INTERVISTA ESCLUSIVA Il “Paul Cayard – Pensiero” a 360° (e basta Coppa America…)

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Cayard
Ce lo ricordiamo tutti sorridente, baffuto al timone del Moro di Venezia. Paul Cayard ha fatto sognare l’Italia. Ora ce lo ritroviamo a Riva del Garda, a 57 anni e senza i baffi, come tattico a bordo di un minuscolo J/70. Il J/70 in questione è Calvi Network di Carlo Alberini (che, nella foto sopra, è a destra del campione). Cayard sostituisce l’indisponibile Branko Brcin nella tappa finale dell’Alcatel J/70 Cup a Riva del Garda (chiusa in terza posizione) e al Campionato Mondiale di San Francisco (24 settembre-2ottobre). Noi eravamo a Riva e ci siamo fatti una chiacchierata a tutto tondo con Paul, tra Coppa America, Olimpiadi e futuro della vela. Ecco che cosa ci ha raccontato.

14289836_10155313300423636_2013438515046603691_oLA NOSTRA INTERVISTA A PAUL CAYARD
Prima di ricevere questa “chiamata”, conoscevi Carlo Alberini e il suo team vincente?
“Ho conosciuto Carlo nel 2004, al Campionato Mondiale Farr 40 a San Francisco: ma solo come avversario, quindi non ebbi modo di approfondire…”.

Hai 57 anni…conti di cavartela ancora con una barca atletica come il J/70?
“Soprattutto quando c’è vento il J/70 è molto impegnativo, specialmente per chi sta a prua, ma mi piace. Mi piace l’idea di essere competitivo, anche a livello fisico (prima di scendere in acqua ho dovuto rivedere il mio vestiario, in modo tale da essere più agile e flessibile): più di quanto sia richiesto a un 57enne. Che bello essere più giovane rispetto alla mia età, sportivamente parlando”.

Farai degli allenamenti specifici in vista del Mondiale di San Francisco?
“Mi terrò in forma il più possibile. Avremo tre giorni di allenamento, uno di pausa e poi cinque giorni di regata (e probabilmente si tratterà di tre regate al giorno). E dopo le regate, ci sarà ancora un’ora di navigazione per arrivare sulle banchine dello Yacht Club. Visto che si tratterà di un Campionato stancante, la chiave di tutto si giocherà negli ultimi due giorni di regata, dove avrà una chance in più chi arriverà in buone condizioni fisiche”.

Cosa ne pensi della “nuova” America’s Cup? Ti piace la piega che sta prendendo?
“Credo che la nuova America’s Cup sia in un periodo di prova. Barche più veloci per prendere un pubblico più ampio. Per noi velisti, questo format manca un po’ di storia, di manovre: ma si sa, la Coppa America è un evento molto commerciale. Starà agli organizzatori, dopo questa edizione, tirare le somme per capire se, a livello di marketing, la Coppa così strutturata avrà funzionato o meno”.

14257457_10155306109368636_2732916087523556550_oQual è il sogno nel cassetto di Paul Cayard velista?
“Il mio sogno è quello di rimanere competitivo, nonostante l’età che avanza. Sono molto contento di mettermi in discussione anche sui TP52 (con Phoenix di Richard Cohen, ndr, sta partecipando al Mondiale a Minorca), la flotta più all’avanguardia del mondo, che a mio avviso ha preso un po’ il posto, in termini di regate per equipaggio, proprio della Coppa America (ormai una sfida di velocità e di evoluzione di idro e aerodinamica)”.

In Italia il nome di Paul Cayard è legato nell’immaginario collettivo alla vela (complice la tua fortunata esperienza a bordo del Moro di Venezia nel 1992). Qual è il più bel ricordo del tuo periodo italiano?
“Mi hanno fatto questa domanda centinaia di volte. E io finisco sempre per rispondere allo stesso modo: il ricordo che ho del periodo del Moro è il più bello. Sono molto fortunato, è un ricordo sportivo e umano che pochissime persone hanno la fortuna di avere: la cultutra che stava dietro al Moro, gli occhi dell’Italia su di noi, il personaggio di Raul Gardini. Tutto un insieme di cose che non posso dimenticare”.

E il tuo più bel ricordo in assoluto?
“Probabilmente la vittoria del Campionato Mondiale Star (nel 1988 a Buenos Aires, ndr)”.

Il Giornale della Vela ha eletto il più grande velista/marinaio dell’epoca moderna, chi è secondo te?
“Difficile non scegliere Russell Coutts in questo periodo. Ha vinto la Coppa America cinque volte e la medaglia d’oro alle Olimpiadi: gli manca solo il giro del mondo… Anche Torben Grael è un grandissimo, è riuscito a vincere cinque medaglie, la Louis Vuitton e la Volvo Ocean Race. E non dimentichiamoci di Ben Ainslie, che oltre ad aver vinto cinque medaglie olimpiche ha vinto la Coppa America salendo a bordo di Oracle”.

Il tuo rimpianto più grande, guardando al passato?
“Una volta qualcuno mi ha detto che ‘il rimpianto è il veleno della vita’. Dire che il mio rimpianto è quello di non aver vinto la Coppa America significherebbe dire che non sono contento di tutto quello che di buono mi è arrivato da quel mondo. Non ho rimpianti”.

Cosa starai facendo, secondo te, tra 20 anni?
“Sarò sempre in giro per regate. Non credo in Coppa America. Se il mio fisico reggesse, mi piacerebbe fare ancora un Giro del Mondo. L’altra mia passione sono gli aerei, credo che continuerei a volare come sto già facendo. Voglio che sia la vita a guidare il mio lavoro, e non viceversa. La vita è solo una, ci sono troppe cose da vedere. A proposito, era dal 1989 che non venivo a Riva del Garda. Questo si che è stato un errore!”.

La barca che hai apprezzato di più nella tua carriera?
“La Star”.

Il luogo dove vorresti andare a vela “tutta la vita”?
“Nassau”.

Il velista con cui hai navigato e ti sei trovato meglio?
“Mio figlio”.

Quindi i tuoi figli vanno a vela…
“Assolutamente si”.

Il futuro della vela saranno i foil e le barche volanti?
“Credo che vela volante e tradizionale continueranno a coesistere, senza eliminarsi a vicenda. Ci sarà spazio per tutti i tipi di vela: per le barche foiling, per le keelboat e per le derive”.

Ti capita di andare in crociera con la tua famiglia? Se si, quali sono i tuoi luoghi del cuore e la tua barca da crociera ideale?
“Si, vado spesso ai Caraibi. Affittiamo un catamarano a quattro cabine anche con gli amici, andiamo quasi sempre vero Novembre. La crociera è l’altra faccia che amo della vela. Quest’anno partiremo da Saint Lucia e scenderemo verso le Grenadines: posti incredibili da vedere, soprattutto in barca”.

L’Italia è tornata a casa dalle Olimpiadi senza medaglia, gli USA hanno rimediato solo un bronzo. Cosa non ha funzionato secondo te?
“Bisogna essere in grado di creare un ambiente fertile sul quale possa “crescere” il talento. Questo lo hanno capito gli inglesi dopo essere tornati a mani vuote dalle Olimpiadi del 1984 e hanno ideato una struttura che parte dal basso, con tantissimi ragazzi che già a 10 anni regatano e sono seguiti. Tra questi i talenti, prima o poi, escono fuori e vengono allenati a dovere: è il caso di Ben Ainslie, Iain Percy, ian Walker, Giles Scott. In USA – non parlo per l’Italia – siamo rimasti fossilizzati sulla convinzione che il talento si manifesti da solo. Invece bisogna saperlo creare”.

cayard-1024x935CHI E’ PAUL CAYARD
Il “baffo” più famoso (e amato per la sua simpatia) della vela fece sognare l’Italia nel 1992 quando, con la vittoria della Louis Vuitton Cup, portò il Moro di Venezia di Raul Gardini in finale di Coppa America contro gli americani a San Diego. Nato a San Francisco nel 1959, starista di assoluto livello (vinse il Mondiale nell’88 assieme a Steve Erickson), ha trionfato con la squadra italiana all’Admiral’s Cup del ’95 e alla Whitbread (oggi conosciuta come Volvo Ocean Race, il giro del mondo a tappe) del ’97 al comando della svedese EF Language.

Bazzica sempre i campi di regata, si mette in continuazione in discussione sulla Star ed è stato è a capo del team svedese di Artemis nell’ambito della 34ma Coppa America.

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1 commento su “INTERVISTA ESCLUSIVA Il “Paul Cayard – Pensiero” a 360° (e basta Coppa America…)”

  1. Vorrei partecipare alla Barcolana 2016 , ma vorrei avere notizie della barca che mi ospiterà , il vestiario che mi consigliate ecc. Ho 71 anni e partecipo attivamente a regate sul Mefistofele con base a Livorno.
    Nell’attesa di una vostra risposta vi invio “Buon Vento!”
    Guido.

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