gift, l’insieme di norme e consuetudini che di fatto regolavano la Coppa America fin dal 1851, prevede che il format di ogni edizione sia deciso dal defender e il challenger of record e non da tutti assieme), ci limitiamo a pubblicare la lucida ma nello stesso tempo accorata analisi del nostro lettore Adriano Tagliavento, al quale abbiamo anche “rubato” il titolo dell’articolo.
COSI’ HANNO DISTRUTTO LA REGATA PIU’ ANTICA DEL MONDO
C’era un tempo in cui noi, voi, tutti, sognavamo. Ogni quattro anni, come un rito, la comunità velica internazionale si fermava per seguire una regata unica, inimitabile, l’America’s Cup, uno dei trofei sportivi più antichi al mondo.
La Coppa America non era un evento qualsiasi, non era il solito campo di regata dove velisti mercenari gonfiavano i loro stipendi a più zeri. No, l’America’s cup era la sfida del “There is no second, your Majesty”: era il punto più alto della carriera di un velista, di un disegnatore, di un ingegnere. Per vincerla alcuni dei più importanti uomini d’affari e imprenditori della storia hanno fatto follie. Per conquistarla, in alcuni casi come la Nuova Zelanda, interi paesi hanno dato il loro contributo.
Era la regata di personaggi come Cornelius Vanderbilt, William Rockefeller, Thomas Lipton, Marcel Bich, Dennis Conner, Alan Bond, sir Peter Blake, Raul Gardini e Patrizio Bertelli. Quella delle “alette” di Ben Lexcen, dello spionaggio di Bill Cock che per mesi a San Diego cercò di capire perché il Moro fosse così veloce nel vento leggero. Era la regata dell’epico 5-4 di Luna Rossa contro America One. Era la regata che costringeva anche i non velisti a restare svegli la notte, per poi l’indomani mattina parlare al bar, senza la minima cognizione di causa, di bompressi, tangoni, bolina e poppa. Era la vela che finiva sulle prime pagine dei quotidiani. Per questo, e molto altro, la Coppa America era unica, inimitabile. Che cosa ne è rimasto oggi? Nulla, neanche la polvere. Fatta a pezzi dall’ego di un miliardario americano e dal suo bravo mercenario, quest’ultimo traditore di un intero popolo.
L’ultima messa in scena, una pagliacciata, di questa demolizione scientifica, si è consumata proprio in questi giorni. Il teatro scelto non è stato casuale: la gioielleria Garrard di Londra, dove tutto cominciò nel lontano 1848. Fu infatti questa gioielleria a forgiare la mitica coppa, che come sappiamo tutti originariamente era conosciuta come Coppa delle Cento Ghinee.
Qui i nostri moderni interpreti ne hanno annunciato la fine: la Coppa si disputerà ogni due anni e almeno per le prossime due edizioni le barche saranno gli AC50, con divieto di varare altri prototipi simili per i test. Lo hanno deciso sei team su sette, in barba al protocollo storico che prevedeva fossero il defender e il challenge of record a stabilire le regole. Può sembrare qualcosa di insignificante, ma è davvero la fine della Coppa ed il motivo è sottile ma di facile comprensione.
La Coppa si correva ogni quattro anni proprio perché era una prova eccezionale, unica, che per essere disputata richiedeva grandi fondi, ricerca scientifica approfondita per la realizzazione della barca e per il suo sviluppo. Una regata la cui preparazione durava perciò quattro anni. I futuri AC 50 saranno quasi completamente dei monotipi, l’unica cosa che li differenzierà saranno le appendici. Un particolare certo importante, ma che riduce enormemente i margini di studio, ricerca, progettazione e sviluppo tecnico da parte dei design team e degli equipaggi.
Con queste barche, e con la cadenza biennale, la Coppa America sarà poi così diversa da un circuito di monotipi, pur spettacolari, che abbiamo visto proliferare negli ultimi anni? La futura “brocca” vedrà dei grandi professionisti sfidarsi su barche molto veloci, quasi tutte uguali, e ogni due anni. In definitiva cosa cambia, a parte il nome, tra la futura America’s Cup e uno dei tanti circuiti professionali attualmente attivi con buon successo? Dal mio personale punto di vista, niente. Non è avversione nei confronti della velocità: ben venga per esempio lo spettacolo offerto dal Vendée Globe che ha saputo aggiornarsi e velocizzarsi restando se stesso.
Ha fatto bene Team New Zealand a non partecipare a questa messa in scena. I kiwi ad oggi sono l’unico team che conserva intatto lo spirito della Coppa. Un popolo, la sua barca, i suoi migliori velisti e l’ambizione di vincere un trofeo unico. Sir Peter Blake, da lassù, osserva e scuote la testa: Russell Coutts è il suo indegno erede e questo i nobili kiwi non lo meritavano, loro che sono l’ultima speranza di questa epopea secolare.
Adriano Tagliavento
19 commenti su ““Così hanno distrutto la regata più antica del mondo”. L’analisi di un lettore”
Completamente d’accordo.
Ero innamorato della Coppa America, e delle bellissime dirette oltre Oceano.
C’era uno spirito meraviglioso che la guidava e la animava, ora tutto è cambiato con le ultime 2 edizioni, è peggiorerà ancora con la prossima.
RIDATECI LA VECCHIA COPPA AMERICA!!!!!!!!!
Ho vissuto quei momenti, peccato come l’uomo possa distruggere in poco tempo un sogno,un mito come la Coppa America.RIDATECI LA VECCHIA COPPA AMERICA.Basta con questa sceneggiata che non vede nessuno.
A me piace più adesso. Vi state tutti quanti a lamentare che la vecchia coppa America è
Morta, ma perché? Quella era, a mio modesto parere, noiosa questa, Invece, è bellissima. Spettacolare. Viene esaltata la velocità e la tecnologia. Cose queste a cui l’uomo a sempre aspirato. Allora andate avanti e buona coppa America a tutti.
Beh, se tu sei contento così e tutti gli altri si lamentano, direi che le possibilità sono sostanzialmente due: o tu hai ragione e tutti gli altri torto, oppure … fatti una domanda …
Magari andare a vela con barche ancora monocarena farebbe bene a molti pseudocommentatori che oltre a guardare la TV dovrebbero capire cosa significa annusare il vento e cercare di capire anche il.minimo sbuffo d’aria per navigare. Sui catamarani e’ tutto estremizzato e in alcune regate va bene ma come mai competizioni come la venden-globe o la Sidney hobart o la Middleton SEA race si fanno ancora con i monocarena ? Il fascino di queste barche o di un vecchio j- classe non ha paragoni
Lo dico da parecchi anni che la Coppa non c’ è più, le ultime regate di Coppa le abbiamo viste con il Moro, con Luna Rossa, poi tutto è finito, peccato ! Ma quest’ ultimo episodio non conta, La Coppa era già morta da tempo !!!
Bell’articolo che condividerei senza questa frase:
“I futuri AC 50 saranno quasi completamente dei monotipi, l’unica cosa che li differenzierà saranno le appendici. Un particolare certo importante, ma che riduce enormemente i margini di studio, ricerca, progettazione e sviluppo tecnico da parte dei design team e degli equipaggi”.
Hai detto poco!!
I foil hanno rimesso dei velisti in barca al posto dei rugbisty ai winch.
Secondo me è talmente rivoluzionaria la vela moderna, che concentrarsi sullo sviluppo dei foil tralasciando il resto è una scelta davvero attuale. Non per forza condivisibile, ma coerente con gli sviluppi della vela che viviamo nelle acque di tutto il mondo.
Mi spiego meglio, non stiamo parlando di un timone o una deriva, ma di un oggetto che ha permesso ad una barca di 72 piedi di stare sospesa in aria ed in perfetto equilibrio sulle sue appendici ad una velocità di 40 nodi.
Ragazzi, stiamo parlando di una cosa molto più alla portata di tutti di quanto crediate.
Prima di rispondermi, per favore provate un Moth, un waszp o uno dei diversi cat con i foil.
Buon vento a tutti!
Anche Patrizio Bertelli conserva intatto lo spirito, difatti Luna Rossa si è ritirata dalla sfida.
Ho avuto la fortuna di assistere alle regate di Auckland e ricordo,con piacere l’emozione di vedere uscire Luna Rossa e Alinghi per la prima regata; poi ho raddoppiato a Valencia. Sono ricordi di grandi emozioni che adesso non riesco a provare per questi mostri velocissimi condotti da “piloti” con tanto di casco.
Condivido pienamente il contenuto, e la lettera e` molto ben scritta. Ho passato notti insonnia tempi della Coppa America vera. Adesso seguo i video della Vendee Globe, della Sydney-Hobarth, della Giraglia, etc.
Ma della Coppa America di oggi non me ne potrebbe fregare di meno! Siamo in molti a sperare che si ritorni ai monoscafi, ma saremo purtroppo tutti delusi.
Ladislao, la velocità e la tecnologia vanno bene per battere i record, al limite per le grandi regate transoceaniche, ma le regate di match race sono un’ altra cosa, lì dovrebbero farla da padrone la tecnologia nelle fasi preparatorie e la tattica (la tecnica la dò per scontata) in regata. Se poi qualcuno nella regata vede solo velocità e tecnologia, beh, mi dispiace per lui perchè ha perso veramente molto. Ma, come si dice ? “Tutti i gusti sono gusti”, se a te quel carosello piace niente di male, goditelo, a me resta il rimpianto per un meraviglioso mondo che non c’ è più.
Da catamaranista mi sono sempre confrontato con una certa spocchia di alcuni velisti che vedono questo mezzo con un certo disprezzo. I principi fisici e la tecnica sono li stessi. Solo che con il catamarano è tutto più difficile e veloce. Mettete un catamaranista su un monoscafo e lo saprà portare… Viceversa, il risultato non è garantito. Non lo so… mi sembra molto la volpe e l’uva. A parte questa mia risposta a questa polemica antica, devo ammettere una cosa: gli ultimi eventi mancano di qualcosa… mancano di carisma… io stesso li guardo in maniera più distratta. Forse il replicare tanti eventi in giro per il mondo a ritmo costante ha annullato quella crisi d’astinenza che caratterizzava lo scadere del quarto anno. Concordo inoltre sul fatto che la classe sia molto simile a monotipi già esistenti e che sia priva di caratteristiche proprie tali da attirare l’attenzione e la passione del pubblico.
Vorrei permettermi di chiedere a tutti gli appassionati di vela di riflettere su quanto sia coinvolgente per gli spettatori una regata a due in condizioni di vento debole e variabile tra le boe. È questo che abbiamo vissuto al tempo del Moro è sino a Luna Rossa. È ovvio che il progresso scientifico e tecnologico non devono arrestarsi e neppure risultare rallentati dall’amore per i tempi passati . Abbiamo amato la coppa America vivendone le emozioni perché anche da casa ri riusciva a capire . Le bellissime e spettacolari regate sui multiscafi volanti non credo proprio possano riflettere ne la tradizione ne lo spirito nel quale la coppa ha vissuto negli anni . CONDIVIDO?
Cercando di fare chiarezza, perchè si sono mescolati diversi argomenti nelle risposte.
Concordo che sia la fine della AC così come tutti la conoscevamo: ridotta all’ennesima classe in monotipia (di quelle che “esaltano il velista migliore e non la barca migliore”), con l’ennesimo circuito di regate internazionali, che dovrà chiedere €€ ai soliti sponsor e che andrà a pestare i piedi alla classe Extreme e poco altro.
Può durare così? Mah … non vedo più gli elementi distintivi forti che possano valere investimenti da milioni di €€ per più di 4 anni. Sarebbe come fare le olimpiadi tutti gli anni: certo, si guadagnerebbe inizialmente di più, poi la gente si abituerebbe e si dedicherebbe ad altro di più speciale. La regola dell’iperdosaggio con conseguente crollo, è valsa persino per le missioni lunari, figuriamoci per delle regate veliche.
Ma magari mi sbaglio e Coutts ha ragione: i soldi gli pioveranno in testa e ci saranno milioni di persone che tra 6 anni guarderanno la AC in diretta streaming.
Per tutti i lamentatori dei bei tempi passati: basta! Le regate della vera AC, quella dei J Class, si correvano con il mezzo più veloce disponibile, sfruttando tutta la tecnologia disponibile al tempo. Se Vanderbilt avesse avuto a disposizione la tecnologia per costruire un AC72 per battere Lipton (o viceversa) lo avrebbe usato subito, fregandonese delle tradizioni veliche o delle regate “con vento debole e variabile tra le boe” o “della tattica”
Questa era la vera AC, con un corollario di porcherie fatte apposta per ingannare e battere l’avversario. Altro che tackle, incroci o noiosissime discese sotto spi.
Ma queste regate, quelle vere, con una classe viva ed evolutiva ci hanno portato:
– L’armo bermudiano
– Sartie in acciaio e non in corda (si, le scale dei pirati erano ancora in vigore fino a inizio ‘900)
– Le crocette sull’albero
– I verricelli (mi ricordo, ma non trovo riscontro, che i primi winch elettrici furono installati sul J Class Enterprise nel 1930, con una serie di beghe sul calcolo del peso delle batterie … quindi un bottone per controllare le vele già su un J Class!)
– Gli strumenti di navigazione elettronica (presi da quelli aeronautici)
– Il boma Park Avenue
– L’albero in duralluminio
– Il genoa
– Lo spinnaker in nylon
Ed è questo che si è perso, che tutti i velisti hanno perso!
Una Coppa che ha contribuito a far evolvere la vela, dall’armo bermudiano alla vela alare, dalle pinne di ben Lexcen ai foil.
E che non avremo più nel mondo velico per chissà quanto tempo.
Concordo in pieno . Oggi sarà più veloce ma qualcuno sicuramente ricorda i mitici 5 minuti prima della partenza tra Luna Rossa e Oracle quando la prima con Spithil al timone ha farto perdere completamente la bussola agli americani che sin son presi due penalità . Quello è condurre una barca di coppa america non oggi . Io sono stato sul campo di regata con gli AC 40 ma non è lo stesso che regatare con un monocarena ad altissime prestazioni come qualche volta immodestamente mi è capitato in regate nel mediterraneo. Bisogna tornare alla vecchia versione. Anche winbledon non cambia mai ed è sempre il torneo più importante del mondo del tennis . Cambiare non sempre vuol dire migliorare e quello che è accaduto per la coppa America è il peggio che poteva accadere . Via Sir Blake ed i mitici Kiwi e grazie a Bertelli per non aver sminuito il suo team.
Spithill ?
Si nella L.V del 2007
Ormai a comandare è lo spettacolo. Stessa cosa che è accaduta,decenni prima, in F1 ed in MotoGP. Non interessa più un formato che erediti la tradizione ed il significato del trofeo, ma un formato che tenga tanta gente al televisore. Tra l’altro, mi sembra di capire che si stia spostando l’attenzione dalla regata finale tra challenger e defender alle selezioni; rispetto alle quali, anzi, la “finale” aggiungerà ben poco, in quanto il livello tecnico sarà il medesimo e la spettacolarità anche inferiore (meno partecipanti, non c’è ovviamente la suspence legata alla classifica, non è detto che ci sia la barca per cui si tifa).
In fondo è inevitabile. Per impedirlo ci vorrebbe uno spirito diverso, che a quanto pare è scomparso. Personalmente tiferò NZ: come hanno già detto altri, gli unici “veri” partecipanti secondo lo spirito originale.
Giorgio, prendo te come esempio dei malpancisti e non a livello personale.
Mi piacerebbe che le persone come te (e come molti altri che hanno scritto prima) fossero più obiettivi nelle loro valutazioni e opinioni, senza lasciarsi prendere dall’idea che tutto ciò che ci piaceva quando eravamo giovani, prima non esisteva e dopo è peggiorato.
Perché lo spirito diverso lo hanno giovani, che hanno occhi avidi e curiosi di scoperte, non chi ritiene di aver già visto tutto il meglio
Ad esempio la F1 da te citata. Usiamo il parametro dei sorpassi per anno per misurare la spettacolarità: gli anni peggiori sono stati tra il 1995 e il 2010, con una media di “ben” 12 sorpassi a gara. Una vera noia … fino al 2011 quando fu introdotto il DRS e la media è schizzata in alto con il numero di sorpassi per anno mai inferiore a 30. Ah però non c’erano più Schumacher, Prost, Villeneuve. La Ferrari faticava. E quindi tutto sembrava più brutto e meno appassionante, mentre invece eravamo solo noi a non saper vedere con occhi nuovi, e nel frattempo la F1 volava con fuoriclasse come Verstappen e Vettel.
Stessa cosa per la “tradizione e il significato” della AC: quanti di voi seguivano, o avevano mai sentito parlare, di AC prima di Azzurra nel 1983? O del Moro nel 1992? O di Luna Rossa del 2000? Eppure dal 1958 al 1983 ci sono state altre 8 sfide. E prima ancora dello stop bellico, le sfide si tenevano random, senza date precise, ma solo quando qualcuno (Sir Lipton in particolare) riteneva di poter disporre di una imbarcazione in grado di battere gli Statunitensi.
Qual è quindi la “tradizione e il significato” a cui vi appellate? Quella di Azzurra? Quella di Luna Rossa? E le altre non erano AC? O è quella dei J Class che correvano su percorsi in mare aperto senza boe?
E perché la sfida tra OTUSA e ETNZ con gli AC 72 nel 2013 dovrebbe tradire la “tradizione e il significato” di quella tra Enterprise e Shamrock V con J Class del 1930?
Ma tornando rapidamente alla F1, bisognerebbe domandarsi perché è tornata a fare sorpassi e ad essere spettacolare. E il motivo principale è uno solo: appiattire le vetture (o le imbarcazioni) dentro un recinto regolamentare (tecnico e sportivo) sempre più angusto e vincolante porta sempre solo alla negazione dello spettacolo.
A volte basta poco. Basta qualche liberalizzazione fatta col buonsenso, tipo il DRS, o le alette di Ben Lexcen, basta togliere qualche stupida restrizione, come i foil di ETNZ con l’AC72, ed ecco che le acque si movimentano subito e torna lo spettacolo.
Per questo la più grande sciagura sullo spettacolo della AC non sono i round robin (che ci sono sempre stati) non è il catamarano con vela alare e foil da 50’ (che è il top ad oggi tra le barche da regata), ma la monotipia a cui l’ha costretta Coutts in nome del guadagno pubblicitario