Come abbiamo scritto ieri, Rio 2016 per i velisti azzurri è stata una vera e propria doccia fredda. Zero medaglie, tanta amarezza. Ma lasciamo un attimo da parte le pur lecite polemiche sulla fallimentare gestione Croce in questi due quadrienni, in termini di risultati olimpici. Siamo rimasti delusi tutti dal crollo psicologico dei nostri ragazzi. Ma da qui, dalla “testa”, bisogna ripartire. Così abbiamo cercato di capire cosa possa spingere un velista olimpico verso il baratro durante la regina delle competizioni, l’Olimpiade, e come possa venirne fuori: per farlo abbiamo chiesto aiuto a Elisa Deponte, psicologa clinica e psicoterapeuta psicoanalitica e psicologa sportiva, facente parte dell’AIPPS (associazione internazionale di psicologia e psicoanalisi dello sport), istruttore di vela FIV e psicologa per la XV e II Zona.

LE CONSIDERAZIONI DELLO PSICOLOGO
Rio 2016. Tanti sono i nomi dei talenti della vela italiana. Indiscussi. Formidabili le imprese di cui sono stati protagonisti. Non in questa avventura olimpica di Rio 2016. Una medaglia mancata, non può far perdere la consapevolezza del sé e delle proprie capacità e risorse. E’ una dura lezione da digerire, certo. Per loro, per chi li ha allenati. Per tutti noi, che li abbiamo seguiti con entusiasmo.
SEI PRONTO A PERDERE?
Essere atleti vuole anche dire poter integrare nello scenario immaginativo del sé una situazione di “liberazione dal pensiero di vincere”. Lasciare da parte l’onnipotenza che da tanta parte carica e sostiene delle gesta inimmaginabili, dall’altra, talvolta conduce nel baratro di un’illusione che non si vuole lasciare. Un baratro che parla di tentativi estremi di riuscita (bordi estremi), perdendo di vista ciò che si conosce, anche molto bene, e che si sa e si può fare.
COME TI PARLAVI?
La comunicazione intrapsichica del soggetto con sé stesso gioca la sua partita. La possibilità di superare gli errori e andare avanti, di gestire gli stati emotivi, l’ansia, la rabbia e di essere al meglio focalizzato, è sostenuta da come ci parliamo. Chissà cosa si dicevano i nostri atleti, come erano formulati i pensieri che emergevano nella loro menti? E ancora, riuscivano a non pensare?
SALTI DI VENTO?
I campi di regata palcoscenico delle importanti sfide olimpiche sono stati anche teatro di buchi di vento, canali d’aria e cali di vento notevoli. Condizioni difficili, che ogni regatante conosce bene. La fatica di stare nell’incertezza di una regata da fare basandosi sulla flotta e sulle raffiche. Sangue freddo e tattica. Ed è, anche, qui che la “testa” ti mette quel guizzo in più da sommare alla velocità di conduzione che si sa fare, al meglio, come abbiamo visto anche dal tracking.
NESSUNO TIRI FUORI GLI ALIBI
L’augurio è che si utilizzi questa esperienza, amara, per capire qualcosa di sé come atleti, velisti e uomini. Alibi a parte; che non sostengono e motivano i nostri atleti ma creano dei Don Chisciotte davanti ai mulini a vento. Difficile è dire cosa sia successo su quei campi di regata; certo c’è la sensazione che i talenti siano indiscutibili, le capacità anche. Allora cosa si potrebbe fare di diverso per poter migliorare? Questa è la marcia in più di un atleta, rispetto a un dilettante.
Elisa Deponte
2 commenti su “Disastro azzurri a Rio 2016, parla la psicologa sportiva”
Ottima disamina di una esperta.
In Italia si conosce due anni prima chi andrà o chi non andrà alle Olimpiadi. Gli altri atleti si siedono. Il budget viene fagocitato da cariatidi che nulla hanno da vedere con la vela …… Invece di distribuirlo tra gli atleti e rispettivi allenatori. Abbiamo un potenziale enorme a livello pre olimpiadi e poi flop. Qualcuno dopo tanti quadrienni si chiede il perché????