Alessandra Sensini, riuscirà qualche italiano a fare meglio di lei?
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E’ stata Velista dell’Anno ben quattro volte, la prima nel 1997. Alessandra Sensini nasce a Grosseto nel 1970. Scopre la tavola a vela nell’82, cinque anni dopo è già terza al Mondiale Giovanile. Alle Olimpiadi di Barcellona ’92 è settima sui Mistral, ma si rifà ad Atlanta ’96 vincendo il bronzo. La sua carriera raggiunge il culmine con l’oro di Sydney nel 2000. Ad Atene 2004 si “accontenta” del bronzo e a Qingdao, nel 2008, sulle nuove tavole RS:X, che hanno sostituito il Mistral, si porta a casa un argento. Nel suo infinito palmares, anche quattro ori, due argenti mondiali e cinque titoli europei. Dopo la campionessa di scherma Valentina Vezzali (cinque medaglie olimpiche individuali), la Sensini è l’atleta olimpionica azzurra più titolata. Sotto la sua guida di Direttore tecnico Giovanile FIV, i nostri atleti stanno riscuotendo tanti successi.
PERCHE’ L’AVEVAMO PREMIATA
La prima donna e l’unica velista ad aver vinto per ben quattro volte il Velista dell’Anno (1997, 2001, 2005 e 2009) lo ha fatto a seguito delle sue imprese olimpiche. Dal bronzo di Savannah nel 1996 all’argento di pechino nel 2008, passando per il mitico oro conquistato a Sydney nel 2000 e il bronzo ad Atene 2004. Senza contare la miriade di titoli mondiali ed Europei conquistati dalla Sensini tra Mistral e RS:X (9 ori, 6 argenti e un bronzo).
AVEVAMO SCRITTO DI LEI
Tratto da Il Giornale della Vela del febbraio 2009. “Alessandra Sensini che vola sull’acqua con il windsurf la conoscono ormai tutti. La sua notorietà sportiva è dovuta a un palmares nel quale figurano 4 medaglie olimpiche: è la prima velista nella storia a raggiungere questo traguardo. L’ultima, d’argento, l’ha vinta ai Giochi di Pechino 2008, nello stesso anno in cui ha anche conquistato il suo undicesimo titolo iridato. Una doppietta che le era già riuscita nel 2004 e nel 2000 (l’anno dell’oro di Sydney). Per questo, la speciale Giuria del Velista dell’Anno 2008 è stata “costretta” ad assegnarle ancora una volta, la quarta, il prestigioso Timone d’Oro. “L’anno post olimpico è un periodo durante il quale mi capita più del solito di dovermi mettere in tiro” racconta Alessandra Sensini. “Tuttavia, lo sport è un mondo che offre spesso occasioni importanti in cui è necessario vestirsi eleganti”.
Ti piace indossare abiti diversi da quelli sportivi, durante le serate di gala?
Sì, mi diverte, anche se a volte invidio le star con tutti i collaboratori al seguito. Lo scorso novembre, per esempio, sono andata a Madrid per ritirare l’ISAF Rolex Sailor of the Year Award e due giorni prima ero stata operata alla mano destra. Ero da sola e poco autosufficiente: mi sono portata dieci calze prevedendo che qualcuna l’avrei sicuramente rotta vestendomi; poi, non riuscivo a lavarmi i capelli, così sono andata dal parrucchiere dell’hotel!
Nel tuo armadio cosa si trova?
Non c’è confronto, vestiti sportivi in larga maggioranza, anche perché ne ricevo a pacchi. Gli abiti propriamente da sera li metto poco, ma le scarpe con il tacco mi piacciono e cerco di metterle anche quando sono vestita sportiva. L’ultimo paio che ho comprato ha un tacco 9, ma riesco anche a camminare con un 12, certo non per tutta la giornata!
Ci sono periodi della tua vita in cui riesci a non essere una velista?
Dalle Olimpiadi di Pechino 2008 sono uscita in windsurf solo due volte, poi a dicembre ho fatto una regata sul Melges 24 con Joe Fly. Dopo Atene 2004, per esempio, non avevo regatato per un anno e mezzo. Anche se non vado in acqua, svolgo comunque sempre dei lavori legati alla mia attività sportiva.
Nei periodi in cui non segui un programma specifico per una regata, cosa fai?
Continuo a lavorare: incontro persone, discuto progetti, partecipo a riunioni, viaggio sempre molto. Dopo le ultime Olimpiadi, a differenza di tanti altri atleti, io non sono riuscita a prendere una vacanza. Dopo la vittoria della quarta medaglia ho sentito di avere dei doveri nei confronti di tante persone: amici, familiari e sponsor che mi hanno aiutato al raggiungimento della vittoria. Finita questa fase, sto già pensando a riprogrammare il futuro.
Però c’è una vacanza che vorresti fare?
Ammetto che forse sono io a non riuscire a staccare dal lavoro, ma da tanti anni sogno una vacanza in un posto per fare solo surf da onda.
La tua grande dedizione alla professione sportiva ha regolato anche le tue amicizie?
No, i miei amici veri, quelli di lunga data, sono estranei al mondo dello sport. Con loro mi piace andare al cinema, al teatro, alle mostre: ultimamente sono andata a Roma a vedere le esposizioni dedicate a De Chirico e Basquiat.
Nello sport ti sei certamente realizzata, ma senti di avere trascurato qualcosa?
Tante mie coetanee hanno messo su famiglia e questa cosa un po’ mi manca. Mi sarebbe piaciuto avere un figlio, ma mia sorella che ne ha avuto uno a 45 anni mi consente ancora di pensarci. Per la carriera ho messo da parte la vita personale. Ci sono state persone che mi sono state vicine in alcune fasi del mio percorso, ma sono cresciuta facendo sempre molto da sola. A differenza dello sport, dove negli ultimi tre quadrienni olimpici in particolare, dietro di me c’è stata una squadra, nella mia sfera privata non ho dato modo agli altri di avvicinarmi.
Viaggi molto, ma senti di appartenere a un posto, di avere una casa?
Quando ero piccola a Grosseto non ci stavo bene; a 16 anni ho perso mia madre e ho voluto trovare qualcosa che mi portasse in giro. Un’esigenza che è stata anche all’origine del mio incontro con il windsurf. Nei primi anni di viaggio vedevo tanti posti in cui mi sarebbe piaciuto vivere. Poi, con il tempo, ho cominciato ad accorgermi che tornavo sempre più volentieri a casa, dove ho un padre, tre sorelle e quattro nipoti. Sono attaccata alla mia famiglia e ho imparato ad apprezzare Grosseto e tutta la sua zona. Tuttavia, una parte del mio cuore è a Sydney: laggiù ho festeggiato il mio diciottesimo compleanno, quando era anche la festa dei 300 anni dell’Australia. Mi sento vicina alla mentalità degli australiani: sono liberi, ma attaccati alle origini; hanno un ottimo rapporto con la natura e per loro lo sport è normale”.
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